Chiara, quinta ginnasio a Milano, dice la sua sul sesso: “Il primo anno di liceo comincia la conta: entro 12 mesi bisogna ‘darla via’ altrimenti vieni emarginata”. Così si legge nel reportage curato da Beatrice Borromeo per il Fatto Quotidiano. Una panoramica non proprio identica a quando, ormai quasi vent’anni orsono, mi trovavo tra i banchi del ginnasio al Parini di Milano.
Non eravamo un gruppo di verginelle, né sto dicendo che siamo di fronte ad un inarrestabile decadimento ontologico che sta impoverendo i giovani. Solo che i toni, forse volutamente forti, del primo episodio di una più lunga cronaca battezzata Sex and teens stanno scatenando polemiche più o meno moraleggianti che purtroppo mettono in secondo piano il vero problema.
Chiara racconta: “Non sai quanti lunedì mattina vedo le mie amiche completamente in paranoia. Il sabato erano strafatte e non riescono a ricordarsi se hanno usato il preservativo o no. In più, non sanno chi è il ragazzo con cui hanno scopato, oppure si vergognano a chiamarlo per chiedere. Quindi le più furbe vanno in consultorio e prendono la pillola del giorno dopo – succede ogni due o tre mesi – e le altre aspettano e pregano che il ciclo arrivi”.
Delle repliche bacchettone che usano la cronaca come se fosse un dato statistico certo, non me ne faccio nulla. Va invece denunciata con forza l’ignoranza dei giovani quando si parla di contraccezione e protezione dalle infezioni virali e batteriche. Un’ignoranza che va di pari passo con la vergogna di fronte al sesso: smettiamola di far passare l’idea che pompino sia una parolaccia. Smettiamola di scandalizzarci come farebbe nonna Gina di fronte al pompino fatto al signor “non ricordo come ti chiami”. Vergogna indotta da un certo tipo di educazione e di condizionamento sociale che toglie al sesso quella leggerezza che gli è costitutiva, quella dimensione giocosa di un percorso alla scoperta di sé e dell’altro che dovrebbe sempre accompagnarci.
La scienza sta facendo importanti progressi nella prevenzione e cura delle malattie sessualmente trasmissibili. Come sapete, tra qualche tempo sarà disponibile un nuovo anello vaginale che potrebbe proteggere dal virus dell’Herpes e dell’HIV oltre a fungere da contraccettivo. Un autentico gioiello di ingegneria medica, composto da tre materiali differenti in grado di rilasciare un antiretrovirale (tenofovir) e un contraccettivo (levonorgestrel). Un grande passo avanti.
Purtroppo il mio entusiasmo è destinato a spegnersi leggendo le statistiche – non le cronache – sul comportamento dei giovani. Secondo un sondaggio condotto nel 2012 della SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) il 42% delle donne under 25 non utilizza alcun metodo contraccettivo durante la prima esperienza sessuale. Solo tre giovani donne su dieci riceve l’assistenza necessaria, mentre il restante 70% si fa una cultura medico-sessuale grazie ad amici, siti internet e altre fonti non qualificate. Se poi si passa alle interruzioni di gravidanza under-14, i dati fanno venire i capelli bianchi. E non c’è bisogno di cercare altre statistiche per immaginare cosa succede alle donne over-25. Non solo. Un’indagine condotta nel 2013 dall’Osservatorio nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza ci dice che su un campione di 1.400 adolescenti, il 19% ha rapporti sessuali prima dei 14 anni, quasi il doppio rispetto alle stime di un anno prima, e il 73% non conosce le principali malattie a trasmissione sessuale. Il 33% di questi ragazzi pensa che la loro incidenza sia addirittura trascurabile.
A meno che non pensiate che gli adolescenti siano un branco di idioti, è innegabile che c’è qualcosa che non va. Noi “adulti” abbiamo forse perso la leggerezza e non sappiamo più cosa significa giocare. Il sesso come comunicazione, scoperta di sé e dell’altro, relazione, condivisione. Sì, c’è qualcosa che non va, forse di questo si dovrebbe parlare.