Il terremoto del 2009 in Honduras ha distrutto metà delle barriere coralline del Belize.
Questo terremoto sottolinea la necessità di una pianificazione della conservazione nel prendere in considerazione le catastrofi naturali non frequenti
Le barriere coralline hanno subito molti danni negli ultimi decenni a causa di molteplici minacce dovute a inquinamento, malattie, temperature dell’acqua elevate e pesca eccessiva. Spesso definite come “foreste pluviali del Mare”, le barriere coralline supportano una grande varietà di vita marina, proteggono le coste, e contribuiscono in modo significativo al turismo e all’industria della pesca. Un nuovo studio analizza un effetto raro, ma catastrofico sulle barriere: i danni causati da calamità naturali come un terremoto.
Nel maggio del 2009, un potente terremoto di magnitudo 7,3 scosse i Caraibi occidentali, facendo scivolare le barriere lagunari in Belize,a 213 km (132 miglia) dall’epicentro, in acque più profonde. Come riportato in un articolo su Ecology, una rivista dell’Ecological Society of America, Richard Aronson del Florida Institute of Technology e colleghi hanno analizzato i dati che suggeriscono come la storia della barriera influenzerà il suo recupero.
Durante il quarto di secolo prima del terremoto, le barriere avevano affrontato una mortalità di massa di due specie di corallo dominanti. Questi morti, già di per sè uniche nel loro genere, furono “vanificate” per la metà delle barriere che sono andate ulteriormente distrutte dal terremoto.
Il lavoro di Aronson e dei suoi colleghi è focalizzato su un area di 375 chilometri quadrati (144 miglia quadrate) della barriera corallina del Belize, che hanno monitorato dal 1986 al 2009. L’area, composta da 21 siti, è stata rivisitata nel 2010 per determinare gli effetti del terremoto. Così hanno scoperto che circa la metà della barriera era scivolata in acque più profonde. Erano rimasti solo i sedimenti e resti dello scheletro dei coralli.
A partire dal 1986, un’ infezione batterica denominata “white-band disease” (WBD)
ha ucciso quasi tutto l’allora dominante corallo (Acropora cervicornis) nell’area di studio. Nel 1995, il “corallo lattuga” (Agaricia tenuifolia) cominciò ad ammalarsi. Ma quando le alte temperature del 1998 causate da El Nino , che sono state aggravate dal cambiamento climatico globale, hanno causato l’aggravarsi della malattia il corallo lattuga è scomparso. Una spugna incrostante (Chondrilla caribensis) ha colonizzato i resti scheletrici, insieme con le alghe. Ciò che è sorprendente di questa serie di eventi, dicono gli autori, è che, come evidenziato dalla datazione del radiocarbonio, il corallo aveva dominato sulle scogliere per circa 4.000 anni.
“La perdita delle tre specie ha drasticamente indebolito la capacità di recupero della barriera”, dice l’autore Aronson. “In altre parole, se le tre specie fossero sopravvissute, il corallo avrebbe potuto sopravvivere nelle aree non distrutte dal sisma.”
Le aree marine protette hanno lo scopo di sostenere i vantaggi ecologici, culturali ed economici di un territorio per le generazioni future. Eppure, la creazione e la gestione di queste aree è più facile a dirsi che a farsi. Aronson e colleghi sostengono che gli eventi estremi, come terremoti, colate laviche, e tsunami, dovrebbero essere presi in considerazione per determinare la dimensione e la gestione di tali aree protette.
“La retorica della conservazione spesso include l’appello di preservare gli ecosistemi in modo che i figli dei nostri figli possano godere della generosità della Natura”, dice Aronson. “Questo prende in considerazione un arco temporale di circa 200 anni, ma gli ecosistemi durano molto più di tre generazioni dei loro amministratori umani. Sfidiamo gli ambientalisti marini a pianificare su scala millenaria. Rari eventi catastrofici fanno da sfondo alle azioni umane. Quegli eventi rari dovrebbe essere presi in considerazione per determinare le dimensioni delle riserve marine e dei loro livelli di protezione. Dopotutto, il disastro di “una volta ogni mille anni” potrebbe accadere la prossima settimana. “