Cinismo e felicità: due mondi agli antipodi che si escludono a vicenda? Per i cinici moderni, forse. Per gli antichi, non necessariamente. Pronti a condannare e a denunciare la mancanza di virtù della società, questi filosofi greci, indirettamente discendenti della scuola socratica, non predicavano solo “morte e distruzione”. Al contrario. Potrebbero persino aver “inventato” la scorciatoia per la felicità.
Visti come misantropi e profeti detrattori dell’elite, i cinici, nella percezione storica e scolastica, non godono di particolare stima e simpatia. Ma secondo Susan Prince, dell’Università di Cincinnati, questa visione, un po’ miope e pregiudiziata, potrebbe essere controvertita e persino ribaltata. Gran parte del lavoro della Prince si concentra sulla figura di Antistene, (Atene, 436 a.C. – 366 a.C.) filosofo greco, allievo di Socrate e rivale occasionale di Platone, considerato il fondatore della scuola cinica. Mentre la storia tende a dipingere Platone come un filosofo dalla saggezza senza pari, la Prince attraverso il suo studio, sostiene che egli, più verosimilmente, sviluppò le proprie idee attraverso stretti e intensi dibattiti intellettuali con i contemporanei. E Antistene era tra questi.
Platone e Antistene condividevano teorie e costumi comuni a tutti i filosofi, come il rifiuto della ricchezza e del lusso,e abbracciavano entrambi la ricerca della saggezza e della virtù. Ma i metodi di Antistene si distinguevano profondamente da quelli di Platone. Mentre quest’ultimo fondò la propria Accademia per l’insegnamento filosofico e lo studio, Antistene privilegiò un percorso breve, ma rigoroso, verso la virtù e la ricerca della felicità.
Gli insegnamenti di Antistene si sono concentrati sulla letteratura etica, come ad esempio la lettura di Omero, piuttosto che sugli aspetti tecnici della logica ed il suo metodo imponeva un nuovo e diverso atteggiamento, necessario quanto drastico. Quale sarebbe dunque la via verso la felicità autentica e duratura? Secondo Antistene, il primo passo è quello di abbandonare molte convenzioni sociali e vivere in armonia con la natura, allontanandosi dai beni materiali.
I cinici avevano dunque scoperto il modo per vivere davvero felici? Secondo la Prince, erano certamente capaci di ritagliarsi e godersi il proprio tempo libero, dedicandosi ad attività come “vedere le cose che vale la pena vedere e sentire le cose che vale la pena udire” – mutuando le parole dello stesso Antistene. Ed è in questo modo che un cinico antico poteva vivere nella beatitudine etica fino alla fine dei suoi giorni. Un cinico che si dedichi alla ricerca della felicità potrebbe oggi sembrare una sorta di paradosso. E proprio attraverso il suo studio, la Prince vuole dimostrare che la connotazione negativa associata al ‘cinico’ potrebbe essere storicamente inesatta.
“Io sto resistendo al senso moderno del ‘cinico'”, afferma la Prince, la quale si è posta un preciso obiettivo: recuperare i cinici antichi e riscattare secoli di erronee valutazioni e pregiudizi dimostrando che non si può semplicemente proiettare all’indietro. C’è infatti tutta una storia, un’evoluzione culturale che ha condotto al nostro senso moderno del termine ‘cinico’, e che muove proprio dalla tradizione negativa.
“Platone non è diventato grande da solo”, continua la Prince. Antistene era un interlocutore molto importante e non è stato sempre nemico di Platone. Il rapporto tra i due era piuttosto una sorta di rivalità tra fratelli. Rivalità o no, sembra che l’ombra di Platone sia cresciuta enormemente, divenendo più grande di quanto non fosse davvero, offuscando i contributi degli altri filosofi contemporanei. Peter van Minnen, capo del Dipartimento di Discipline Classiche al McMicken UC College delle Arti e delle Scienze, ritiene, a tal proposito, che i cinici siano sottorappresentati nell’ambito dei filosofi greci. Una volta che lo studio della Pirnce sarà pubblicato, tutti i classicisti dovranno fare riferimento ad Antistene: Platone e Aristotele non sono l’unico Vangelo nella filosofia greca.