L’Istituto di biomembrane e bioenergetica del Cnr ha creato un’innovativa metodologia che consente di interpretare e ricostruire l’intero Dna mitocondriale, apreno un nuovo orizzonte nello studio delle malattie genetiche. I risultati sono stati pubblicati su Nature Methods I mitocondri sono la “centrale energetica” delle cellule di cui finora non era stato studiato il DNA. Grazie a questa ricerca sarà possibile stabilire il DNA dei mitocondri partendo da frammenti di sequenze genomiche prodotte per tutt’altro scopo. La ricerca riempie quindi un vuoto di dati che pesava su tutte le altre ricerche e apre a nuove prospettive di gestione dei dati, diagnosi delle malattie e relative cure.
L’innovativa metodica bioinformatica è stata messa a punto da Ernesto Picardi e Graziano Pesole, rispettivamente ricercatore e direttore dell’Istituto di biomembrane e bioenergetica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibbe-Cnr) e docenti di Biologia molecolare del dipartimento di Bioscienze, biotecnologie e scienze farmacologiche dell’Università di Bari.
“Il genoma mitocondriale, questa piccola molecola di Dna, è rimasto finora quasi ignorato dai ricercatori che si sono dedicati al sequenziamento dell’esoma, ovvero delle regioni di Dna codificanti per proteine, allo scopo di trovare mutazioni associate a malattie genetiche”, spiega Pesole.
Questa ‘caccia’ alle mutazioni finalizzata alla ricerca di possibili terapie ha portato quindi all’elaborazione di protocolli sperimentali che non contemplano tutte le informazioni disponibili e necessarie, come quelle riguardanti il Dna mitocondriale e il suo contributo nella patogenesi di molte malattie genetiche”.
“Quello dei mitocondri costituisce circa il 2% del Dna cellulare e assolve funzioni di importanza vitale”, prosegue il direttore dell’Ibbe-Cnr. “Mutazioni del genoma mitocondriale sono responsabili di malattie gravissime che compromettono la funzionalità del sistema muscolare e nervoso o che sono associate a processi di invecchiamento e tumorigenesi. Le malattie cosiddette mitocondriali, come la sindrome di Leigh, di Kearns-Sayre, di Pearson o diverse encefalopatie e neuropatie, hanno un’incidenza media di 1/4000, colpiscono soprattutto bambini e si distinguono per il fatto che, come il Dna mitocondriale, sono ereditate esclusivamente per via materna”.
L’immenso patrimonio di decodificazione dei geni può essere organizzato, grazie alla nuova scoperta, per essere finalizzato a ricerche specifiche. “Sarà possibile, infatti”, conclude Pesole, “studiare il coinvolgimento del genoma mitocondriale in centinaia di malattie di cui non si conoscono il gene o i geni responsabili. Questo porrà le basi per la predisposizione di nuovi protocolli, sia diagnostici che prognostici, e per l’applicazione di nuove strategie terapeutiche”.