Al Congresso Italiano di Teriologia si è parlato ieri della nutria in termini che aprono a prospettive originali. Il dottor Mauro Ferri, veterinario della AUSL di Modena, ipotizza infatti che invece di abbattere le nutrie e poi bruciarne le carcasse, le carni di questi animali, così come accade in altri paesi e come già accaduto anche nel nostro paese negli anni ’50, potrebbero essere messe in commercio per il consumo.
La presenza della nutria nel nostro paese è relativamente recente, fu infatti introdotta negli anni ’50, a sostegno dell’allevamento integrativo del reddito famigliare della popolazione rurale. Con il crollo del mercato della pelliccia del castorino questi allevamenti sono stati abbandonati rinselvatichendosi e diffondendosi nella gran parte delle pianure del nostro Paese. Ultimamente, infatti, se ne parla soprattutto in quanto specie alloctona: si pone il problema della sua gestione visto che, riproducendosi a tassi molto elevati, è in grado di modificare in maniera consistente gli equilibri degli ecosistemi e provoca anche danni ingenti alle coltivazioni agricole.
Questo roditore, originario del Sudamerica è lì considerato come carne pregiata nelle diete locali. Anche in Germania prima della Seconda Guerra Mondiale la nutria fu introdotta per sostenere l’economia delle popolazioni rurali della Repubblica di Weimar, spiega il dottor Ferri a Gaianews.it, media partner del Congresso che si sta svolgendo in questi giorni a Civitella Alfedena.
In Germania e in Francia oggi la carne della nutria è commercializzata e infatti la normativa europea prevede un iter preciso per far sì che le carni arrivino al dettaglio con tutte le tutele sanitarie del caso.
A proposito di questo in Italia esiste un grande pregiudizio, ha spiegato il dottor Ferri: la nutria è infatti assimilata, per il suo aspetto, ad un grande topo, e a questo si associa l’impressione che sia un possibile vettore di malattie pericolose per l’uomo.
In realtà, spiega il dottor Ferri, “le cose non stanno così in quanto i tanti studi epidemiologici e monitoraggi sanitari nell’area di origine della specie e nelle area di espansione, anche in Italia , illustrano una situazione che è analoga in tutte altre specie per il consumo umano che sono gestite in tutta sicurezza, grazie a norme precise a tutela dei consumatori. Pertanto da questo punto di vista si tratta di animali normalmente gestibili in una filiera di lavorazione per il consumo umano come la selvaggina minuta.”
“Ricordo”, continuaFerri, “che nei paesi d’origine la nutria è considerata una specie dalla carne pregiata. La FAO la considera fra le specie più adatte per l’allevamento a scopo di integrazione alimentare delle famiglie rurali dei paesi poveri. Va detto anche che oggi in Italia la nutria viene abbattuta e poi smaltita da ditte specializzate nella distruzione delle carcasse animali con produzione di emissioni.”
Per la destinazione alla lavorazione e al consumo, gli attuali piani di controllo dovrebbero essere integrati dislocando sul territorio delle celle frigorifere di sosta per l’invio successivo alla lavorazione. Inoltre il personale dovrebbe essere adeguatamente formato sulle misure adatte per garantire la sicurezza alimentare.
La possibilità di aprire una filiera del consumo di questo animale potrebbe rappresentare un modo conveniente per gestire la presenza di questa specie alloctona nel nostro paese aprendo di pari passo un’interessante prospettiva economica a fronte di una riduzione o annullamento delle spese di smaltimento, ha spiegato Ferri.
Tanto più che secondo il veterinario ci sarebbe la possibilità che il consumo delle nutrie avvenga già in alcuni casi, ma per vie non legali. Dunque prima che il consumo di carne di nutria passi per vie non monitorate, sarebbe possibile cominciare a discutere negli ambiti opportuni della possibilità della messa in commercio delle carni di questo animale, già possibile per le norme vigente. Inoltre una quota di popolazione rappresentata da cittadini di origine sudamericana, sarebbe già un potenziale consumatore di questo tipo di prodotto. Ma non si esclude, secondo Ferri, che anche gli Italiani possano essere curiosi di assaggiare una carne simile a quella di altri roditori, come coniglio e lepre.
Mi meraviglio molto di questo Medico Veterinario, dovrebbe aver studiato per salvare gli Animali, perchè ha conseguito questi studi se degli Animali non gliene importa nulla ? La cultura si deve volgere al Vegetarismo, che libera l’uomo dai tumori, e che avvicina a Dio.
Gesù Cristo che era vegetariano, affermava che gli Animali sono i ns. Fratelli e Sorelle più piccoli, e si devono proteggere e non farne cibo, che Lui era venuto per abolire i sacrifici di sangue, e che Lui era in Tutte le Creature, ed Esse erano in Lui.
Anche San Francesco di Assisi gli Animali Li chiamava Fratello e Sorella.