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Il WWF lancia l’allarme sabbia sulle spiagge italiane: “L’oro di tutti a vantaggio di pochi”

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 13.08.2010
Scandalo delle concessioni per gli stabilimenti balneari

Scandalo delle concessioni per gli stabilimenti balneari

Nel nuovo dossier del WWF lo scandalo delle concessioni per gli stabilimenti balneari, un danno per l’erario ma anche per l’ambiente e il paesaggio

Quasi un quarto della costa italiana idonea per la balneabilità, ovvero 900 km su 4.000 km complessivi, è occupata da 12.000 stabilimenti (più che raddoppiati in meno di dieci anni): una media di uno stabilimento ogni 350 metri con un’occupazione complessiva di circa 18 milioni di metri quadri, che ai gestori costano un canone di appena 50 centesimi al mese per metro quadro, che hanno addirittura il privilegio di non dover rilasciare scontrini fiscali per le attività connesse e in cui l’evasione fiscale è all’ordine del giorno, come dimostrano i controlli della Guardia di Finanza resi noti proprio in questi giorni. È la denuncia del nuovo dossier del WWF Italia “Sabbia: l’oro di tutti a vantaggi di pochi”, che insieme allo scandalo delle concessioni evidenzia gli impatti sull’ambiente degli stabilimenti, spesso vere e proprie cittadelle di servizi e strutture permanenti – piscine, negozi, centri benessere, parcheggi – situati anche in ambienti delicatissimi come le dune costiere. E così, con l’obiettivo di “valorizzare”, ovvero guadagnare dalle coste italiane, questa speculazione ha irrimediabilmente compromesso l’inestimabile valore dei nostri litorali, alterando in maniera spesso irreversibile la loro naturalità e contribuendo a gravi impatti sull’ambiente come il fenomeno dell’erosione delle coste, che interessa ormai il 42% delle spiagge italiane.

“La proliferazione degli stabilimenti, spesso irregolare e scandalosamente ‘economica’ per i gestori, insieme alla cementificazione selvaggia, agli abusi e alle situazioni di degrado che caratterizzano il litorale ‘libero’, hanno sottratto alla natura e alla libera godibilità di tutti le nostre bellissime coste, un vero e proprio ‘furto’ di ambiente e di paesaggio che hanno impatti e conseguenze spesso irreversibili – ha detto Stefano Leoni, presidente del WWF Italia – Per fermare questo scempio, dobbiamo al più presto uscire dalla logica speculativa e privatistica con cui è stato gestito il patrimonio di tutti e rientrare nell’alveo dove le prime cose che si tengono in considerazione sono gli interessi collettivi e, tra questi, la tutela dello straordinario patrimonio ambientale costituito dalle nostre spiagge, che se vogliamo continuino a dare ricchezza devono essere ben diversamente tutelate.”

Ecco alcuni dati dal dossier del WWF sulle spiagge:

Un’evasione programmata?

A fronte di solo 103 milioni di euro d’incasso per lo Stato, gli introiti degli stabilimenti sono enormi e in gran parte irregolari. Il dichiarato è di circa due miliardi di euro, ma secondo l’analisi del WWF, che considera i 600.000 lavoratori del settore dichiarati anche in rapporto al potenziale fatturato per singolo occupato, la cifra non è credibile, così come il WWF ritiene sottostimata l’ipotesi dell’Agenzia del Demanio secondo cui gli incassi sarebbero di quanto dichiarato. Secondo il WWF l’evasione è talmente clamorosa che potrebbe essere in qualche modo “programmata a tavolino”: dei 573 controlli svolti nel 2009 dall’Agenzia del Demanio 551 hanno rilevato irregolarità (nel 2008, le irregolarità rilevate sono state 403 su 439 controlli). Ed anche i dati della Guardia di Finanza documentano una situazione di evasione diffusa: su 4000 controlli annui sul litorale laziale le irregolarità sono il 45%. Percentuale che sale al 61% se si considera solo la parte relativa agli scontrini fiscali (a cui gli stabilimenti sono tenuti per la somministrazione di bevande ed alimenti oltre che per la ristorazione). Così mentre lo Stato di media incassa per ogni metro quadro di spiaggia data in concessione meno di 50 centesimi di euro al mese (5 euro e 72 centesimi l’anno), i privati fanno affari d’oro sotto gli occhi di tutti. Mentre dall’altra parte viene programmato un taglio del 50% al contributo ordinario dei Parchi Nazionali (pari a 25 milioni di euro), che si sarebbe potuto ad esempio recuperare dal settore balneare chiedendo solamente il giusto e senza far torto a nessuno.

Aumento dei canoni: missione impossibile

Il dossier WWF ripercorre anche i tentativi fatti per aumentare i canoni, dalla proposta di triplicarli fatta dal Governo Berlusconi del 2003, allo stop dato del Governo Prodi che voleva situazioni più idonee caso per caso, alla legge del 2006 sui criteri di ricognizione dei canoni, alla proroga sino a tutto il 2015 recentemente data dal Governo Berlusconi per tutte le concessioni in scadenza, alla possibilità di chiedere rinnovi ventennali sempre per le concessioni in scadenza e sempre accordata dal Governo Berlusconi. A fronte di un’impostazione normativa contraddittoria, le richieste dei gestori, sostenute dall’Assobalneari e dal Sindacato Italiani Balneari, sono sempre più esose: proroghe di 50 anni alle concessioni e il riconoscimento di un diritto di superficie per 99 anni che renderebbe inamovibili e sostanzialmente di loro proprietà gli immobili realizzati sul demanio. Ma proprio qui sta il cardine del problema, tanto più garantite sono le concessioni tanto più pesante è l’infrastrutturazione dell’arenile.

Il miraggio della spiaggia libera

Esiste davvero la famosa fascia di 5 metri dal mare cui tutti dovrebbero avere accesso? In teoria sì, in pratica l’accesso alla battigia è spesso ostacolato dalla presenza degli stabilimenti che, soprattutto al Centro Sud, in moltissimi casi pretendono un pagamento illegittimo. La spiaggia libera è a tal punto un miraggio che alcune Regioni hanno dovuto fare apposite leggi per garantirla. In Liguria i Comuni dovrebbero garantire come spiaggia libera il 40% delle costa accessibile, ma soltanto 12 dei 63 comuni rivieraschi lo fanno, Santa Margherita ligure ha solo l’11% di spiagge libere, Rapallo e Chiavari che ne hanno il 13%, Noli il 14%. In Puglia invece la legge prevede che solo il 40% delle spiagge possa essere dato in concessioni, meglio che altrove, ma il WWF ricorda che in Francia il limite dato per assegnare le spiagge in concessione è del 20%. Così, nel concreto, le spiagge libere sono spesso corridoi di sabbia tra le recinzioni degli stabilimenti limitrofi che danno l’effetto dell’ora d’aria concessa ai detenuti; a tale proposito il WWF documenta due casi emblematici, uno a Varazze ed uno a Mazzara del Vallo.

Il “Lungomuro”, l’erosione delle coste e gli impatti sull’ambiente

In molti casi la concentrazione di stabilimenti ha portato una trasformazione metropolitana del lungomare in “lungomuro” (come viene chiamato il litorale di Ostia), producendo un furto di paesaggio che impedisce spesso di godere perfino della vista del mare. Ma gli stabilimenti contribuiscono a danni anche più impattanti sull’ambiente. La pulizia meccanica degli arenili disgrega la compattezza della sabbia esponendola maggiormente al vento ed mare, interrompe la progressione delle dune, comporta una variazione delle pendenze e la rimozione delle foglie di posidonia spiaggiata, tutti fattori che aumentano l’incidenza dei fenomeni erosivi, già favoriti per esempio dalla cementificazione dei fiumi, dalla costruzione di strutture rigide lungo la costa oltre che da cambiamenti climatici e fenomeni di marea. L’erosione delle coste interessa il 42 % delle spiagge italiane (di cui il 65% delle spiagge pugliesi pari al 22% dell’intera costa regionale o ben 300 km in Calabria o 117 km nel Lazio o 78 km nelle marche). E il problema diventa ancora più grave con stabilimenti installati in via permanente su spiagge strette a ridosso delle dune, dove con le mareggiate invernali se ne favorisce l’erosione. Questi preziosissimi ecosistemi dovrebbero essere oggetto di piani di gestione e apposite strutture di fruizione, e invece in alcune situazioni (come nella Riserva Statale del Litorale Romane) tra le dune si è addirittura provveduto a ricavare posteggi per migliaia di automobili.

Cosa fare? Il WWF propone dieci concetti: Fermare il rilascio di nuove concessioni, Censire la situazione per avere elementi chiari, Ridiscutere il sistema scandaloso dei canoni e del regime fiscale degli stabilimenti,

Stare in Europa mettendo fine agli escamotage italiani per non assegnare per gara le concessioni scadute, Tutelare le sono ormai poche spiagge libere, Gestire introducendo elementi di attenzione ambientale nella gestione delle spiagge, Controllare per porre fine all’altissima percentuale di illeciti, Ripensare tutto il sistema degli stabilimenti in concessione, Riscoprire la bellezza del mare, delle coste, delle dune, Sottrarre invece di continuare ad aggiungere e costruire. (fonte WWF)

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