Unioncamere e la fondazione Symbola hanno presentato oggi a Roma il rapporto GreenItaly che descrive il comparto della green economy italiana. Il rapporto parla di un mercato in crescita e che cresce di valore quando viene esportato.
Presenti stamane a roma alla presentazione oltre al Presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello, al Presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci, e al Segretario Generale di Unioncamere, Claudio Gagliardi, Aldo Bonomi, Direttore Aaster, Marco Frey, Professoredi Economia e Gestione delle Imprese della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Fabio Renzi, Segretario generale di Symbola, Edo Ronchi, Presidente Fondazione Sviluppo Sostenibile, Mario Catania, Ministro delle Politiche Agricole e Forestali e – con un videomessaggio – Corrado Clini, Ministro Ambiente e Tutela Mare e Territorio.
“Per far ripartire il Paese non basta fronteggiare la crisi – spiega il presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci –. Affrontare i nostri mali antichi: il debito pubblico, l’illegalità e l’evasione fiscale, le diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza, il sud che perde contatto, una burocrazia spesso soffocante. Serve una visione in grado di mobilitare le migliori energie per affrontare le sfide del futuro. È necessario difendere la coesione sociale non lasciando indietro nessuno, e scommettere sull’innovazione, sulla conoscenza, sull’identità dei territori: su una green economy tricolore che incrocia la vocazione italiana alla qualità e si lega alla forza del made in Italy. È necessario cambiare partendo dai talenti dell’Italia che c’è. Per uscire dalla crisi e trovare il suo spazio nel mondo che cambia, insomma, l’Italia deve fare l’Italia”.
Dal rapporto si evince infatti che la green economy italiana è strettamente connessa con il suo territorio e la sua storia. L’innovazione verde ha coinvolto anche i settori più tradizionali in un mix speciale che incrocia , tecnologia e cultura, attività tradizionali e innovazione.
E’ evidente che le aziende italiane sono orientate sempre più ad adottare tecnologie che riducano l’impatto ambientale e l’emissione di anidride carbonica.
Secondo l’Ocse, circa il 30% delle assunzioni non stagionali programmate complessivamente dalle imprese del settore privato per il 2012 è per figure professionali legate alla sostenibilità e la rivoluzione verde oggi interessa il 23,6% delle imprese industriali e terziarie con almeno un dipendente che tra il 2009 e il 2012 hanno investito o investiranno in tecnologie e prodotti green.
Inoltre il 37,9% delle imprese che investono in eco-sostenibilità hanno introdotto innovazioni di prodotto o di servizio nel 2011, contro il 18,3% delle imprese che non investono green. Idem dicasi per la propensione all’export: il 37,4% delle imprese green vanta presenze sui mercati esteri, contro il 22,2% delle imprese che non investono nell’ambiente.
La green economy è un investimento strategico anche sul fronte della competitività, prova ne sia la maggiore presenza sui mercati esteri delle imprese che puntano sulla sostenibilità. Ben il 37,4% delle imprese che investono in tecnologie green vantano una presenza sui mercati esteri, contro il 22,2% di quelle che non investono. Da notare come la propensione all’export delle imprese green sia in crescita rispetto alla precedente rilevazione di Fondazione Symbola – Unioncamere, quando tale percentuale si attestava alla soglia del 35%.
“L’economia verde – ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – può rappresentare una chiave strategica per superare questa lunga crisi, uscendone più forti e meglio in grado di costruire un futuro diverso, più sostenibile e più ricco di possibilità. Grazie ad un modello di sviluppo che si fonda sui valori tradizionali dei territori e dei sistemi produttivi italiani di piccola impresa: qualità, innovazione, eco-efficienza, rispetto dell’ambiente. Una ricetta che oggi dimostra di saper sposare i valori etici alla competitività e che ha il grande merito di favorire la coesione tra i territori. Una coesione che coinvolge migliaia di piccole e medie imprese, sempre più spesso operanti in rete tra loro, nel dare vita a questo che è ormai un vero e proprio “laboratorio verde” dell’Italia di domani”.