Spesso la propaganda di persone o organizzazioni nei paesi in via di sviluppo tende ad accusare i parchi nazionali di essere fonte di povertà per le popolazioni vicine. L’Africa, dove ci sono enormi interessi per lo sfruttamento intensivo delle terre da parte delle società straniere spesso contro gli interessi degli africani, è un importante esempio. La domanda quindi è: se intorno ai parchi nazionali dei paesi in via di sviluppo vivono tanti poveri, questo vuol dire che i parchi stanno contribuendo alla loro povertà?
No, secondo uno studio della durata di 10 anni sulle popolazioni che vivono intorno al Kibale National Park in Uganda. La ricerca è stata pubblicata questa settimana in Proceedings of the National Academy of Sciences.
“Spesso le persone lamentano che i più poveri tra i poveri vivono ai margini dei parchi, e il presupposto è che la causa di questa povertà sono i parchi”, ha detto Lisa Naughton, professore di geografia presso l’Università del Wisconsin-Madison. L’argomento è molto importante, in quanto “la gente dice che non possiamo permetterci di proteggere la biodiversità” se questa infligge maggiori difficoltà economiche alle persone che sono già povere.
“Questo progetto dimostra il valore di utilizzare approcci integrati per esaminare le complesse interazioni tra le persone e gli ambienti che occupano”, ha detto Thomas Baerwald, della National Science Foundation, che ha parzialmente finanziato lo studio.
Per esplorare il rapporto tra parchi, povertà e conservazione della biodiversità, Naughton e colleghi hanno monitorato 252 famiglie che vivono entro tre miglia dall’inizio del Parco Nazionale di Kibale, Uganda, dal 1996. La tendenza generale 10 anni più tardi era verso una maggiore prosperità, misurata in termini di accesso all’acqua potabile, di numero di capi di bestiame, della qualità delle proprie abitazioni (es. un tetto vero invece del tradizionale tetto di paglia).
“La maggior parte delle famiglie dopo 10 anni stava meglio rispetto a quando fu creato il parco”, dice Naughton, che lavora in Uganda da più di 20 anni. “Torno ogni paio d’anni, e le persone sono generalmente ottimiste, alcuni dicono che non avrebbero mai immaginato che la vita potesse volgere così al meglio”.
Ma il 10 per cento delle famiglie nello studio originario hanno venduto o perso la loro terra e si sono allontanate, il che indica un grave indice di povertà, ha detto il co-autore Jennifer Garcia-Alix, assistente professore di economia agricola ed applicata alls UW-Madison. “La vendita dei terreni non sembra così terribile per noi occidentali, ma in Uganda la terra è il bene più produttivo, e una volta che viene venduta non si ha più nulla su cui contare.”
Per spiegare questa percentuale di famiglie povere occorre guardare cosa succede lontano dal parco. Ebbene, anche lì c’è gente che perde la propria terra perché costretta a venderla. Ma chi vive ai bordi del parco, assicura Garcia-Alix, vive meglio.
“A quanto pare il parco rappresenta una fonte di assicurazione, si può entro certi limiti cacciare, o vendere legna o paglia del parco. La gente povera che vive vicino al parco può contare su qualcosa su cui i poveri che vivono più lontano non possono.”
E questo suggerisce che è improbabile che il parco sia la causa dell’aumento della povertà.
“Altri fattori possono essere molto più significativi su una scala geografica e temporale più ampia”, ha detto Baerwald. “La nostra ricerca mette insieme spunti provenienti da diverse discipline e fornisce preziose intuizioni in grado di migliorare le politiche e gli approcci di gestione per migliorare il benessere umano.”
Parchi, paesaggi, società ed economie variano ampiamente, e quindi è difficile sapere quanto questi risultati si possano generalizzare, ha ammesso Naughton. Ma ha detto che lo studio è stato uno dei primi a guardare ai parchi e alla povertà nel lungo termine, ed i risultati confutano l’idea che i parchi nazionali nei paesi poveri sono da biasimare per la povertà della gente ai suoi confini.
“Se siete preoccupati per il benessere delle persone che vivono intorno a parchi, non date per scontato che sia il parco che li tiene in condizioni di povertà. Invece di guardare solo al parco, occorre guardare spesso nella direzione opposta. La terra sta diventando scarsa e le foreste pubbliche vengono tagliate o privatizzate. Ci sono molti altri fattori”, ha dichiarato Naughton.
Informazioni sul Parco Nazionale di Kibale
Il Parco Nazionale di Kibale (Kibale National Park) è un parco nazionale in Uganda di circa 560 km quadrati costituito da foresta pluviale e semi-decidua, prateria e palude. Nel parco vi è la più alta varietà e concentrazione di primati dell’Africa orientale con 13 specie rappresentate, ma anche per l’eccezionale avifauna e le numerosissime farfalle.
Il parco fu fondato nel 1993 allo scopo di proteggere un’area che già nel 1932 era stata dichiarata riserva forestale.
Più info qui