I modelli di distribuzione delle specie potrebbero diventare strumenti sempre più utilizzati nel campo della conservazione animale. Un ottimo ed interessante esempio è il risultato di uno studio condotto da Luigi Maiorano e Paolo Ciucci, entrambi ricercatori de “La Sapienza”, e presentato nel corso dell’ultima giornata del IX Congresso Teriologico a Civitella Alfedena, conclusosi ieri e durato 4 giorni.
Quello sviluppato dai ricercatori è un modello di distribuzione della presenza dell’orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus) che evidenzia come in alcune zone esista una sovrapposizione con la presenza del cinghiale e quindi un potenziale conflitto con le attività di caccia in braccata. Potenziale, perché mentre i dati sulla presenza del cinghiale abbondano, quelli riguardanti la distribuzione geografica dell’attività di caccia non sono attualmente disponibili.
Tuttavia, sottolineano gli autori, la caccia in braccata non è che uno dei molteplici fattori che mettono a rischio la specie: questo modello non è allora che il primo di una serie di altri del genere, necessari al raggiungimento di un livello di conoscenza adeguato a fronteggiare una situazione di tale complessità.
L’utilizzo di modelli di distribuzione di una specie si traduce nella possibilità di ricavare dati utili ad identificare aree di potenziale rischio, all’interno delle quali intervenire in via prioritaria, e tali studi risultano particolarmente preziosi nel momento in cui si ha a che fare con animali, come l’orso bruno marsicano, per i quali il rischio estinzione è particolarmente alto.
Un vero e proprio strumento di conoscenza quindi, a partire dal quale impostare strategie di conservazione della specie, ma anche, come in questo caso, riformulare eventualmente le modalità di gestione venatoria a scala locale.
La caccia al cinghiale, pur essendo soltanto una delle minacce cui è attualmente sottoposto l’orso, è potenzialmente molto impattante. Non soltanto infatti esiste la possibilità che l’orso venga colpito erroneamente a morte dal cacciatore (possibilità ad oggi mai accertata), ma bisogna poi considerare che l’attività di caccia, svolgendosi generalmente nel periodo autunnale, coincide con un momento critico della vita dell’animale. Si tratta dell’iperfagia, ovvero una strategia messa in atto dagli orsi nel periodo immediatamente precedente il letargo che consiste nell’assumere cibo in grande quantità, per prepararsi al lungo sonno. La presenza del cinghiale, ma soprattutto la caccia al cinghiale condiziona negativamente gli orsi, spaventati dagli spari, nella ricerca delle fonti trofiche e durante il foraggiamento.
A partire da questi presupposti Maiorano e Ciucci hanno individuato l’area di studio nell’insieme delle aree protette di Abruzzo, Lazio e Molise dove è stata riscontrata una presenza più o meno stabile dell’animale, comprendendo anche i comuni limitrofi.
I dati di presenza dell’orso sono stati raccolti tra il 2005 ed il 2011 mediante tecniche gps, vhf, e considerando le osservazioni da parte dell’uomo, ma di questi sono stati utilizzati solo quelli relativi al periodo di iperfagia, considerato dal 1° Settembre al 30 novembre.
A partire dai dati, calibrati e resi indipendenti tra loro, è stato possibile produrre una carta di probabilità della presenza dell’orso, anche questa validata utilizzando una tecnica nota come indice di Boyce, in grado sostanzialmente di valutare la bontà predittiva di un modello.
Combinando la carta d’idoneità ambientale dell’orso con i dati di presenza del cinghiale sono emerse le aree di sovrapposizione. Visualizzando la posizione di queste aree rispetto ai confini delle aree protette, è stato quindi possibile evidenziare le zone più sensibili, ovvero quelle scoperte dalla rete dei parchi. Alcune di queste ricadono all’interno di siti Natura 2000, a proposito dei quali gli autori hanno sottolineato l’importanza di rivedere i piani di gestione: queste aree infatti, configurandosi nella maggior parte dei casi come significativi corridoi ecologici, consentirebbero, qualora si vietasse al loro interno la caccia in braccata, di ridurre notevolmente la sovrapposizione, liberando l’orso di almeno una delle numerose minacce che lo affliggono.