Si chiama DeFishGear ed è un progetto che coinvolge 15 partner in 7 paesi europei, fra cui anche l’Italia, e ha come obiettivo lo studio del problema dei rifiuti nel mare Adriatico attraverso il monitoraggio e il recupero di una parte di essi.
Ogni anno sono migliaia le tonnellate di rifiuti che finiscono nei nostri mari: in Adriatico si tratta di una delle minacce più importanti a biodiversità e economia, sia turistica che della pesca. Sono diversi ormai i gruppi di ricerca che si occupano di comprendere quali siano le conseguenze della marea di rifiuti che vengono gettati nei nostri mari quotidianamente. E’ noto che alcune specie muoiono ingoiandoli: è il caso delle tartarughe che soffocano a causa dei sacchetti di plastica, ma si studiano anche le implicazioni della microplastica sugli organismi, anche perchè le conseguenze non riguardano solo direttamente gli ecosistemi e la biodiversità, ma anche la salute umana, visto che la plastica, attraverso i pesci, entra nella catena alimentare.
Il progetto Defishgear ha come sua caratteristica principale quella di coordinare diverse paesi che si affacciano sull’Adriatico al fine di creare un insieme di dati che abbiano caratteristiche omogenee, ma anche di formare dei team di esperti a livello regionale che possano seguire il problema dei rifiuti in mare sul lungo periodo.
Fra le azioni del progetto la raccolta e la catalogazione dei rifiuti in diverse zone dell’Adriatico. In un filmato realizzato da ISPRA, in collaborazione con la squadra sommozzatori della Polizia di Stato di Venezia, alcuni volontari dell’associazione “Tegnùe di Chioggia ONLUS”, e ricercatori del Laguna Project (nell’ambito del progetto europeo Life Ghost) e dell’ISMAR-CNR di Bologna, si può vedere una squadra impegnata nel monitoraggio e recupero dei rifiuti marini. Le immagini sono state realizzate a bordo della nave oceanica Astrea.
Questa campagna in particolare si è occupata dell’area “Tegnùe di Chioggia”, dove si trovano formazioni rocciose sommerse a profondità tra 15 e 40 m., che si estendono lungo un’ampia fascia costiera dell’Alto Adriatico (costa occidentale) e che ospitano molte specie animali e vegetali tipiche dei fondi duri e che i pescatori locali hanno sempre chiamato così per la loro capacità di trattenere e rompere le reti. Per l’alto valore ecologico e la grande biodiversità che ospitano, le Tegnùe di Chioggia sono Zona di Tutela Biologica (ZTB) e Sito di Interesse Comunitario (SIC).
I sommozzatori impegnati nell’operazione hanno potuto verificare come i rifiuti siano principalmente costituiti da reti da pesca e lunghi cavi, e come la loro distribuzione sia drammaticamente ampia, coprendo vaste superfici del fondale. Alcuni di essi, tre reti e due attrezzi da pesca a strascico, chiamati “rapido” sono stati recuperati.
“Reti e attrezzi da pesca abbandonati o persi in mare possono infatti causare notevoli danni all’ecosistema e alla fauna marina (continuando ad esempio a catturare pesci e dando quindi origine alla cosiddetta pesca fantasma), oltre che rappresentare un pericolo per i sub che quotidianamente visitano le Tegnùe di Chioggia”, spiega ISPRA in un comunicato.
Defishgear è un progetto iniziato nel a fine 2013 che andrà avanti fino al 2016. Fra gli obiettivi anche instaurare cooperazioni con i pescatori e le aziende che si occupano di riciclare rifiuti e quello di sensibilizzare il pubblico al problema, La qualità dei dati raccolti, inoltre, sarà un elemento importante per orientare le azioni della politica affnchè il problema venga preso finalmente in considerazione con azioni coordinate e efficaci a livello locale e internazionale.