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Marocco: partito islamico vince le elezioni, elevata l’astensione

Scritto da Chiara Pane il 26.11.2011

Marocco, come previsto il partito islamico vince le elezioni legislative. Il partito giustizia e sviluppo (PJD) si è aggiudicato circa 100 seggi sui 395 in palio e con essi anche il diritto di nomina del nuovo primo ministro.

Il PJD guidato dal Abdelilah Benkirane è entrato per le prima volta in parlamento nel 1997 (sotto il vecchio acronimo MPDC) occupando 9 seggi, ma i suoi sostenitori, anche a causa della perdita di legittimità dei partiti di sinistra, sono andati aumentando. Lo dimostra il trend positivo delle passate elezioni legislative: se nel 2002 i seggi occupati erano 42, a seguito delle elezioni del 2007 gli islamisti in parlamento erano 40. Oggi rappresentano la forza di maggioranza, ma per governare hanno bisogno di stringere nuove alleanze.

Parlando a France 24 Abdelilah Benkirane ha commentato: “E un successo. Per quanto riguarda le alleanze, lo ripeto: siamo aperti a tutti”. Benkirne ha quindi aggiunto: “ora siamo tutti obbligati a rivedere il programma per trovarne un comune, ma l’essenziale del nostro piano e di chi vorrà governare con noi è chiaro e si basa su due direttrici: democrazia e buon governo. Oggi – ha proseguito – quello che voglio promettere ai marocchini, e che io e la squadra che lavorerà con me cercheremo di essere il più seri e il più razionali possibili”.

Il PJD in Marocco rappresenta “l’islam legittimo”. Perfettamente inserito nelle dinamiche politiche della monarchia, di cui riconosce la legittimità del potere, non propugna la creazione di uno stato islamico, al contrario constata che lo stato e la società non devono essere islamizzati poiché il Marocco è già un paese musulmano. Dall’altro lato e su un piano completamente differente si situa invece il movimento giustizia e carità (JC), organizzazione semi clandestina che si piazza fuori dal sistema e dal gioco politico e che rigetta la monarchia stessa.

Il PJD, così come il partito tunisino El Nahda, si ispira al Partito per la giustizia e lo sviluppo turco. È facile affermare che proprio la vittoria di El Nahda in Tunisia, così come la forte influnza dei Fratelli Musulmani in Egitto, abbiano influito nella scelta dei marocchini. Il quadro che si sta delineando nel Maghreb è chiaro, gli islamisti sono la forza che i popoli arabi stanno invocando affinchè avvenga il cambiamento auspicato. Sicuramente ciò è legato allo storico impegno sociale dei movimenti islamisti, che da anni si occupano delle fascie più deboli e più povere della società, che spesso in questi Paesi ne rappresentano la maggioranza. Per anni nel mondo arabo gli islamisti hanno funto da veri e propri movimenti di assistenza sociale, sostituendosi ai governi nel settore del welfare state.

Per comprendere l’islamismo, evitando fuorvianti generalizzazioni, è però necessario collocare questo fenomeno nel suo contesto storico. Nel mondo arabo, la nascita e la diffusione dell’islamismo o “islam politico” vanno ricollegate ad una serie di specifici fattori sociali, culturali, politici ed economici, che la maggior parte degli studiosi riassume in tre cause principali, perfettamente elencate da Laura Guazzone: la contraddizione culturale prodotta dal modo in cui è avvenuto il contatto con la modernità occidentale e cioè attraverso il colonialismo e l’oppressione che da esso ne deriva; la rapida, ma squilibrata, modernizzazione socio-economica sperimentata dal mondo arabo dalla seconda guerra mondiale ad oggi, che non ha migliorato le condizioni di vita della maggioranza della popolazione che vive in situazione di miseria e povertà; e la crisi di efficienza e di legittimità delle ideologie e dei sistemi politici che hanno guidato all’indipendenza gli stati nazionali post-coloniali.

Al di là del risultato però la disafezione politica è stata confermata da un alto tasso di astensionismo. Il ministro dell’Interno, Taieb Cherqaoui ha infatti confermato che l’affluenza alle urne è stata del 45% degli iscritti nelle liste elettorali. Se si tiene conto che oltre 8 milioni degli aventi diritto non si erano iscritti nelle liste elettorali, significa che è andato a votare solo il 28% dei marocchini. Ormai da anni la popolazione è colpita da un senso di estraneità rispetto alla classe politica, un po’ come noi italiani… I candidati sono considerati come persone egoiste e arriviste che rubano i soldi allo stato per i loro interessi. Loro vivono in quartieri residenziali ricchi, giudano auto di lusso e i loro figli studiano all’estero. Insomma una realtà molto distante dalla maggioranza dei marocchini, poichè i più fortunati vivono in quartieri popolari, ma le fascie più povere soggiornano nelle baraccopoli dove mancano anche i servizi più elementari e la situazione igenico-sanitaria è pessima.

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