Secondo una recente indagine Istat, “La salute e il ricorso ai servizi sanitari attraverso la crisi”, la crisi economica porta gli italiani a curarsi meno. La crisi infatti ha portato nel 2012 l’11,1% della popolazione a dichiarare di aver rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria erogabile dal Servizio Sanitario Nazionale, pur ritenendo di averne bisogno. Oltre una persona su due rinuncia per motivi economici e circa una su tre per motivi di offerta.
Sono quindi oltre sei milioni gli italiani che hanno rinunciato a servizi sanitari di cui avevano bisogno: il 9% della popolazione ha rinunciato ad almeno una prestazione tra accertamenti specialistici, visite mediche specialistiche (escluse odontoiatriche) o interventi chirurgici, oltre a tutti coloro che hanno invece detto di non aver acquistato farmaci nonostante ne avessero bisogno. I motivi delle rinunce sono svariati, ma il più incombente resta la crisi: il 6,2 per cento delle persone ha parlato di motivi economici, mentre il quattro per cento di ragioni relative all’offerta delle prestazioni sanitarie (come liste di attesa troppo lunghe, orari scomodi per l’appuntamento o difficoltà a raggiungere la struttura) e solo l’1,1 per cento ha fatto riferimento ad altre ragioni come impegni lavorativi o familiari.
Infine, la crisi ha colpito in modo eterogeneo: i dati rilevati dall’Istat variano a seconda delle differenze di genere, generazionali e territoriali. Ad esempio le donne rinunciano ai servizi sanitari più degli uomini (il 13,2 contro il 9 per cento): la differenza si accentua nella fascia d’età 45-64 anni, in cui a rinunciare è il 17,9 per cento delle donne contro il 12,7 per cento degli uomini. A sua volta, il numero di donne tra i 45 e i 64 anni che preferiscono non richiedere prestazioni sanitarie sale al Sud (22,3 per cento) e nelle isole (26,5 per cento).
Lo studio dell’Istat, contiene anche qualche buona notizia: le rinunce alla prevenzione sanitaria vanno di pari passo con una popolazione che dichiara di stare bene. Sono il 66,9 per cento della popolazione gli italiani che hanno riferito di stare bene o molto bene, contro il 7,7 per cento che dichiarato di stare male o molto male e contro quei 9 milioni che sono affetti da una malattia cronica. Anche in questo caso, il divario di genere e generazionale vuole la sua parte: tutte le donne dai 14 anni hanno tassi di multicronicità (dichiarano tre o più malattie croniche) più alti degli uomini, ma sono meno colpite da patologie gravi dopo i 50 anni. Le donne, infine, si percepiscono in cattiva salute più degli uomini: sono complessivamente il 9,4 per cento contro il 5,8 per cento del dato maschile.