La Corte Europea di Strasburgo ha dichiarato che non solo le coppie infertili potranno avere accesso a trattamenti di procreazione medicalmente assistita, avendo la facoltà di chiedere di conoscere lo stato di salute dell’embrione. In questo modo sarà possibile prevenire la trasmissione di gravi malattie di cui i genitori siano portatori sani.
Si definisce per l’ordinamento Italiano procreazione assistita: ” l’insieme degli artifici medico-chirurgici finalizzati al favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dall’infertilità umana”.
Il comma 2, della ormai troppo nota legge 40, dichiara che soltanto “coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi” possono arrogarsi il diritto di cercare un figlio in modo assistito.
Vi sono poi due limitazioni: la prima sul numero massimo di embrioni prodotti che non devono mai essere più di tre; la seconda riguarda la possibilità di compiere una diagnosi preimpianto per evitare l’incidenza di malattie ereditarie.
La Corte europea ha, per la seconda volta dopo il 28 Agosto, dichiarato illegittimo l’impedimento sancito dalla legge 40 e a nulla è servito il ricorso tentato dallo Stato italiano.
Il caso viene portato all’attenzione della corte europea da una giovane coppia: Rosetta Costa e Walter Pavan che, nell’Ottobre del 2010, scoprono di essere entrambi portatori sani di una grave malattia- la fibrosi cistica- che il primogenito ha ereditato.
La coppia, che voleva avere altri figli, rivolgendosi ad uno specialista, scopre di avere il 25% di possibilità che il futuro secondogenito nascesse affetto dalla stessa patologia, il 50% che ne fosse invece portatore sano. Nasce qui la volontà di ricorrere alla procreazione assistita e alla diagnosi preimpianto.
La coppia viene presto a scoprire che questa loro volontà, motivata da una reale esigenza, non può essere soddisfatta in Italia a causa del fatto che, per la legge, il loro non risulta essere un caso di infertilità e , come tale, non è possibile né fecondazione in vitro né, tantomeno, una diagnosi prenatale del embrione.
Dopo mille polemiche e in un clima teso, la Corte si è pronunciata, oggi, in modo definitivo dichiarando “incoerente la legge Italiana in materia di diagnosi preimpianto” .
Per la legge italiana non è infatti possibile compiere analisi preimpianto ma permette tranquillamente l’aborto terapeutico se il feto appare affetto da fibrosi.
La Corte ha ribadito ciò che aveva già sentenziato in Agosto ossia che “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare” e dunque deve essere libera di prendere le decisioni che ritiene essere più opportune secondo la propria coscienza.
La sentenza ha diviso come di consueto il mondo medico e politico.
Il Comitato Cattolico Scienza e Vita ha immediatamente dichiarato che va precisato il fatto che la legge 40 non sia una legge né ideologica né confessionale – dice una loro nota – ma pensata per la tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti, ivi compresi quelli del concepito.
Carlo Flamigni– di contro- il ginecologo considerato “padre” della fecondazione assistita e componente del Comitato Nazionale di Bioetica, parla di “ottima notizia in quanto della legge 40 restano solo alcuni scheletri nell’armadio”.
“E’ una vittoria della cultura laica e un’affermazione dei diritti delle persone che vorrebbero avere un figlio. Con la bocciatura del ricorso del Governo da parte della Corte dei diritti dell’uomo, a legge 40 dovrà essere adeguata alla Carta europea dei diritti dell’Uomo, come previsto dalla sentenza della stessa Corte lo scorso 28 agosto, prevedendo l’accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita anche per le coppie fertili portatrici di patologie trasmissibili ai figli”. Sono queste le parole conclusive, dopo la bocciatura del ricorso italiano dalla corte europea, dei due legali della coppia Filomena Gallo e Nicolò Paoletti
Rosetta e Walter hanno lungamente lottato per un diritto che, da oggi, tutte le coppie, avranno grazie al loro coraggio.