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Nasce il Sud Sudan, domani votazione all’ONU

Scritto da Chiara Pane il 14.07.2011
Sud Sudan

Crediti foto: Wikipedia, licenza Creative Commons

Il 2011 continua ad essere un anno di grandiosi cambiamenti per il continente africano, che lo scorso 9 luglio ha visto la nascita del suo 54° stato, nonché del 193° stato del mondo. Il percorso per l’indipendenza era iniziato nel 2005 con gli accordi di pace firmati in Kenya, i Comprehensive Peace Agreement, che ponevano fine alla lunga e sanguinosa guerra civile.

Il Sud Sudan – questo è il nome forse temporaneo del neonato stato – è quindi lo stato più giovane del mondo. La sua formazione segue al referendum dello scorso gennaio, a cui ha partecipato il 90% dell’intera popolazione dell’ex Sudan. Il risultato, vittoria schiacciante – 98,83% – dei favorevoli alla secessione dei territori del sud prevalentemente abitati da una minoranza di origine bantu che professa una religione cristiano-animista. La maggioranza della popolazione che abita nelle regioni del nord è invece musulmana e questo è stato da sempre causa dell’odio reciproco. Odio alimentato dai due movimenti contrapposti, il Sudan Peoples’ Liberation Movement (Splm) che premeva per il riconoscimento dell’indipendenza e il governo del Sudan che non voleva rinunciare ai giacimenti petroliferi situati nel sud del Paese.

Oltre alla nascita del nuovo stato, infatti, nella nuova capitale Giuba (o Jaba) si festeggia la fine della più lunga guerra civile del continente, durata circa 50 anni perché iniziata subito dopo l’indipendenza (1955-1956) ottenuta dal condominium anglo- egiziano, instaurato nel lontano 1898 a seguito delle spedizioni guidate dal generale inglese Lord Kitchener. L’intervento congiunto era stato organizzato per contrastare l’avanzata del leader religioso Muhammad Ahmad – il Mahdi – guida spirituale che aveva intrapreso una “guerra santa” contro l’Impero Ottomano.

I lunghi anni di guerra civile hanno talmente impoverito il paese da renderlo uno dei più poveri al mondo. Il governo centrale di Khartoum ha evitato qualunque tipo di investimento nella zona meridionale controllata dai ribelli. Nell’area manca tutto, non ci sono ospedali, scuole e neppure strade e laddove queste esistono sono per lo più sterrate; manca l’acqua potabile e più della metà della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno e lavora terreni desertici; la mortalità femminile legata al parto è la più alta al mondo.

Ma i problemi non finisco qui. Il Paese è ancora segnato da conflitti etnico-tribali. Sembra che nelle ultime settimane la comunità Dinka, a cui appartiene il neo presidente Salva Kiir, stia portando avanti un’ennesima e sistematica pulizia etnica nei confronti dell’etnia rivale Nuer. Inoltre le ingenti risorse di oro nero presenti nel territorio, piuttosto che presentarsi come mezzo per garantire un rapido sviluppo, si attestano come uno dei maggiori problemi per la futura stabilità del nuovo stato.

Le risorse petrolifere e lo sfruttamento dei proventi del greggio sono infatti una della questione poste all’ordine del giorno. Il Sudan e il Sud Sudan dovranno necessariamente trovare un accordo, poiché se il sud è ricco di giacimenti – circa i tre quarti sono situati in quest’area – al nord si trovano tutte le infrastrutture necessarie alla lavorazione e allo stoccaggio del greggio. Una delle soluzioni prospettate prevede che il sud venda a Khartoum il suo petrolio con uno sconto del 10% nei prossimi tre anni, pagando al contempo l’utilizzo delle infrastrutture. Ma non sarà un accordo facile da raggiungere, ostacolato anche dall’intervento delle multinazionali straniere che sono già all’opera per accaparrarsi il diritto di sfruttare tutte le risorse naturali di questo immenso territorio.

Si tratta dunque di un’importante traguardo, un’importante vittoria, ma i problemi da risolvere sono ancora tantissimi e l’aiuto della comunità internazionale è necessario per far risollevare questo immenso territorio il cui suolo è ricco di risorse. Nel frattempo il Paese ha già presentato la sua candidatura all’ ONU e per domani è prevista la votazione dell’Assemblea generale.

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