Comacchio, 28 aprile 2012 – Il declino di molti uccelli che convivono con l’uomo nelle aree agricole sono l’indice di un aumento di pesticidi e diserbanti, dell’inquinamento atmosferico e della cementificazione che avanza ovunque nel nostro paese. E’ la triste fotografia della LIPU, che segnala come in dieci anni solo le specie di uccelli che hanno un habitat lontano dall’influsso umano riescono a mantenere le popolazioni stabili.
Lo ha detto oggi a Comacchio il presidente di LIPU. Il rapporto rende noti i dati del progetto di monitoraggio Mito2000, realizzato nel decennio appena concluso, dal 2000 al 2010, su 99 specie di uccelli selvatici “comuni”. Il rapporto ha studiato diversi gruppi di specie a seconda dell’appartenenza all’habitat di riferimento: ad ognuno di questi è stato abbinato un indice di biodiversità, quali il Farmland Bird index (specie ambienti agricoli), Woodland Bird Index (specie ambienti boschivi), e l’All Common Species index (tutte le residue specie comuni non rientranti nei precedenti due).
Dodici specie agricole su 26 studiate, appartenenti al Farmland Bird Index, hanno segnato un declino, 11 sono risultate in aumento e 3 stabili. Tra le specie in declino, a causa della meccanizzazione e intensificazione dell’agricoltura, dell’uso di pesticidi, del degrado dell’habitat appaiono la calandrella (-14,4% il decremento medio annuo, -66% dal 2000 al 2010, in Pericolo di estinzione nella Lista Rossa), l’allodola (-2,9% annuo, – 30% sul decennio, Vulnerabile in Lista Rossa), l’averla piccola (-3,6% annuo e -42% sul decennio, Vulnerabile in Lista Rossa), la rondine (-30% nel decennio), i passeri (-40%), il torcicollo (-56%), la cutrettola (-38%) e il cardellino (-34%). Tra le specie che frequentano ambienti agricoli sono invece in aumento gazza, cornacchia grigia, gheppio, ortolano, rigogolo, usignolo, upupa, tortora selvatica, luì bianco e strillozzo.
Tra le specie boschive invece del Woodland Bird Index (che al contrario del Farmland risulta stabile) sono risultate in declino regolo, cincia mora e ciuffolotto, mentre in aumento il picchio rosso maggiore, il fiorrancino, lo scricciolo, il rampichino comune, il pettirosso e la cinciarella.
CONSUMO DI SUOLO – I tre indici sono stati calcolati per ognuna delle sei zone ornitologiche identificate: alpina, rilievi prealpini e appenninici, sistemi collinari, pianure, rilievi mediterranei, steppe mediterranee. Il Farmland Bird index è risultato negativo nelle zone di pianura, a dimostrazione di come agli effetti dell’industrializzazione dell’agricoltura si sommi il grave fenomeno del consumo di suolo: cementificazione e sottrazione definitiva di habitat si traduce in un danno per la biodiversità e in particolare un declino degli uccelli in questi ambienti. Un fenomeno, questo, che in collina sono di solito meno accentuati, grazie al fatto che le zone agricole sono caratterizzate da un mosaico di ambienti.
RETE NATURA 2000 – I tre indici di biodiversità sono stati inoltre calcolati sia all’interno dei siti di rete Natura 2000, la rete di protezione della biodiversità dell’Unione europea, che nelle aree esterne ad esse. Anche grazie alla minore urbanizzazione del territorio, e a una più rallentata, o meglio mitigata, trasformazione degli habitat, le zone interne a rete Natura 2000 hanno fatto registrare un Farmland Bird Index con valori più alti.
La relazione si chiama “Uccelli comuni in Italia – Gli andamenti di popolazione dal 2000 al 2010” ed è stata realizzata dalla LIPU-BirdLife Italia con la Rete rurale nazionale e il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, e presentato oggi a Comacchio nell’ambito della Po Delta Birdwatching Fair dal presidente LIPU Fulvio Mamone Capria, da Guido Tellini Florenzano e da Lorenzo Fornasari del coordinamento MITO 2000.
Il rapporto “Uccelli comuni in Italia” è scaricabile alla pagina http://www.lipu.it/pdf/uccelli_comuni_in_italia.pdf