Il Kilauea è un vulcano situato sull’isola Hawaii, la più grande dell’arcipelago omonimo. Come tanti altri vulcani, ha una propria individualità che lo caratterizza.
Va detto subito che il Kilauea non è formato da un singolo edificio vulcanico – come, ad esempio, l’Etna o il Vesuvio – ma è solo una parte di un complesso più grande, il Mauna Loa, e rappresenta l’espressione visibile dell’hot spot sottostante.
In altri termini, in profondità, sotto la crosta terrestre, esiste un ‘punto caldo’, l’hot spot, per l’appunto, cioè il punto dove le rocce fondono e prendono a salire verso la superficie.
L’altra prerogativa, che ne fa un caso particolare, è l’alternanza delle modalità con cui la lava fuoriesce.
Isola Kilauea, Hawaii, USA (crediti: cortese concessione NASA)
La vulcanologia classifica l’attività vulcanica a seconda delle eruzione che la caratterizzano e le eruzioni avvengono in funzione della viscosità delle lave. Se una lava è acida, molto densa perché ricca di silice, tende a solidificarsi e spesso non riesce a raggiungere il cratere, si raffredda in breve tempo, talvolta all’interno del camino vulcanico stesso, formando ostruzioni o ‘tappi’ nel condotto che, sotto la forte pressione del magma in risalita, possono esplodere, frantumandosi e originando l’attività che viene chiamata, per l’appunto, ‘esplosiva’.
Se, al contrario, una lava è molto fluida perché povera di silice e ricca in basalto, riesce a raggiungere facilmente la bocca del cratere e a riversarsi oltre il bordo. Le eruzioni sono quindi facilitate e si ha un’attività di tipo ‘effusivo’, con spandimento tranquillo e abbondante dei flussi lavici che possono scorrere lungo le pendici del vulcano fino a grandi distanze.
Nel 1790, il Kilauea provocò un’eruzione esplosiva che uccise decine di persone.
La ricerca su quell’evento, pubblicata sul Bollettino dell’American Geological Society da Donald A.Swanson, vulcanologo del Volcano Observatory delle Hawaii, suggerisce che la maggior parte delle vittime fu causata dall’onda di calore in movimento che trasportava detriti vulcanici e vapore, e che fuoriuscendo con violenza, sommerse rapidamente gli abitanti della zona. I depositi di queste onde, conosciute anche come ‘nubi ardenti’, si formarono principalmente sulla cima occidentale, dando luogo ad una coltre di cenere dove furono rinvenute impronte umane, lasciate dai locali e dalle loro famiglie in fuga.
Oggi, l’area è una delle zone più visitate del Parco Nazionale dei vulcani delle Hawaii.
L’eruzione esplosiva fu provocata dall’interazione violenta delle acque sotterranee venute a contatto con il magma incandescente.
Tali eruzioni esplosive si sono verificate spesso nel passato del Kilauea e probabilmente si verificheranno in futuro, quando la caldera crollerà definitivamente fino alla falda, circa 600 metri al di sotto della sommità del vulcano.
L’eruzione che è invece in corso oggi è di tipo effusivo, dice Swanson, e produce un flusso di lava che fuoriesce senza esplosioni in un’area specifica chiamata Pu’u O’o, sulla zona di rift orientale, lontano dall’area sommitale e la lava deve scorrere per molti chilometri prima di raggiungere le zone abitate.
Le colate laviche attuali non rappresentano quindi un pericolo per la popolazione, ma possono essere estremamente distruttive per le proprietà.
Il Kilauea presenta dunque due tipi di eruzioni, che ovviamente non si verificano contemporaneamente.
Le eruzioni esplosive dalla cima del Kilauea sono comuni dal punto di vista geologico.
Sono generalmente raggruppate in un periodo della durata di qualche secolo. Sono infatti passati 200 anni dall’esplosione principale più recente, che avvenne dopo circa 300 anni di frequenti eruzioni esplosive.
Negli ultimi 200 anni il Kilauea ha prodotto molti flussi di lava simili all’attuale. Piccole esplosioni hanno avuto luogo nel 1924 e, su scala minore, nel corso degli ultimi 6 anni.
Il grande pubblico non è a conoscenza della natura esplosiva del Kilauea perché il vulcano, soprattutto negli ultimi tempi, ha eruttato solo flussi di lava, ma potrà sicuramente diventare esplosivo in futuro, quando si ripeteranno condizioni simili a quelle del 1790.
Secondo Swanson, non è comunque prevedibile che le eruzioni violente si manifestino a breve.