Le alghe geneticamente ingegnerizzate sono conosciute come una potenziale fonte per i biocombustibili, ma secondo i ricercatori, anche queste devono essere valutate negli studi indipendenti per i possibili rischi ambientali.
Scrivendo un articolo sull’ultimo numero della rivsita BioScience, i ricercatori dell’Università dello Stato dell’ Ohio dicono che anche gli esperti di ecologia dovrebbero essere tra gli scienziati che studiano indipendentemente ogni potenziale conseguenza di questa attività tecnologica.
“La preoccupazione principale è se le alghe geneticamente ingegnerizzate siano in grado di sopravvivere nella natura”, ha affermanto Allison Snow, la prima autrice della ricerca.
“Dobbiamo chiederci se le alghe che crescono nei grandi stagni, possano prosperare in nuovi tipi di microalghe nella natura e o mescolarsi insieme alle altre. E poi, abbiamo bisogno di capire se che sopravvivano e si ibridino o diventino più fertili quando escono da un ambiente controllato,” ha aggiunto Snow. “Se riescono a sopravvivere, abbiamo anche bisogno di sapere se, ad esmepio, alcuni tipi delle alghe blu-verdi geneticamente ingegnerizzate sarebbero in grado di produrre le fioriture algali tossiche o dannose od entrambe.”
Poiché le alghe sono molto piccole e possono essere disperse dal tempo tempestoso oppure dall’ attività selvatica, i biologi si preoccupano che gli eventuali transgeni che aiutano a migliorare la loro crescita e la loro forza potrebbero essere trasferiti ad altre specie in un modo che potrebbe sconvolgere un ecosistema fragile. “Queste applicazioni sono nuove e questi organisimi sono meno conosciuti. Questa situazione è nuova,” ha dichiarato Val Smith, professore dell’Università del Kansas e co-autore dell’articolo.
Snow ha anche condotto un altro studio nel 2002. Quella ricerca per la prima volta ha dimostrato che un gene inserito artificialmente nelle piante coltivate per respingere i parassiti potrebbe migrare alle cosidette “erbacce” in un ambiente naturale creando “erbacce” più forti.
“Speriamo di essere ascoltati dagli ecologi, i biologi molecolari e i proprietati delle aziende biotecnologiche – mettendoli insieme. C’è una comunità di persone come me che studia l’agricultura geneticamente ingegnerizzata. Questa comunità vuole sapere come interagisce con l’ambiente.Tutti noi abbiamo bisogno di cominciare con le alghe. C’è tanta pubblicità e speculazioni che disegnano le alghe come una fonte di biocarburanti e per questo è difficile valutare esattemente cosa sta succedendo. Vediamo molte indicazioni, soprattutto finanziamenti in base a cui le aziende private e il governo hanno deciso che questa fonte è importante e vale la pena di essere perseguita”, ha spiegato la scienziata.