Su istanza del Tribunale di Firenze la Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi domani sulla legge 40, la legge che vieta la procreazione eterologa, cioè con gameti e ovociti non appartenenti alla coppia.
La legge è stata più volte già rivista circa il congelamento degli embrioni, la diagnosi preimpianto e il limite di utilizzo di tre embrioni per ciclo di fecondazione. A tutt’oggi però la fecondazione eterologa resta ancora vietata e punibile con una multa dai 300 mila ai 600 mila euro.
E’ recente la storia di due genitori che si sono rivolti ad una clinica privata greca per la procreazione eterologa. Il bambino è nato con la neurofibromatosi e la madre ha tentato addirittura di vendere un rene, pur sapendo di fare cosa illegale, per sostenere le spese delle cure del bimbo. I due genitori si sono rivolti al Presidente della Repubblica in una lettera sostenendo che se avessero potuto effettuare la fecondazione in Italia, com’era possibile fino al 2004, avrebbero avuto maggiori garanzie.
Intanto sull’Avvenire è apparso un editoriale di Assuntina Morresi, consulente dell’ex sottosegretario alla Salute del governo Berlusconi, Eugenia Roccella.Secondo Morresi, cambiando la legge si tornerebbe al far west di prima del 2004, quando tutto era concesso: «Una situazione di totale arbitrarietà, intollerabile e inammissibile per la mancanza di tutele su coppie e bambini. Si crea un vuoto normativo», spiega, «Si rafforzerebbe l’idea di un figlio a tutti i costi e si determinerebbe una drammatica frammentazione delle figure materna e paterna».
La questione dunque è quella della snaturazione della famiglia. Ma ci sono coloro che non la pensano così.
Pietro Rescigno, uno dei padri del diritto civile italiano ha dichiarato a l’Espresso.it: «Ci sono incongruità evidenti: il legislatore tutela i figli concepiti all’estero da donatori estranei alla coppia, ma in Italia ne vieta la pratica, favorendo i viaggi della speranza».
Secondo il civilista non è valida neanche la tesi secondo cui si costituirebbero dele famiglie “asimmetriche” in cui solo uno dei genitori è biologico. «La tesi confliggerebbe in modo evidente con la realtà sociale della famiglia di oggi e con l’istituto nobile dell’adozione»,.