Si è svolto a Milano il World Allergy and Asthma Congress 2013. Dalle ricerche messe a confronto è emerso che aumentano le allergie ai cibi esotici, come soia e sesamo, ma anche quelle a latte, uova, e nocciole che sono raddoppiate in 10 anni.
Come provare a ridurre il rischio di sviluppare queste allergie?”L’allattamento al seno esclusivo nei primi 4-6 mesi di vita del bambino le riduce; invece le restrizioni alla dieta della mamma in attesa non servono – spiega Maria Antonella Muraro, segretario generale EAACI e responsabile del Centro di riferimento regionale per lo studio e la cura delle allergie e delle intolleranze alimentari del Dipartimento di Pediatria dell’Università di Padova. Se l’allattamento al seno non è possibile e il bambino è ad alto rischio, ad esempio perché genitori o fratelli sono allergici, è utile usare latte vaccino idrolizzato, ipo-allergenico. Dopo il quarto mese compiuto si possono inserire i primi cibi, mentre ritardare o anticipare l’esposizione ad alimenti a rischio come uova o latticini, una volta iniziato lo svezzamento, non ha effetto sulla prevenzione delle allergie”.
Gli esperti hanno prodotto delle linee guida: nel documento ci sono proposte per migliorare l’industria alimentare e per prevenire gli shock anafilattici. Si possono migliorare le etichette dei cibi: attualmente si usa la dicitura “può contenere”, ma le informazioni potrebbe essere più precise aiutando così gli allergici.
Infatti, “Un’indagine discussa al congresso rivela che praticamente nessun paziente allergico “osa” acquistare un prodotto la cui etichetta lasci un margine d’incertezza sul contenuto in allergeni – spiega Muraro -. L’etichettatura europea è di buon livello e molte grandi aziende danno informazioni precise, ma le frasi che i produttori appongono per tutelarsi restringono ulteriormente, e non poco, le scelte alimentari degli allergici. Dobbiamo fornire indicazioni anche per i cibi non confezionati e soprattutto tradurre in un livello di rischio la dicitura “può contenere”