La prima relazione annuale dell’Osservatorio europeo per l’innovazione (EIO) non è negativa: le aziende europee stanno innovando, ma i loro sforzi sono lontani da ciò che sarebbe necessario nel contesto della politica di efficienza delle risorse.
L’ EIO è un piattaforma di raccolta dei dati finanziata dall’UE sulla eco-innovazione che dovrebbe fungere da consulenza alle imprese e ai politici su come smaterializzare l’economia europea e renderla più competitiva. Fa parte della Eco-Innovation, piattaforma sotto l’iniziativa Europe Innova, che mira ad aiutare le aziende a innovare.
L’Europa è riuscita a scindere l’uso di materiali dalla crescita del prodotto interno lordo (PIL), ma il livello assoluto dei consumi di materiale è aumentato dell’ 8% dal 2000 al 2007. L’immagine peggiora se includiamo anche le importazioni, l’ Europa più di ogni altra regione sposta il costo ambientale dell’uso delle risorse all’estero. La sfida per il futuro, secondo gli autori del rapporto, è quello di migliorare ulteriormente la produttività delle risorse, garantendo al contempo la disgiunzione assoluta della crescita economica dal consumo di materiale.
Per la EIO, l’eco-innovazione non è più solo inventare tecnologie verdi per diminuire l’inquinamento, ma ridurre al minimo l’uso delle risorse naturali in tutto il ciclo di vita di un prodotto. Si prevedono benefici dalla riduzione dei costi materiali, nuovi mercati per le aziende con meno danni ambientali, sicurezza dei materiali, una migliore qualità di vita e più posti di lavoro “verdi”.
La novità del rapporto EIO è l’analisi paese per paese delle prestazioni delle eco-innovazioni. Questo quadro di valutazione si basa su 13 indicatori in cinque aree: gli ingressi nell’eco-innovazione (ad esempio il livello complessivo degli aiuti finanziari per l’eco-innovazione), le attività (ad esempio le imprese che partecipano all’eco-innovazione), le uscite (il numero di brevetti), i risultati ambientali (ad esempio acqua, energia e carbonio), e socio-economico dei risultati (ad esempio l’occupazione in industrie con eco-innovazioni).
Nella parte alta della graduatoria c’è la Finlandia, seguita da Danimarca, Germania, Austria e Svezia. Un secondo gruppo di paesi sono raggruppati attorno alla media europea: Belgio, Paesi Bassi, Regno Unito, Irlanda, Spagna, Italia, Francia e Lussemburgo. Il terzo e ultimo gruppo, fanalino di coda, è costituito da tutto il resto del sud e dall’Europa orientale.
Uno sguardo più da vicino ai paesi e ai loro punteggi su ognuna delle cinque aree rivela però che non uno solo potrebbe servire da modello per tutti. Nella classifica per i risultati ambientali, ad esempio, la Finlandia che nel complesso è al primo posto, è al 19°. “Buone prestazioni nel settore dell’eco-innovazione non si traducono automaticamente in buone prestazioni ambientali in termini assoluti”, concludono gli autori.
Questo potrebbe essere perché le innovazioni realizzate nei paesi con forte crescita del PIL hanno bisogno di più tempo per avere effetto perchè il PIL alto non rende visibili i risultati. Una forte correlazione tra l’eco-innovazione e il PIL e la competitività, suggerisce il motivo per cui l’eco-innovazione potrebbe essere più difficile per i nuovi e meno abbienti stati membri. Il successo sul Paese dell’eco-innovazione dipende dalla struttura economica e sociale, e varia con l’accesso al capitale umano e con il finanziamento e i trend storici e delle risorse naturali.
La più grande sfida per i responsabili politici, il rapporto sostiene, è quello di trovare il modo di promuovere l’eco-innovazione nei paesi in fase di modernizzazione economica e ambientale. In questi paesi il potenziale di risparmio di risorse è spesso più grande, ma la capacità di realizzazione è al minimo. La definizione degli obiettivi per il consumo di risorse è necessaria se le società prevedono di investire sul serio, dicono gli autori del rapporto di EIO. Il rapporto prevede per il fattore 2 una riduzione dei consumi assoluti di materiale del 50% e per il fattore 5 una riduzione dei consumi del 80%, per una riduzione assoluta del consumo di materiale entro il 2050. Si sottolinea che perchè questo livello sia efficace i macro obiettivi dovrebbero essere differenziati, tenendo conto del contesto regionale e settoriale, concretizzando incentivi per le aziende.
Secondo l’Agenzia Tedesca per l’Efficienza dei Materiali (Demea), il potenziale delle PMI di migliorare la propria produttività materiale può essere addirittura superiore a quello delle grandi imprese.
Il rapporto EIO fornisce già esempi di buone pratiche che le PMI possono trovare utili, da una piattaforma web per facilitare il riutilizzo dei materiali da costruzione in Ungheria alle raccomandazioni sulla “miniera urbana” per riciclare le materie prime già in uso nelle città.
Secondo l’indagine Eurobarometro 2011, oltre i tre quarti delle aziende impegnate nell’eco-innovazione hanno migliorato l’efficienza dei materiali non più di un quinto. Solo due su cento hanno dichiarato che la loro innovazione aveva tagliato l’uso di materiale per unità produttiva di almeno il 60%. Finora, l’eco-innovazione sta incrementando, ma non sta portando un cambiamento fondamentale. Se tali eco-innovazioni incrementali sono implementati di continuo, un cambiamento significativo in termini di risorse materiali sarà possibile, secondo l’EIO. Ma se saranno misure una tantum, l’intensità dell’eco-innovazione delle imprese europee non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi.
L’economia ha senso, gli autori sottolineano: casi di studio in Germania rivelano che le aziende potrebbero risparmiare in media € 200.000, con costi di investimento inferiori a € 10.000 per quasi la metà delle imprese coinvolte.
Unire il fattore 2 al fattore 5 richiederà politiche pubbliche intense e epiù investimenti privati sia per l’efficienza delle risorse sia per la smaterializzazione assoluta, conclude l’EIO.