All’indomani dell’insediamento del nuovo governo e del nuovo Ministro dell’Ambiente Clini il Gruppo di San Rossore non mancò – nel formulare gli auguri di buon lavoro – di segnalare l’urgenza di una svolta nelle politiche ambientali per chiudere una stagione rovinosa contrassegnata da catrastrofi naturali ricorrenti, distruzione del paesaggio, crisi dei parchi e delle aree protette.
In occasione del ventennale della legge quadro sui parchi rinnovammo questo appello unitamente alle associazioni ambientaliste accompagnandolo con precise proposte sui finanziamenti, l’autonomia dei parchi nazionali, il sostegno e la collaborazione con le regioni, la cessazione di inammissibili gestioni commissariali in particolare in territori terremotati o colpiti da eventi distruttivi come le Cinque Terre. Più recentemente il disastro del Giglio e quello dei bidoni avvelenanti della Gorgona hanno poi confermato la condizione sempre più a rischio del Santuario dei Cetacei, da tempo ormai privo di una gestione degna di questo nome.
Il Gruppo di San Rossore considerava questo intervento da parte del ministro e del governo tanto più urgente nel momento in cui il ruolo dei parchi era stato seriamente logorato e screditato da una precedente gestione ministeriale che aveva umiliato spirito e lettera della legge quadro con assurde sortite sulla privatizzazione di un soggetto istituzionale pubblico che tale deve rimanere, come del resto è in tutti i paesi civili.
E’ perciò con grande sorpresa che abbiamo letto le scarne considerazioni del ministro Clini nella sua intervista a “Panorama” in cui si spiega che per i parchi non ci sono più soldi e che essi debbono di conseguenza essere gestiti – l’intervistatrice arriva a coniare l’espressione “privatizzazione mite” – da cooperative di giovani precari. E tutto questo all’indomani della visita del Presidente della Repubblica a Vernazza e alla sua impegnativa risposta all’appello del FAI, mentre nel contempo si siglano nomine di presidenti e commissari. Nelle poche battute dedicate ai parchi il ministro inserisce un’ulteriore notazione che fa riflettere, affermando che essi “oggi sono gestiti come monumenti, ma sono una cosa viva”, come se da un lato nei paesi civili i monumenti non fossero gestiti anch’essi come cose vive, ma soprattutto ignorando da un altro lato l’enorme e assiduo lavoro che le aree protette italiane svolgono quotidianamente nel promuovere la partecipazione democratica locale, nel favorire l’educazione naturalistica sul territorio, nell’assistere e indirizzare i turisti.
A rendere ancor più allarmante e sconcertante questa sortita è che a fargli da battistrada sia purtroppo il testo della legge in discussione al Senato, un testo che snatura per più versi il ruolo di tutela dei parchi voluto chiaramente dalla legge quadro, un ruolo cruciale che non può essere svenduto in alcun modo, tantomeno per far cassa.
La risposta all’infelice dichiarazione del ministro deve essere forte, chiara e senza sconti. Se c’era bisogno di una conferma di quanto fosse necessaria quella terza conferenza nazionale dei parchi che consentisse un chiaro confronto politico e istituzionale, il ministro Clini l’ha data nel modo più convincente. A questo punto i parchi, le regioni, gli enti locali e con loro l’associazionismo ambientalista e le forze politiche devono dire chiaramente se i parchi devono essere quelli che infelicemente auspica il ministro o quelli previsti e voluti dalla legge 394. La sortita del ministro conferma tra l’altro che dietro la formula secondo cui “un po’ di manutenzione (in questo caso della legge quadro) fa sempre bene” si celano concretissimi rischi di snaturamento della funzione e del funzionamento delle aree protette italiane.
Credo che se dovesse essere confermata questa che voglio considerare una “battuta poco meditata” del ministro dell’ambiente, la mobilitazione dovrà essere forte. Al fianco delle associazioni e, spero di Federparchi, ci saranno certamente le comunità locali che si sono poste al servizio dell’interesse generale scommettendo sulle possibilità di crescita economica e di sviluppo legate alla conservazione.
Alberto D’Orazio
Presidente
Comunità del Parco Nazionale
d’Abruzzo Lazio e Molise