Non avrei mai creduto che mi sarebbe successo questo. Ho pianto per la morte dei miei genitori. Ho pianto per amore. Ho pianto di gioia. Non pensavo che avrei pianto per il lavoro. Non pensavo che sarei arrivata a più di 50 anni a piangere per l’umiliazione di immaginarmi senza lavoro, a dover dipendere da mio marito. Non immaginavo il dolore sordo nello stomaco, il dolore di sentire che non servo a nulla, che sono inutile, che mi possono spostare come un pacco, un oggetto. E in effetti sono meno utile, meno preziosa di un oggetto. La mia “colpa” è di essere fragile, di essere malata, di non seguire i ritmi imposti dal modello corrente di vita.
Non avrei mai pensato di trovarmi di fronte a una situazione senza via d’uscita apparente. Nel giro di un mese io docente, dato che sono malata, verrò spostata nella segreteria. Di che scuola? Non lo so. Magari lontana da dove abito. Io non guido per via di problemi agli occhi. Non prendo i mezzi pubblici per problemi di panico. Ho detto a mio marito “come faccio? Come facciamo noi in queste condizioni? Mio marito ha detto “Vogliono farvi fuori”. È così ora l’ho capito vogliono fare fuori noi e fare fuori le persone con handicap grave e fare fuori gli inutili ai loro occhi.
I loro occhi non sono solo quelli freddi dei tecnici, i loro occhi sono di quelli che dicono che siamo troppi, siamo troppo pagati, lavoriamo troppo poco (l’ha detto la BCE). Diranno anche che però viviamo troppo a lungo. A noi docenti malati ora tolgono la dignità, ancora di più la salute e il lavoro utile che facevamo nelle scuole. Al personale di segreteria (ATA) tolgono il posto di lavoro. Ad altri cominceranno col togliere la tredicesima, il lavoro, la sicurezza, il pane. Ai giovani hanno già tolto il futuro.
Ditelo subito che quello che ci aspetta è la perdita dei diritti. Il modello europeo non è più possibile. Almeno il mio sacrificio servisse a migliorare la vita di qualcuno che ha bisogno, invece chi è povero diventa misero, chi era a metà diventa povero, chi è ricco diventa più ricco. Io non ci sto a questo sistema, ma come faccio a ribellarmi? Non lo so. Per ora mi sono ritrovata in una stanza buia a piangere di rabbia, di umiliazione, di indignazione. Vorrei che le mie lacrime diventassero rimorsi, orrendi rimorsi per chi ci fa questo: per chi infierisce sempre sui più deboli, i più fragili, i più indifesi. D’altra parte solo dalla fragilità nascerà la forza per reagire, per resistere, per migliorare. Intanto però siamo in caduta libera, senza rete, che tristezza!
Purtroppo questo non è uno sfogo personale, la mia non è situazione particolare, siamo in guerra ha detto Monti. Siamo in guerra, prepariamoci a combattere!
Cara Maria Rosa, non abbatterti più di tanto perchè tu sei comunque una donna onesta, sensibile e in gamba. E sono sicuro che ce la farai anche in un altro ambito lavorativo, cioè in una segretetia di una nuova scuola. Inizialmente certo con più preoccupazioni e varie difficoltà, sarà dura ma vedrai che poi troverai una quadra. Quello che dici sulle gravi pratiche e scelte politiche del governo liberista di Monti è sotto gli occhi di tutti. Il fatto quasi tragico è che il suo operato antipopolare è avallato da quasi tutti i partiti: Pd – Udc – Fli – Pdl. Sì, è vero Maria Rosa, ormai siamo in guerra ma sappi che sarà combattuta da milioni di persone tra cui tu sul fronte culturale, politico, sociale. Per mantenere i diritti rimasti e maturati nei decenni, salvaguardare il posto di lavoro e la democrazia reale, la dignità personale e collettiva, riconquistare la speranza nel futuro. Continua ad essere creativa, ad amare, sognare, a lottare da sola ma anche con gli altri, e vedrai che darai ancora un senso pregnante al tuo personale percorso di vita. E sarai orgogliosa di contribuire a cambiare lo stato di cose presente. Per una nuova umanità e una società più giusta. Abbi fiducia e sii forte. Un abbraccio.
Cara Maria Rosa,
mentre leggevo il tuo testo ho temuto che si concludesse senza speranza.
Per fortuna, invece, termini con “prepariamoci a combattere!”
Conoscendoti, sono sicuro che troverai la forza per reagire e per mettere ancora una volta a disposizione della scuola le tue straordinarie doti (anche in segreteria) e non preoccuparti più di tanto se la gente non riconosce i meriti.
Purtroppo viviamo un momento critico nel quale si premiano ancora le bassezze e l’arroganza (vedi la buonuscita al “Trota” e la probabile pensione, doppia della nostra, alla “Minetti” dalla Regione Lombardia, per citare solo le ultime novità). Ma questo non deve farci abbassare la guardia e dobbiamo continuare, anche da soli, a trovare le strade per offrire in nostro contributo.
Tu dici che non sai come ribellarti, ma la strada l’hai già trovata in quello che scrivi e nella poesia.
Ti confesso che qualche volta mi tornano in mente le lotte del Sessantotto all’Università, ma i tempi sono cambiati e, anche se non ci si deve mai rassegnare, ti (e mi) affido alle parole di Bob Dylan “the answer is blowing in the Wind”.
Resistere, resistere, resistere.
Giuseppe
Maria Rosa, io non piango più, ho il vomito esistenziale, e un costante dolore alla “bocca” dello stomaco, forse per tutte le ribellioni inespresse, forse perchè non riuscirò mai a rielaborare il lutto per la giustizia che è già morta e sepolta. Secondo me il problema più grave non sono le “cose” che ci tolgono, ma la mancanza di speranza che ci propinano, e senza speranza si muore…si, si muore… ma a loro non importa nulla, perchè credono che i loro figli siano protetti, però LA RESA DEI CONTI verrà anche per loro e non avranno Pace perchè ovunque vadano non potranno mai andare lontano dal loro cuore.