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Prove generali sul clima in vista di Parigi 2015

Scritto da Leonardo Debbia il 13.06.2015

In una lettera aperta al primo ministro David Cameron, la settimana scorsa ottanta imprese britanniche hanno esortato il Governo di Sua Maestà a intraprendere azioni decisive per affrontare il cambiamento climatico in atto e costruire un’economia efficiente, a basse emissioni di carbonio.

Questo è quanto è stato diffuso da un comunicato dell’Agenzia Reuters.

Le società firmatarie hanno chiesto un accordo globale per la fine dell’anno in corso, in vista dell’accordo sul clima di Parigi, affinché venga limitata la temperatura mondiale al di sotto dei 2 gradi Celsius.

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A livello nazionale, hanno invece chiesto al Governo di impostare un ambizioso bilancio dei consumi di carbonio nel periodo 2028-2032 e a fissare, mediante politiche chiare sul lungo termine, obiettivi per i tagli delle emissioni di CO2, incoraggiando gli investimenti per la produzione di energia a basso tenore di carbonio.

Nel documento non si è specificato comunque quali politiche sarebbero state più opportune.

Sono firmatari di questa lettera aperta, tra le altre, le aziende energetiche E.ON, SSE e Scottish Power; la società di telecomunicazioni BT; il Media Group Sky; i responsabili delle bevande Diageo e Coca Cola e le imprese di costruzione Saint-Gobain e Willmott Dixon.

La Gran Bretagna mira a ridurre le emissioni di almeno l’80 per cento entro il 2050, con tagli intermedi e graduali, cercando di riportarle ai livelli del 1990.

Si tratta di un passo importante da parte delle industrie, anche se il Governo non ritiene che i tagli sulle emissioni di gas ad effetto serra proposti siano sufficienti a mantenere le temperature globali al di sotto del limite dei 2 gradi previsti.

In Lussemburgo, peraltro, al Consiglio dell’ambiente Ue, Edward Davey, segretario di stato britannico per l’energia, ha commentato che il taglio del 40 per cento di emissioni di CO2 entro il 2030 “per la Gran Bretagna costituirebbe il minimo traguardo indispensabile”.

“Una decisione va presa entro ottobre”, gli fa eco la collega Barbara Hendricks per la Germania, che mette in risalto i prevedibili svantaggi connessi all’inattività di fronte ai problemi energetici che potrebbero comportare poi i costi maggiori da affrontare.

Queste posizioni vengono riprese dai colleghi francese e italiano, in occasione dell’ultimo G7 in Germania.

Il nostro ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti dichiara infatti che “alla scadenza di ottobre dovranno esserci obiettivi chiari e criteri di ripartizione degli sforzi di ciascuno dei Paesi membri”, concordando anche lui sul traguardo del ‘famoso’ 40 per cento.

Nella Ue parrebbe che le intenzioni vadano tutte nella stessa direzione e che la volontà di arrivare ad una soluzione ci sia.

Ma quale sarà la posizione dei ‘grandi inquinatori’, Stati Uniti e Cina in prima fila?

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