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Le onde marine favoriscono lo scioglimento dei ghiacci

Scritto da Leonardo Debbia il 02.12.2014

Una ricerca dell’Università di Adelaide aiuterà a riconsiderare e a valutare con un altro occhio il ruolo giocato dall’impatto delle onde sul ghiaccio marino, che si dimostra estremamente vulnerabile ai cambiamenti climatici, posto com’è sotto gli occhi di chiunque sia interessato all’ambiente, in particolare nella regione artica, dove si sta rapidamente sciogliendo.

Pubblicata in questi giorni negli Atti della Royal Society A, la ricerca riporta i risultati dei primi esperimenti di laboratorio e le analisi dei modelli teorici costruiti sull’attività del moto ondoso  negli oceani congelati.

 

  Onde e ghiaccio in Antartide. Barriera di Ross

Onde e ghiaccio in Antartide. Barriera di Ross

 

“Il ghiaccio marino è indicatore e parte attiva del cambiamento climatico”, afferma Luke Bennets, ricercatore presso la Scuola di Scienze matematiche dell’Università di Adelaide, alla guida del progetto. “Il colore bianco del ghiaccio marino che ricopre la superficie dell’oceano riflette con efficacia i raggi del sole, mantenendo freschi gli oceani. Quando si scioglie però, il ghiaccio va ad esporre alla luce l’acqua scura sottostante che, a sua volta, assorbendo la radiazione solare, si riscalda. E questo, naturalmente, va ad indebolire il ghiaccio nelle vicinanze, favorendone lo scioglimento”.

“Le onde, poi, con il loro movimento, vanno a infrangersi contro il ghiaccio, frantumandone altre porzioni e quindi esponendo una maggior superficie alla radiazione solare e ad uno scioglimento ulteriore.

Ma non finisce qui.

L’esposizione di aree più estese della superficie dell’oceano dà la possibilità ai venti di generare nuove onde, con un dilagante incremento nel disfacimento della superficie gelata”.

Nonostante questo processo si autoalimenti, come si è visto, e non sia cosa da poco, a tutt’oggi, tuttavia, nei modelli climatici non si è mai tenuto conto dell’impatto delle onde sul ghiaccio marino e quindi sulla sua stabilità.

In collaborazione con Tim Williams, del Nansen Environment and Remote Centre di Bergen, in Norvegia, e con il professor Dany Dumont, dell’Università di Quebec, in Canada, Bennets ha condotto in laboratorio esperimenti di modellazione sulle onde oceaniche che si propagano attraverso banchi di ghiaccio galleggiante in un bacino, misurandone quindi l’energia prodotta.

“L’energia dell’onda” – nota Bennets – “viene dispersa dalle lastre di ghiaccio e si traduce in collisioni tra banchi di ghiaccio e moto ondoso al di sopra dei banchi stessi; entrambi, fattori che  colpiscono insieme, indebolendola, la copertura ghiacciata”.

“Le interazioni tra onde e ghiaccio si verificano lungo centinaia di chilometri nell’oceano ghiacciato. Abbiamo bisogno di sviluppare dei modelli che prevedano le distanze cui possono penetrare le onde, in modo da poter determinare quali zone del ghiaccio marino sono più esposte e soggette alla rottura.

“La variabilità regionale del ghiaccio attualmente non è ben compresa, con modelli che sottostimano la sua estensione in Antartide e la sovrastimano nell’Artico. La nostra ricerca porterà, indubbiamente, migliorie alla fisica dei modelli climatici.

“Abbiamo bisogno di prendere in considerazione l’impatto delle onde oceaniche sul ghiaccio, fattore finora ignorato, per riuscire a prevedere con maggior precisione gli scenari futuri che ci si attendono per i ghiacci marini”.

 

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