Lo scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis) si sta diffondendo in Umbria in maniera massiccia, al punto da portare con sé un rischio dal duplice volto, sanitario ed economico secondo quanto riportato nel corso del IX Congresso Italiano di Teriologia , che si è svolto a Civitella Alfedena, nel cuore del Parco d’Abruzzo, nei giorni scorsi.
A sostenerlo sono due studi, entrambi condotti da Daniele Paoloni, ricercatore naturalista, che approfondiscono i due aspetti della faccenda.
Lo scoiattolo grigio, specie aliena ed invasiva, che minaccia con la sua presenza l’esistenza dell’autoctono scoiattolo rosso, in Umbria sarebbe “comparso” per la prima volta agli inizi del 2000 nella zona di Monte Malbe, un SIC (Sito di Importanza Comunitaria) nei dintorni di Perugia. Le circostanze risultano ancora misteriose, ma indagini genetiche hanno recentemente avanzato l’ipotesi che il rilascio sia il frutto di azioni illegali di cattura avvenute in Piemonte.
Indipendentemente dalle origini del suo arrivo, lo scoiattolo grigio ha trovato in Monte Malbe, area boscata molto frequentata dal pubblico, condizioni di sviluppo ideali, che ne hanno favorito la riproduzione permettendogli di raggiungere densità dell’ordine dei 15 animali per ettaro. Non solo: una vegetazione idonea ha consentito allo scoiattolo grigio di diffondersi anche oltre i confini dell’area di Monte Malbe, così che da quattro anni a questa parte la sua presenza è accertata sia nella zona periferica che nel centro urbano di Perugia.
E qui suona il primo campanello di allarme, quello sanitario. “La presenza dello scoiattolo grigio in città, in periferia, o in aree boscate particolarmente frequentate come Monte Malbe”, spiega Paoloni, “si traduce in centinaia di persone che ogni giorno possono venire a contatto con una specie nuova, che non conosciamo ancora bene dal punto di vista igienico-sanitario”. Quello di cui parla è un vero e proprio contatto fisico: gli animali sono estremamente confidenti, ed incoraggiati dalle persone e dai bambini che li foraggiano, non mostrano remore nell’avvicinarsi.
In questo contesto il gruppo di ricerca ha predisposto un monitoraggio sanitario, al fine di verificare l’incidenza nella specie di diversi patogeni tra cui Adenovirus, funghi dermatofiti, ed ectoparassiti. Le analisi necroscopiche sono state condotte su 82 scoiattoli. Di questi, due esemplari presentavano lesioni riconducibili all’azione dei dermatofiti, funghi patogeni particolarmente pericolosi perché in grado, in determinate condizioni, di dare origine a Tinea, comunemente nota come tigna. Se pure non si tratta di grandi numeri c’è da considerare che i due scoiattoli sono stati ritrovati proprio nella zona di Monte Malbe, caratterizzata da densità massicce, in aumento, e molto frequentata dall’uomo.
Ma l’indagine ha approfondito anche un ulteriore aspetto, quello economico, valutando la minaccia nei confronti dell’agrosistema umbro (piante da frutto, vigneti, oliveti, castagneti e zone a vocazione tartufigena).
I ricercatori hanno messo a punto un modello di espansione della specie nei prossimi 40 anni, e tramite la sovrapposizione di mappe tematiche rappresentanti le variabili ambientali e geografiche, grazie ad un’analisi multicriteri hanno individuato le aree dove la specie potrebbe stabilizzarsi. Incrociando questi dati con una carta della vulnerabilità, è stato possibile evidenziare i territori che subirebbero i danni maggiori.
I risultati hanno evidenziato tre aree critiche: l’alta e la bassa valle del Tevere, che ospitano frutteti, e la zona dei colli perugini, nota per la produzione di vino.
Ma il rischio potrebbe non essere limitato all’Umbria: il fiume Tevere infatti, sottolinea Paoloni, grazie anche alla ricca vegetazione ripariale si presta ad essere un vero e proprio corridoio ecologico. Da qui, lo scoiattolo grigio potrebbe facilmente raggiungere altre zone come il viterbese, intaccando presumibilmente i celebri castagneti e noccioleti della Tuscia.