E’ un periodo difficile per il mondo del web. A screditare la “rete” hanno concorso recentemente almeno due scandali da “far accapponare la pelle”. Ma alcune “buone pratiche” nascenti sul web contribuiscono a disegnare un quadro composito e contraddittorio dei diversi usi che facciamo delle nuove tecnologie.
In primo luogo il Datagate, che grazie alle rivelazione di Edward Snowden, il giovane analista della “Booz Allen Hamilton” – azienda che presta servizi e consulenze per la Difesa americana – ha confermato i peggiori timori dei fautori della cosiddetta “società del controllo”: big brother is watching you, ti spia, legge le tue mail, ascolta le tue telefonate e potrebbe, se solo volesse, accusarti di tramare contro il governo, individuando tra le tue telefonate e i post sparsi nella rete, contenuti anti-autoritari.
Questo è quanto profetizzato da Snowden durante gli ultimi minuti di un’intervista che resterà sicuramente nella storia, rilasciata al Guardian da un albergo di Hong Kong, dove si trovava pochi giorni fa per evitare l’arresto negli States.
Il secondo scandalo è recentissimo e riguarda Facebook. Ben sei milioni di utenti hanno subito una palese violazione della privacy a causa di un “errore tecnico”.
In sostanza scaricando dal tool “Download your information” i dettagli relativi al profilo di un utente non-amico, è stato possibile, per un numero esorbitante di persone, visualizzare mail e numero di telefono che normalmente sono rigorosamente non visibili.
La scoperta, come ha fatto notare sarcasticamente qualcuno, ha riguardato soltanto 6 milioni di utenti su oltre un miliardo: insomma, minuzie.
In giornate come queste, nelle quali si avrebbe voglia di azzerare tutti gli accounts posseduti on line e cancellare definitivamente le proprie tracce dal web, sono emerse “buone pratiche” in rete che è confortante nominare.
In primo luogo parliamo di un esperimento di crowdfounding tutto bolognese:Ideaginger
Tra i vincitori del bando “Incredibol! 2012” del Comune di Bologna, il progetto è stato partorito dalle menti di cinque ragazze che lavorano da anni nel settore della cultura.
Ideaginger offre la possibilità a chiunque abbia un progetto o una idea “geniale” di essere finanziato dal basso, secondo la convinzione che non serve più “chiedere tanto a pochi” ma “poco a tanti”.
Il donatore ha la possibilità di finanziare il progetto che ritiene più geniale a seconda delle sue tasche: si va da un minimo di 5 euro fino ad un massimo che per ora non raggiunge i 10.000 euro.
Il “ritorno” per il co-finanziatore consiste in una mail di ringraziamento nel caso di una piccola donazione, fino a forme di riconoscimento via via più corpose, proporzionali all’entità del finanziamento.
Un’altra realtà che merita attenzione è coworkingfor.com.
Il progetto è il frutto del lavoro di Claudia Merlini, trentacinquenne laureata in lingue con un master in gestione culturale.
La piattaforma “è il portale italiano che consente in modo gratuito di inserire e ricercare annunci per la condivisione di spazi lavorativi”.
Il motore di ricerca offre la possibilità a freelancer e professionisti di prenotare uno spazio attrezzato di wifi, pc, stampanti, sala riunioni, etc, condividendo la propria esperienza lavorativa, creando nuove opportunità di business e risparmiando notevolmente.
Allo stesso modo, se si ha a disposizione uno spazio, sulla piattaforma è possibile pubblicare il proprio annuncio corredato di prezzo, foto, dotazioni e orari.
Infine, stradaalternativa.it: il sito offre un sistema banner gratuito per tutte le realtà impegnate nella cultura, nell’arte e nella diffusione delle “ecotecnologie”.
Il sistema è semplice: ogni cinque visualizzazioni di un banner amico ospitato sul proprio sito web, si ha diritto a tre “uscite” sugli altri siti aderenti.
Uno dei crucci per chiunque operi sul web è infatti il posizionamento sui motori di ricerca. Spesso i siti che si occupano di cultura non hanno una grande visibilità sul web e di conseguenza non godono dei proventi dovuti agli accordi commerciali con Google.
L’idea di Stradalaternativa.it ,come scrive Jacopo Fo sul Fattoquotidiano, è quella di raggiungere una massa critica tale da poter “trattare condizioni collettive per la pubblicità”.
Questo risultato si potrebbe raggiungere, secondo l’intellettuale, attraverso un sistema circolare e sinergizzante tra le varie realtà impegnate nel progetto. L’unico obbligo per gli aderenti è di essere in linea con la filosofia e di essere “eticamente” impeccabili.