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Il piano del paesaggio, le Apuane e il parco

Scritto da Renzo Moschini il 11.03.2015

Tra i  molti aspetti che emergono dalle vicende del piano paesaggistico toscano ma anche dalla recente approvazione della nuova legge regionale sulle aree protette toscane passata quasi inosservata ce né uno che merita di essere ripreso senza ulteriori indugi.

E va fatto ricordando che in ragione del nuovo Codice dei beni culturali del 2004 dalla pianificazione dei parchi è stato escluso proprio il paesaggio.

D’altronde il piano paesaggistico in discussione che oggi a differenza di quanto prevedeva il PIT guarda al territorio non più esclusivamente in una dimensione  frammentata –vedi le 32 schede che allora lo accompagnarono una delle quali su Boccadarno dove era in costruzione un porto diceva nientepopodimeno ‘bel panorama sulle Apuane’- non può farsi carico di quel che la legge 394 assegnava al piano del parco ossia al profilo non soltanto ambientale ma anche socio-economico.

E qui si torna alle Apuane e alle cave. Si torna insomma anche al piano del parco delle Apuane a cui in questi mesi nessuno o quasi  a partire dagli amministratori e sindaci del parco hanno fatto cenno.

Eppure il parco delle Apuane come quello della Maremma e di San Rossore ha un ruolo soprattutto di pianificazione di valenza anche nazionale e internazionale come conferma il suo riconoscimento UNESCO. E non è certo una caso che a suo tempo il piano del parco fosse stato affidato a Roberto Gambino del Politecnico di Torino. E siccome vedo che qualcuno ha tirato in ballo anche l’appartenenza dei territori delle cave non sarà male ricordare che la pianificazione specie ma non solo dei parchi  non fa differenza tra proprietà è pubblica o privata il che vale ovviamente per le cave come per i boschi e così via. E non è male neppure ricordare nel momento in cui si discute se le decisioni derivanti dalle norme del piano paesaggistico saranno adottate dalla regione o dai comuni che già a suo tempo la regione ebbe la poco brillante idea di togliere al parco  il nulla osta per affidarlo ai comuni quasi tutti piccoli e piccolissimi. Il risultato come ricordò criticamente in più occasioni il presidente del parco Giuseppe Nardini prematuramente scomparso i piccoli comuni bussavano alle porte del parco per chiedere aiuto che il parco non era più in grado di dare sia perché non aveva più la  competenza e tanto meno  le risorse.

Il PIT è stato dunque e giustamente ‘corretto’ ma la correzione avrà un senso se i nuovi strumenti di pianificazione consentiranno di superare quella frammentazione localistica che l’abrogazione delle province ha accresciuto e accresce.

Possibile che non si colga cosa significa avere in Toscana insieme ai bacini idrografici in attesa che i distretti finalmente si insedino come stabilisce la legge tre parchi regionali e tre parchi nazionali di cui due interregionali. Certo stando a chi  –vedi Edoardo Fanucci, Matteo Tortolini a ruota di Pellegrinotti – parlano di territorio ‘ingessato’ che ha bisogno di liberalizzazioni dopo i disastri che si sono abbattuti anche sulla Toscana  i parchi sono una ‘minaccia’ davvero seria.

Ma non sono del partito che vuole cambiare verso alle cose?

Renzo Moschini

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