Sono recenti le notizie relative alle morti a causa di virus provenienti dai paesi caldi. Un bimbo di 6 anni è morto a causa della malaria, casi di Dengue si registrano a Bologna e il West Nile Disease fa registrare oltre 100 casi in Emilia Romagna. Ma questo aumento di casi è connesso con i cambiamenti climatici? Una ricerca si è concentrata nello studio della relazione fra cambiamenti climatici e West Nile Disease, rivelando che è possibile fare delle previsioni solo a livello locale, in modo che le amministrazioni possano prevenire al diffusione delle zanzare e quindi i contagi.
Gli scienziati cha hanno condotto la ricercasostengono infatti che l’influenza dei cambiamenti climatici sulla temperatura e le precipitazioni potrebbero avere un notevole effetto sulla diffusione del West Nile Disease il che suggerisce che gli sforzi della sanità pubblica per il controllo del virus dovranno avere un carattere locale più che globale. La ricerca, condotta da ricercatori dell’Università dell’Arizona, è stata pubblicata su PNAS.
Cory Morin e Andrew Comrie hanno sviluppato un modello che mette insieme i dati sulle popolazioni di zanzare e il clima per simulare la presenza nel sud degli Stati Uniti della zanzara che diffonde la febbre del Nilo. Hanno scoperto che, nell’ambito delle future condizioni climatiche previste dai modelli, molti luoghi vedranno un allungamento della stagione delle zanzare, ma la popolazione estiva delle zanzare diminuirà a causa dei climi asciutti che permetteranno a poche larve di sopravvivere.
Tuttavia, questi cambiamenti variano notevolmente a seconda della temperatura e delle precipitazioni. Ad esempio, il declino estivo delle popolazioni di zanzare dovrebbe essere significativo nel sud, ma non a nord, dove ci sarà ancora pioggia sufficiente per mantenere gli habitat di riproduzione estivi e le temperature estreme sono meno comuni. Questi risultati suggeriscono che gli studi di trasmissione di malattie e i programmi per controllare le popolazioni di zanzare portatrici di malattie devono essere mirati a livello locale al fine di massimizzare la loro efficacia, secondo gli autori.
“Era una questione aperta se il cambiamento climatico stesse consentendo alle zanzare di aumentare il contagio da virus e la risposta è che dipende dal clima e dalla posizione”, ha detto Morin.
“Una ipotesi era che con l’aumento delle temperature, le zanzare potessero prosperare”, ha detto Morin . “Il nostro studio dimostra che è improbabile. Piuttosto, gli effetti del cambiamento climatico sono diversi a seconda della regione e per questo, anche la risposta del virus sarà diversa.”
“La specie di zanzara che studiamo è subtropicale e a temperature più calde le larve si sviluppano più rapidamente”, spiega Morin . “Tuttavia, vi è un limite e se le temperature salgono oltre tale limite, la mortalità aumenta con la temperature, e anche le precipitazioni, o entrambi, possono limitare le popolazioni, a seconda delle condizioni locali.»
Nel sud-ovest degli Stati Uniti, ad esempio, le estati più calde e secche tendono a ritardare l’inizio della stagione delle zanzare, tuttavia, questo potrebbe anche tradursi in una stagione più lunga.
Al contrario, nel centro-sud degli Stati Uniti ci saranno meno zanzare perchè ci saranno meno piogge durante l’estate e l’inizio dell’autunno.
I ricercatori hanno specificato che lo studio è stato condotto su un solo tipo di zanzare che fa da vettore della malattia, ma ce ne sono anche altre e bisogna considerare anche alcuni uccelli che fungono anch’essi da vettore.
Secondo i Centers for Disease Control (CDC), il 70-80 per cento delle persone infettate con il virus non sviluppano i sintomi. Il restante 20 per cento avrà sintomi simil-influenzali per una settimana o due, mentre gli effetti più gravi sono limitati a meno dell’1 per cento delle persone infette. Fra questi effetti l’encefalite o la meningite che per lo più colpiscono gli anziani e le persone con risposta immunitaria compromessa .
Secondo i ricercatori il modello potrebbe essere utile per capire gli spostamenti delle popolazioni di zanzare e prevenire quindi a livello locale la diffusione della malattia, tenendo presenti le previsioni climatiche per le singole aree.