l superticket insieme con l’effetto della crisi sta impattando seriamente sulla salute degli italiani, che non riescono più ad investire in salute. A stabilirlo uno studio dell’Agenzia nazionale dei servizi sanitari (Agenas) condotto su 11 nell’ambito del programma ReMoLet (Rete di Monitoraggio Lea tempestiva). Lo studio ha rivelato che i le visite per prevenzione sono in netto calo rispetto all’anno scorso.
E’ sempre più difficoltosa la vita dell’italiano che prova ad arrivare a fine mese, e che i soldi per le visite di controllo non riesce sempre a trovarli: allora decide di soprassedere. Sempre più spesso il paradosso è che con la sanità pubblica il costo del ticket è identico a quello dei centri privati dove, però, non si devono aspettare mesi per ottenere la prestazione. E’ questo il caso di chi paga il ticket di base.
Ma con l’entrata in vigore del superticket le visite di controllo per coloro che non sono nella fascia di reddito più bassa sono diventate ugualmente insostenibili.
E l risultato è che a rimetterci, paradossalmente, nel tentativo di risanare i conti sanitari delle regioni, è la salute dei cittadini: “Quest’anno per la prima volta abbiamo registrato tra i principali ostacoli nell’accesso alle cure anche il “peso” dei ticket sulla diagnostica e la specialistica” – conferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale dei diritti del malato. “I cittadini che ci contattano ritengono il superticket una “tassa sulla salute” ingiusta, che li costringe sempre più spesso a rinunciare alle cure o a rimandarle, oppure a pagare di tasca propria quando, per esempio, c’è il sospetto di una malattia grave. E i disagi maggiori li stanno affrontando coloro che vivono in Regioni sottoposte ai cosiddetti piani di rientro”.
Da un anno all’altro,secondo l’indagine di Agenas, le prestazioni specialistiche sono diminuite del 9% e di certo non perchè la salute degli italiani sia migliorata.
E più precisamente “Il calo arriva al 17,2% nella fascia di popolazione che non ha esenzioni né per patologie né per reddito” secondo il direttore di Agenas, Fulvio Moirano. “Questo dato suggerisce che, a causa dei maggiori costi delle prestazioni nel Servizio sanitario, un cittadino su cinque ha deciso di non richiederle o di acquistarle dalle strutture private (o in intramoenia)”.
Se un mammografia può arrivare a costare fino a 70-80 euro, in tempo di crisi si può capire perchè la compartecipazione alla spesa sanitaria sta diventanto un disincentivo alla prevenzione.