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Luigi Boitani per M’ammalia: lupi e orsi in Italia

A Luigi Boitani, professore che “Dalla parte del lupo” si trova con la penna e con il cuore abbiamo chiesto cosa pensa della situazione dei lupi-ibridi, come stanno i lupi oggi e cosa si può fare per salvaguardare la specie

Scritto da Valeria Gatti il 19.11.2012

Questione di lupi. Non poteva mancare, per concludere la saga sui mammiferi di M’ammalia, l’opinione del biologo, scrittore e conduttore Luigi Boitani, professore che “Dalla parte del lupo” si trova con la penna e con il cuore. A lui chiediamo cosa ne pensa della situazione dei lupi-ibridi, come stanno i lupi oggi e cosa si può fare per salvaguardare la specie.

I lupi fanno parte di quei grandi carnivori perseguitati per molto tempo e diminuiti nel numero col passare degli anni, fino a scomparire in alcune aree d’Europa. La situazione attuale vede però un parziale miglioramento, con l’aumento delle foreste e delle prede registrato nell’ultimo secolo. Normative volte alla loro tutela e recupero dell’habitat idoneo alla specie hanno in parte contribuito al recupero del lupo. Al Museo delle Scienze di Trento, qualche domenica fa, Luigi Boitani ha raccontato del delicato equilibrio fra la vita dei grandi carnivori e quella dell’uomo, sottolineando quanto sia importante un’adeguata gestione nonché prevenzione di possibili conflitti.

Domanda: Ha appena partecipato a M’ammalia con una conferenza su lupi, orsi e l’interazione di questi mammiferi con l’uomo dal titolo “Convivere con lupi e orsi: sfide e opportunità”. Quale delle due specie secondo lei oggi può dirsi la più minacciata in Italia? Quale l’interazione tra i due animali all’interno dei parchi italiani?

Luigi Boitani: La specie più minacciata è sicuramente l’orso. Se si pensa che ve ne sono ancora una quarantina in Abruzzo e venticinque in Trentino. Le due specie possono convivere tranquillamente tra loro, non vi sono conflitti.

D: Per esempio, è accaduto nel Parco nazionale d’Abruzzo che i cani randagi abbiano attaccato i cuccioli d’orso: secondo lei il randagismo rappresenta oggi un problema serio per l’Italia, anche alla luce della crisi e dei crescenti abbandoni di cani e alle sempre maggiori difficoltà dei canili?

L.B.: Il caso del cucciolo d’orso finito dal cane è isolato. Sicuramente il problema del randagismo non deve essere sottovalutato, è una questione delicata e i canili sono una realtà, ma non rappresentano l’unica soluzione.

D: La problematica del randagismo è strettamente connessa a quella della formazione di canidi ibridi. Negli ultimi venti anni si sono  intensificate le segnalazioni di lupi con caratteristiche morfologiche difformi da quelle standard del lupo italiano. Con la formazione degli ibridi e la loro introgressione nella popolazione di lupo, scompare il lupo oggetto della normativa di conservazione. Recentemente la  Commissione Europea (Ufficio Biodiversità, Natura 2000) ha confermato che gli ibridi non sono protetti e dovrebbero essere prontamente rimossi per garantire la conservazione del lupo. Secondo il suo punto  di vista, il progetto Ibriwolf, che si pone come obiettivo il trasferimento degli ibridi e la sterilizzazione di cani randagi, in che modo può dirsi realmente efficace per il lupo, senza nel contempo arrecare danno a questi animali?

L.B.: Oggi i cani sono straprotetti. La legge 281, nata con intento nobile, si è poi sviluppata in modo poco logico. L’Italia ha un numero elevato di cani randagi che mettono a repentaglio il lupo stesso, attaccano il bestiame e trasmettono malattie. Gli animalisti, per parte loro, si battono per educare la gente, ma devono anche capire che la velocità del fenomeno è tale per cui, se da una parte l’educazione è una cosa fondamentale, dall’altra non risolve il problema ed è quindi necessario intervenire in altro modo, per esempio con la cattura e la sterilizzazione. Il lupo e il cane appartengono alla stessa specie, geneticamente è possibile distinguerli fino alla 2 o 3 generazione. Il progetto Ibriwolf può essere dunque efficace se si agisce a monte del problema e localmente.

D: I canidi ibridi potrebbero emigrare anche in altre aree  rispetto a quelle segnalate, ovvero su scala nazionale e internazionale (leggevo sul sito Ibriwolf.it, per esempio, in Francia) ed espandere il problema dell’ibridazione. L’incerto status normativo che caratterizza le forme ibride e le difficoltà tecniche che si incontrano nella distinzione, a livello di singoli individui, tra le forme selvatiche originarie e quelle ibridate, potrebbero creare problemi nell’arginare l’espansione. Come si potrebbe investire e agire, secondo lei, a livello statale e nazionale in via preventiva?

L.B.: La questione è complessa, non è di facile soluzione. Sicuramente partire dalla dimensione locale per arginare il problema è un passo importante. In questo senso sono le amministrazioni locali che possono fare molto, come si è visto in alcuni casi in cui hanno agito efficacemente, attraverso monitoraggi e controlli sul territorio.

D: Il cane domestico e il lupo sono interfecondi avendo una stretta affinità genetica e producono ibridi fertili. L’animale ibrido potrebbe far perdere al lupo il proprio patrimonio genetico? Come si trasforma l’animale a livello caratteriale e comportamentale? Quali le difficoltà e i problemi per sé stesso e per l’uomo? Ricordo per esempio l’episodio di due donne assalite mesi fa da un probabile lupo-ibrido nei pressi dei colli di Bologna, raccontato su Il Resto del Carlino.

L.B.: L’ibrido è uguale al lupo a livello comportamentale. Sono gli esseri umani che a volte pensano di portare a casa loro un ibrido e di considerarlo semplicemente come se fosse solo un cane più aggressivo. Invece gli ibridi sono animali instabili: finché stanno in natura non succede niente, in casa diventano inaffidabili. Poi succedono queste cose.

D: Gli ibridi causano gli stessi danni del lupo, ma la colpa è attribuita sempre a quest’ultimo, con conseguenti ripercussioni di immagine per il lupo stesso e difficoltà a confermare la sua conservazione. La minaccia alla conservazione dell’animale sembra dunque grave, non solo da punto di vista biologico. Nonostante l’apparato normativo (in 14 regioni italiane sono vigenti leggi di indennizzo dei danni causati dal lupo), la coesistenza tra lupo e attività zootecniche non si è ancora assestata del tutto e spesso il lupo resta vittima di azioni di bracconaggio messe in atto da allevatori esasperati. Come vede l’interazione uomo-lupo oggi, considerando anche la commovente storia del lupo Navarre e di tanti umani che lottano per preservarne la specie?

L.B.: Da sempre quando si parla di lupo si parla di bracconaggio. Si tratta di una reazione violenta diffusa in molte parte d’Italia, connessa alla volontà di eliminare questi animali che danno fastidio. Per esempio si riscontra ancora un aumento di bocconi avvelenati sparsi in tutta la penisola, che vanno a colpire non solo i lupi, ma anche uccelli, volpi e altri animali. La storia di Navarre è simbolica del paradigma umano che vuole sottolineare come sia importante la conservazione della natura e della specie in un ambiente selvatico. Ma non deve essere ferma al singolo caso e individuo, l’opinione pubblica non dovrebbe solo fissarsi qui, ma ampliarsi. Quest’anno, per esempio, M’ammalia ha raccolto molte adesioni, secondo me è stata un’iniziativa stupenda.

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