Gaianews

Etiopia, guerra dell’acqua: cacciati via con la forza per fare lo zucchero

Scritto da Valeria Gatti il 30.06.2012

Il fiume Omo

L’associazione non governativa Human Right Watch ha recentemente pubblicato un nuovo report: il governo dell’Etiopia starebbe cacciando decine di migliaia di persone dalle loro terre nella valle dell’Omo per poter lasciare posto a coltivazioni intensive di canna da zucchero. Questo con la promessa di lavoro e prosperità. Gli abitanti sono preoccupati perché, tra le varie cose, verrebbe sottratta loro la già poca acqua presente. Le piantagioni commerciali saranno infatti irrigate grazie alla realizzazione di una nuova diga, che risponde al nome di progetto idroelettrico Gibe III. Si tratterebbe della più lunga diga mai realizzata in Africa, la quarta più grande del mondo.

La scena si ripete: Brasile, diga di Belo Monte, qui gli abitanti manifestano ancora, distruggendo la diga a forza di badilate. Yangtze in Cina, con circa una cinquantina di grandi dighe progettate o in fase di costruzione. E ancora Rio delle Amazzoni e Rio de La Plata in America del Sud, il Tigri e l’Eufrate in Medio Oriente,  il Danubio in Europa. E infine il Perù con la diga Inambari, contro cui i popoli locali hanno lottato e vinto. Secondo dati storici del WWF, oltre il 60 per cento dei 227 fiumi più grandi del mondo è stato frammentato dalle dighe. Le conseguenze: squilibrio ambientale, declino di specie di animali, tra cui pesci per il sostentamento, di acqua dolce, trasferimento forzato di decine di milioni di persone.

In Etiopia, le movimentazioni forzate di uomini dai loro villaggi stanno avvenendo precisamente nella Valle dell’Omo. La valle, che è anche un sito storico di rilevante importanza, patrimonio dell’Unesco, si trova in questi giorni al centro di un’aperta controversia in merito alla realizzazione della grande diga in questione.  Gibe III diventerà la diga più lunga dell’Africa e la quarta più grande del mondo. Ma non tutti sono così sereni. Secondo quanto riporta l’associazione HRW, il governo Etiope avrebbe dislocato con la forza le persone dalle loro case, sostenendo che il progetto creerà nuovi posti di lavoro ed energia e sviluppo al territorio. I locali sono invece preoccupati per il loro destino e cercano di resistere. Nel mentre, con l’intento finale di dare il via alla messa a dimora della canna da zucchero, le forze di sicurezza governative stanno cercando di convincere le comunità locali a traslocare dalle loro terre originarie, usando anche violenza e intimidazioni.

Il gruppo umanitario scrive, in un report del giugno 2011, redatto dopo aver visitato l’area in questione,  che “le unità militari facevano regolarmente visita nei villaggi per intimare i residenti e sopprimere i dissensi che nascevano, connessi con lo sviluppo delle piantagioni di canna da zucchero” aggiungendo anche che “ i soldati regolarmente rubavano o uccidevano il bestiame”. Queste affermazioni sono state negate dal portavoce governativo Bereket Simon, secondo cui “Non si stanno forzando le persone ad andarsene dalle loro abitazioni, se ci sono delle ragioni per spostare le persone, queste vengono manifestate attraverso un’aperta comunicazione”, ha detto all’agenzia France Presse.

Gli attivisti temono che questo possa alimentare seri conflitti per il controllo delle già scarse risorse idriche e deprivare le comunità locali dei loro mezzi di sostentamento. Secondo il report, i piani per la messa a dimora delle piantagioni di canna da zucchero prevederebbero l’occupazione e la copertura di circa un quarto di milione di ettari. La progettazione includerebbe anche fabbriche di produzione, canali di irrigazione e lunghi tratti di terra riservati ad altri tipi di agricolture commerciali. L’associazione Human Right Watch dice che se i piani continuano, potranno colpire come minimo 200 mila persone che vivono nella valle dell’Omo e altri 300 mila kenyoti che vivono lungo le rive del Lago Turkana, che prende più del 90% di acqua dal fiume Omo. Il governo Etiope ha assicurato che l’impatto della diga sul Lago Turkana sarà irrilevante.

Secondo quanto riporta HRW, la regione in questione è una delle aree ecologicamente e culturalmente più importanti dell’intero Pianeta,  una valle che ospita ancora otto diverse comunità agricolo-pastorali. “Gli ambiziosi piani dell’Etiopia per la valle dell’Omo sembrano ignorare i diritti della gente che vi abita”, ha detto Ben Rawlence, dell’associazione Human Rights Watch. “Non esiste una scorciatoia per lo sviluppo; la gente che ha investito tanto e a lungo su quella terra per assicurarsi i propri mezzi di sussistenza, ha bisogno che i loro diritti siano rispettati, inclusi quelli relativi al confronto aperto e all’eventuale risarcimento”. Molti altri territori africani stanno attualmente soffrendo questo, ma non solo loro. Si pensi al Brasile e alla diga di Belo Monte, per cui, se non vinceranno la sentenza in corso, circa 20 mila abitanti dovranno abbandonare la zona e circa 500 chilometri quadrati di foresta saranno inondati. Secondo il WWF, entro il 2050, come minimo una persona su quattro vivrà in un paese colpito da carenza idrica.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA