Secondo il XII Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità, dal titolo “Permesso di cura”, presentato oggi a Roma dal Coordinamento nazionale delle Associazioni dei malati cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva, per gli italiani curarsi è diventato sempre di più un lusso.
Non sono riconosciuti alcuni diritti basilari dei malati secondo l’indagine di cittadinanza attiva. Sul lavoro ad esempio l’84% dei pazienti non riesce a conciliare l’orario di lavoro con la necessitò di curarsi. Il 63% viene licenziato per questo e il 41% dei casi riporta il licenziamento di un familiare per questo motivo.
Inoltre il 60% ha riscontrato difficoltà nella concessione dei permessi retribuiti, il 45% nella concessione del congedo retribuito di due anni; il 49% evita di prendere sul lavoro permessi per cura e il 43% nasconde la propria patologia. Il 54% ritiene troppo pesante o oneroso il carico assistenziale non garantito dal Servizio sanitario nazionale.
Chi non può permettersi le spese sanitarie non può che rinunciarvi: si rinuncia ai farmaci, all’assistenza, al monitoraggio delle patologie.
“Ritardare o rinunciare alle cure necessarie, perdere il posto di lavoro, confrontarsi con la crisi dei redditi familiari e con le discriminazioni regionali nell’accesso alle prestazioni socio sanitarie è ciò che vivono sulla propria pelle i cittadini grazie ad anni di politiche di disinvestimento del Welfare e di erosione dei diritti. Non possiamo accettare che per “fare cassa” si continui a smantellare il SSN o peggio ancora a svendere i diritti dei cittadini alla salute, al lavoro e all’inclusione sociale – commenta Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e responsabile del CnAMC di Cittadinanzattiva – Chiediamo al Governo e al Parlamento un’azione concreta, a partire dalla Legge di Stabilità in discussione, eliminando l’insopportabile misura prevista dalla L. 214/2011 e dal nuovo regolamento ISEE secondo cui i trattamenti assistenziali come indennità di invalidità civile e di accompagnamento sono considerati “fonti di reddito” e quindi da considerare nel computo dei redditi familiari.
Chiediamo inoltre al Governo e alle Regioni di avviare un confronto anche con le Associazioni di cittadini e di pazienti sia sul Patto per la Salute, sia sulla prossima Spending review, che rappresentano le vere partite per il nostro Servizio Sanitario Nazionale. Non vogliamo infatti correre il rischio che queste misure possano comportare un’ulteriore compressione di tutele e di diritti”.