Il 2013 è stato proclamato “Anno europeo contro lo spreco alimentare”. Il Parlamento Europeo vuole mettere in atto delle strategie di tutela per scongiurare l’aggravarsi dello scenario che riguarda lo spreco del cibo. Ecco la sfida: entro il 2025 la riduzione degli sprechi alimentari del 50%. Si tratta di un’iniziativa che vede l’Italia impegnata in prima linea. Il promotore è il professor Andrea Segrè, presidente e inventore di “Last Minute Market”, spin off accademico per il recupero sostenibile e solidale degli sprechi alimentari. La parola d’ordine è sobrietà e non-spreco. Ecco anche on-line un questionario per capire quanto sono spreconi gli italiani.
I numeri. Sono circa 900 milioni le persone che al mondo soffrono la fame, secondo i dati Fao. Si stima che un sesto della popolazione mondiale sia malnutrita. Ma non è solo il Sud del mondo a soffrirne: nell’Unione europea vi sono circa 79 milioni di persone, circa il 15% dei cittadini europei, che vivono al di sotto del livello di povertà. Circa 16 milioni sono le persone che chiedono aiuto a enti benefici per sfamarsi. Mentre un terzo del cibo prodotto a livello mondiale per il consumo umano viene buttato o perso, ben 1,3 miliardi di tonnellate circa sono gli alimenti perduti o sprecati. Frutta e verdura, insieme a radici e tuberi i primi a finire nei cassonetti.
Il documento Global Food Losses and Food Waste (Perdita e spreco di cibo a livello mondiale), ha evidenziato che ogni anno i consumatori dei paesi ricchi sprecano quasi la stessa quantità di cibo (222 milioni di tonnellate) dell’intera produzione alimentare netta dell’Africa sub-sahariana (230 milioni di tonnellate). Lanciata nel 2011, Save food – l’Iniziativa Globale per la Riduzione delle Perdite e degli Sprechi Alimentari – ha attualmente oltre cinquanta partner. La Fao, in collaborazione con Messe Düsseldorf GmbH, compagnia organizzatrice di fiere, e con Interpack, la fiera annuale dell’industria dell’imballaggio, sta esortando nuovi partner coinvolti lungo tutta la filiera alimentare, sia nel settore privato che nel non-profit, ad aderire all’iniziativa. Nei paesi in via di sviluppo, le perdite alimentari riguardano prevalentemente i piccoli contadini. Quasi il 65% di tali perdite si verifica durante gli stadi del raccolto, del dopo-raccolto e della lavorazione. Nei paesi industrializzati invece, gli sprechi di cibo avvengono soprattutto al livello della vendita e del consumo: più del 40 per cento delle perdite avviene a livello di rivenditore e di consumatore. Il valore pro-capite degli sprechi alimentari per consumatore in Europa e in Nord America si aggira tra i 95 e i 115 chilogrammi l’anno, mentre i consumatori in Africa Sub-Sahariana e nel Sud e Sud-Est Asiatico sprecano annualmente solo tra i 6 e gli 11 kg di cibo pro-capite.
Studi di settore hanno messo in rilievo che le cause dello spreco possono essere differenti. Si va dallo spreco nella produzione agricola, alla gestione, trasferimento e stoccaggio delle merci. Ma non solo. Si spreca anche quotidianamente riempiendo il carrello di cose inutili, ovvero messaggi pubblicitari che poi restano a scadere nel frigorifero. Insomma, si genera una certa quantità di cibo che sarebbe commestibile, ma che in sostanza non viene consumato per svariati motivi legati alle logiche di mercato. Il progetto tutto italiano di Segrè, “Last Minute Market”, spin off accademico dell’Università di Bologna, che rientra nell’ambito delle iniziative del programma europeo “Un anno contro lo spreco”, mira a fare della filosofia del non- spreco una realtà pratica e più che mai attuale. In sostanza le persone, invece di limitarsi alla raccolta differenziata, si danno da fare per recuperare cibi, libri, farmaci, prodotti non alimentari e il tutto è reso di nuovo disponibile nello stesso luogo dove avviene la raccolta.
La Campagna contro lo spreco che sostiene questo progetto, punta il dito sulla grande distribuzione e sui meccanismi che la regolano: dal tipo di imballaggio, alle logiche di vendita e pubblicità, al tipo di messaggio, che spesso incoraggia a comprare più cibo di quanto in realtà se ne abbia bisogno. Al tempo stesso, la Campagna è attiva sul fronte dell’informazione, cercando di rendere i cittadini consapevoli dei loro acquisti e delle loro scelte quotidiane attraverso iniziative mirate. Parallelamente, per inquadrare lo spreco di alimenti a livello domestico in Italia, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, in collaborazione con il servizio scientifico interno della Commissione Europea, il Joint Research Centre (Jrc), Istituto per la Salute e la Protezione dei Consumatori), il Karlsruhe Institut für Technologie e Last Minute Market, hanno predisposto una prima indagine socio-economica basata su un questionario online che viene lanciato, e resterà online per un mese. Chiunque può farlo e serve per avere una stima di quanto cibo viene gettato via e di quali sono i motivi che portano allo spreco, quindi a ricercare le potenziali soluzioni per prevenirlo e diminuirlo.
Di certo nuove tecnologie, pratiche migliori, un maggior coordinamento gestionale e investimenti nelle infrastrutture, educazione al non-spreco negli asili e nelle scuole, sono fattori cruciali per riuscire a ridurre le perdite alimentari e lo spreco di cibo. “Se si riuscisse a recuperare anche solo un quarto del cibo che attualmente va perso o sprecato a livello globale, ciò sarebbe sufficiente a sfamare 900 milioni di persone che nel mondo soffrono la fame” ha affermato Robert van Otterdijk, Coordinatore di Save Food.
Bel questionario. Cercherò di sprecare molto meno!