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Il lagunaggio in Italia è possibile, l’esempio del Parco Pineta

Ci troviamo a Castelnuovo Bozzente, all'ingresso del Parco Pineta. Siamo qui per conoscere da vicino il parco di lagunaggio, uno dei circa cento presenti in Italia

Scritto da Valeria Gatti il 01.12.2012

L’area verde si estende tra la provincia di Como e quella di Varese e ospita due bacini di fitodepurazione dell’acqua, uno risalente al 2008, quello di Pianbosco, l’altro di Castelnuovo di costruzione più recente. Vediamo, anche attraverso il video, com’è possibile, anche in Italia, depurare l’acqua in modo naturale e sostenibile.

Siamo in compagnia di Ivan Cataldo, responsabile dell’ufficio di comunicazione e stampa dell’Ente Parco Pineta, nonché dei progetti di educazione ambientale, e di Laura Sartori, ricercatrice ed esperta di impianti di fitodepurazione di aree umide, che ha lavorato a lungo all’interno dell’area verde lombarda. In Italia i parchi di lagunaggio sono una realtà ancora poco nota, ma che sta prendendo piede, viste le necessità di sostenibilità e risparmio idrico. In Francia, per esempio, i bacini di fitodepurazione permettono a una cittadina come Rochefort di autodepurarsi. Così in Germania, dove la realtà è sempre più diffusa e vengono ricreati parchi e bio-laghi esteticamente belli e dotati di passatoie per visite guidate e percorsi naturalistici.

A Castelnuovo Bozzente, come spiega Laura Sartori, esiste un depuratore che ha circa una ventina d’anni, ma è sottodimensionato per la popolazione, che consta di poco più di 850 abitanti. L’amministrazione ha quindi deciso, anni fa, di realizzare nel 2008 un primo impianto di lagunaggio per dare una mano al depuratore ad affinare la depurazione delle acque. Visti i buoni risultati, circa un anno fa è stato fatto il secondo impianto, con in previsione probabili e futuri ampliamenti. I costi di realizzazione del parco di lagunaggio si aggirano intorno a circa 160mila euro, per realizzare due vasche di 1100 mq. Anche l’Ente Parco Pineta ha voluto dare il suo consenso per risolvere una delle criticità del territorio, attraverso un modo economico e sostenibile, grazie a principi naturali, che contemplano le pendenze del territorio e il passaggio dell’acqua nei canali, e un minimo di manutenzione. Gli unici costi che un impianto di lagunaggio deve sostenere riguardano gli sfalci periodici delle piante, eventuali svuotamenti, pulizie dei passaggi se sono intasati. Per il resto questi impianti seguono proprio il ciclo naturale, con il germogliare e il seccare delle piante e le gelate invernali. La ghiaia (piccola e grossa), come un colino naturale, fa da filtro.

Il Parco Pineta ha una superficie totale di circa 4800 mq, non edificata, quindi ottima per ricreare dei bacini artificiali, grazie anche all’aiuto naturale delle falde. I torrenti qui sono effimeri, ovvero si formano e poi spariscono, grazie all’azione dell’acqua piovana. Inoltre il processo in sé sfrutta un meccanismo che in natura esiste già, di passaggio e filtro delle acque. La flora autoctona è costituita dalla lemna, comunemente nota come lenticchia d’acqua, dalla tifa latifoglia, o mazzasorda, e dalla fragmites australis, la cannuccia di palude. Queste piante, insieme ad altre come il giacinto, per esempio, sono le stesse che assorbono e si nutrono di fosforo e azoto che noi scarichiamo e vengono utilizzate per il processo di depurazione nei bacini. Piantumate da mani esperte a distanze ben precise, è infatti sulle loro radici che i batteri amici proliferano e depurano l’acqua. Come avviene il meccanismo di fitodepurazione ce lo spiega nel video realizzato in loco Laura Sartori.

L’acqua ha portato anche vita nel parco: oltre ad anfibi, che vengono costantemente monitorati dai volontari, il parco è ricco di germani, libellule e insetti di ogni sorta; aironi e picchi neri sono recentemente tornati, insieme a caprioli e cervi, che in numero sempre maggiore scendono ad abbeverarsi.

Un passo importante che unisce economia, educazione e pulizia dell’ambiente, come racconta Ivan Cataldo, responsabile dei progetti di educazione ambientale del parco “ sono presenti nel parco circa 60 chilometri di sentieri cartellonati, il sentiero delle rane, dell’acqua, delle tracce e impronte e quello degli uccelli”, un modo per far conoscere da vicino ai bambini, ma non solo a loro, ciò che la natura può offrire loro.

Tra i vari enti è l’Apat (agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici ) che fornisce le linee guida per la costruzione di impianti di lagunaggio e fitodepurazione. Come spiega Laura Sartori, tra le cose positive di un impianto di questo tipo vi sono, in primis la diluzione dei costi, possibile grazie all’ossigenazione e al rimescolamento naturale dell’acqua. Inoltre l’acqua ha norme meno restrittive rispetto al suolo in materia di sostanze scaricabili, per cui è possibile riversare più materie. I bacini di lagunaggio infine, contrariamente a quanto si possa pensare, non emanano cattivi odori, non sono ambienti malsani, non si riempiono di zanzare. Uno dei limiti? “Gli impianti di lagunaggio – come spiega Sartori – funzionano bene per un numero limitato di abitanti: grandi centri necessitano di grandi aree per realizzarli, con tutto quanto ne comporta”. Pensare di realizzare un impianto di lagunaggio per una città come Milano, equivarrebbe a ripristinare le paludi nella pianura padana.

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