Gaianews

Nuova fonte di metano scoperta nell’Artico

Scritto da Leonardo Debbia il 07.04.2015

Una ricerca dell’Università del New Hampshire (UNH) ha individuato una nuova fonte di metano nel Mar Glaciale Artico.

Si tratta, in realtà, di gas idrati di metano, chiamatia anche clatrati, la cui origine è ‘abiotica’, non provengono, cioè, dalla decomposizione del carbonio, ma consistono sostanzialmente di molecole di metano intrappolate nel terreno gelato, all’interno della struttura cristallina dell’acqua.

Furono scoperti, per la prima volta, nel permafrost siberiano e da allora sono guardati con un certo timore perchè rappresentano una potenziale ‘bomba ad orologeria’.

Già, perché qualora il terreno si scongelasse, si avrebbe un enorme rilascio di metano nell’atmosfera, evento che favorirebbe un incremento della temperatura dell’aria molto più forte di quello causato dall’anidride carbonica.

I risultati saranno resi noti più in dettaglio prossimamente on line sulla rivista Geology.

arcipelago-svalbard

L’Arcipelago delle Svalbard, visto dal fiordo Isfjorden (crediti: Joel Johnson)

 

“Abbiamo scoperto una forma di metano, prodotto lungo una dorsale medio-oceanica, la cui fuoriuscita è peraltro, al momento, contenuta dal fondale marino”, dice Joel Johnson, autore dello studio, professore di Geologia all’UNH e ricercatore presso il Center for Arctic Gas Hydrate, Environment and Climate (CAGE) presso l’Università della Norvegia, Tromso.

Gli scienziati sanno che questo metano ‘abiotico’, generato nei pressi di queste dorsali sottomarine, è dovuto ad un processo di serpetinizzazione dei magmi sotto alte pressioni, che avviene quindi a profondità notevoli.

Si tratta di una reazione delle rocce calde del mantello quando giungono a contatto con l’acqua di mare, mentre si espandono lentamente dalle dorsali medio-oceaniche.

Una prima individuazione era stata fatta tra il 2013 e il 2014 dallo stesso Johnson durante due campagne oceanografiche nella regione geologica e geografica chiamata Stretto di Fram, una stretta e profonda ‘porta’ che si apre sull’Oceano Artico tra la Groenlandia e l’Arcipelago norvegese delle Svalbard.

In quella zona, il rapido flusso delle correnti rimuove i sedimenti, poco comuni vicino alle dorsali medio-oceaniche, accumulandoli al di sopra dei crinali.

Mediante l’esame dei dati sismici, si è potuto scoprire un sistema di idrati di metano all’interno dei sedimenti.

La scoperta ha sorpreso i ricercatori.

“Non sapevamo che il metano abiotico si potesse trovare sotto forma di idrati così vicini alle dorsali oceaniche”, confessa Johnson. “Si riteneva che l’ambiente delle dorsali fosse troppo caldo perché gli idrati potessero mantenere la loro forma stabile”.

Perché, in effetti, questi idrati sono notevolmente stabili. E’ stato dimostrato che il sistema idrato è particolarmente longevo, all’incirca due milioni di anni. Inoltre, dato che la loro ubicazione si trova in acque molto profonde – più di 1500 metri – il metano è meno suscettibile di un potenziale rilascio a causa di cambiamenti del livello marino o per riscaldamento delle acque.

Da un lato, questa stabilità garantisce un minor pericolo per il riscaldamento climatico.

Infatti, come gas serra, il metano è 20 volte più potente dell’anidride carbonica.

“Il nostro studio mostra che esistono zone dell’Artico dove c’è metano sul fondo del mare, ma lì rimane, intrappolato negli idrati, per milioni di anni”, afferma Johnson. “Questo ci rassicura non poco! Possiamo dire che questo non è, al momento, il fattore più vulnerabile per il riscaldamento dell’Artico”.

Questi idrati meritano anche un cenno a parte, che non riguarda né l’atmofera né gli oceani terrestri, ma lo spazio interplanetario.

Johnson osserva infatti che questi idrati potrebbero esser presenti anche su Marte, ponendo il ‘pianeta rosso’ in una nuova luce; e potrebbero costituire anche una fonte potenziale di combustibile per la Terra e quindi destare interesse dal punto di vista energetico.

© RIPRODUZIONE RISERVATA