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La Piccola Era Glaciale interessò tutto il mondo, non solo l’Europa

Scritto da Leonardo Debbia il 26.11.2014

Un team di ricercatori britannici ha gettato una nuova luce sulle cause che con ogni probabilità indussero il cambiamento del clima conosciuto come ‘Piccola Era Glaciale’ in Europa e in molte aree dell’emisfero boreale, durato dal 15° al 19° secolo, e quindi hanno così riacceso il dibattito sul ruolo del sole nei cambiamenti climatici.

Il nuovo studio indica, infatti, che gli episodi climatici più estremi accaduti si fecero sentire non solo in Europa e nel Nord America, ma a livello globale.

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Fiera sul Tamigi ghiacciato, durante il rigido inverno che colpì l’Europa dal dicembre 1683 al 4 febbraio 1684, durante la Little Ice Age. Olio su tela attribuito a Abraham Danielszoon Hondius o de Hondtd (Foto: Corbis)

Sostenitori e non del riscaldamento globale in atto hanno a lungo dibattuto se il periodo definito ‘Piccola Era glaciale’ (in inglese, Little Ice Age o LIA) sia stato un fenomeno su scala globale e quanta influenza il sole possa aver avuto sul fenomeno.

Questo nuovo studio potrà aggiungere qualcosa di nuovo alle conoscenze acquisite finora.

Un team di ricercatori delle Università di Gloucester, Aberdeen e Plymouth ha condotto una indagine sul clima passato attraverso un’analisi dettagliata di laboratorio sulla torba di una palude vicino a Ushuaia, nella Terra del Fuoco, eseguita con gli stessi metodi usati sulle torbiere in Europa.

Per la ricostruzione dei climi degli ultimi 3000 anni, sono state utilizzate due tecniche: prendendo in considerazione intervalli vicini lungo una colonna verticale di torba (in pratica, un carotaggio a tutti gli effetti), i ricercatori hanno esaminato sia il grado di decomposizione, direttamente collegato al clima, sia la matrice della torba, che è in grado di rivelare il cambiamento di quantità delle diverse piante cresciute nei dintorni della palude.

I dati acquisiti mostrano che le fasi fredde più estreme della LIA – metà del 15° secolo e inizi del 18° secolo – erano sincroni in Europa e Sud America.

E’ stata rilevata, tuttavia, una netta differenza.

Mentre, durante questo periodo, nell’Europa nord-occidentale le paludi divennero più umide, nella Terra del Fuoco le paludi si fecero invece più secche. In entrambi i casi, il motivo fu probabilmente un brusco cambiamento dei venti carichi di umidità nella zona equatoriale.

Questi eventi climatici estremi coincidono con periodi in cui il sole fu insolitamente quiescente.

Alla fine del 17° secolo e a metà del 18°, il sole presentava pochissime macchie, in numero inferiore a quelle riscontrate durante i recenti inverni freddi in Europa, che altri scienziati britannici avevano collegato ad un sole relativamente quiescente.

Frank Chambers, docente dell’Università di Gloucester che ha guidato lo studio, si è così espresso:

“Il nostro studio mostra che le fasi più estreme si sono verificate contemporaneamente sia nel Nord che nel Sud del mondo e tutto in relazione alla quiescenza del sole. La variabilità solare gioca un ruolo significativo nel cambiamento climatico, anche se da solo, questo parametro non è sufficiente a spiegare, ad esempio, l’andamento delle temperature dopo il 1970, in particolare gli aumenti della temperatura globale degli ultimi tre decenni del 20° secolo, che dal gruppo di esperti dell’IPCC è stato attribuito all’aumento dei gas serra nell’atmosfera”.

“E’ opportuno puntualizzare – continua Chambers – che le nostre conclusioni riguardano gli ultimi 3000 anni, fino alla fine della LIA. Questo è stato il periodo su cui si è focalizzata la nostra ricerca. Tuttavia, alla luce degli indiscutibili effetti dei ‘grandi minimi solari’ sul clima globale del passato, si potrebbe ipotizzare che l’attuale pausa del riscaldamento globale, tanto frequentemente sottolineata dagli scettici sulle proiezioni climatiche dell’IPCC, potrebbe attribuirsi ad un effetto di compensazione della ridotta attività solare, come mostrato nel recente ciclo solare”.

 

 

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