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Incidenti e coincidenze

Scritto da Maria Rosa Pantè il 12.08.2013

Qualche giorno fa ho fatto un incidente stradale. Un tamponamento. E’ stato un attimo e bum! Il botto, il tuo corpo incontrollabile che sbatte, la macchina con vita propria che non si ferma. Pochi secondi, io ricordo il botto e il mio pensiero: ca..o, la macchina! In momenti di crisi uno non può evitare di pensare al lato economico. Sistemate le pratiche con l’altra persona coinvolta, accompagnata da mio marito sono andata allo studio del mio medico, mentre ero lì nella via centrale del mio paese, vedo camminare lenta davanti a me, una donna. Uguale, identica, precisa a mia madre: la stessa andatura, lo stesso modo di tenere la testa, la stessa lentezza e lo stesso bastone. Richiamo l’attenzione di mio marito e anche lui si stupisce. Perché stupirsi dirà chi legge: tua madre non poteva per caso trovarsi lì? Secondo la scienza no, non poteva, perché mia madre è morta il 5 maggio del 2010.

Puzzle

Eppure era lei o qualcuno che mi desse l’illusione che lei proprio lei fosse tornata a controllare come stavo. Il fatto che anche mio marito abbia notato l’impressionante somiglianza, può testimoniare che non ero andata fuori di testa per via della botta. Naturalmente non l’ho inseguita, non ho cercato di vedere il suo volto, l’ho lasciata andare. Ora mi chiedo perché non l’ho fermata: forse per non essere delusa, forse per rispetto verso di lei, se avesse voluto o potuto mostrarsi l’avrebbe fatto, forse perché c’è distanza tra i mondi dei vivi e dei morti e solo i morti possono decidere di colmarla, per quanto sia loro concesso.

Scrivere di queste cose proprio qui, per un sito che si occupa di scienza, pare una provocazione invece è una sorta di richiesta: ma può essere, può essere davvero che queste “apparizioni” siano coincidenze, deformazioni del nostro cervello, illusioni? 

La domanda è aperta.

Per chi volesse ecco la poesia che ho scritto in seguito a questa occasione, vorrei aggiungere che non ho avuto commozioni cerebrali, solo una contusione al ginocchio:

 

Eri tu col passo degli ultimi anni

esitante, chinato sul bastone.

Eri tu con la camicia blu cielo e

i pantaloni abbinati. La testa 

alta, i capelli radi e cotonati. 

Tutto era tuo. Dopo l’incidente

sei scesa a controllarmi

mandata da mio padre. 

Queste faccende toccano alla madre.

Così diceva: eri la sua emissaria.

Ti ho vista. Ah, t’avessi presto rincorsa,

fermata, avessi guardato il tuo viso!

Ma non si può non si può non si può 

fermare un’anima che per amore 

si interra, si incorpora nel gravame

del tempo, camminavi 

lenta e stanca. Non potevo afferrare 

le tue spalle fragili, non più avvezze 

al sole, al suono della strada estiva.

Ti ho lasciata andare, solo ho seguito

con gli occhi il tuo passo, dolcemente. 

Ti ho veduta, mamma, ero col mio amore, 

sono certa che anche per lui mio padre

ti ha inviata. Tocca alla madre e tu 

lieta di questa occasione sei scesa 

nel corpo pesante della vecchiaia, 

ma con l’anima lieve, 

lo spirito forte di chi col suo 

solo apparire tutto benedice.

 

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  • Bruno scrive:

    Commovente. Bene hai fatto Maria Rosa a non inseguire e non vedere. La vita, a volte, ci dona ciò che noi desideriamo avere.

  • Lucilla scrive:

    Le poesie di Maria Rosa mi emozionano sempre tantissimo. Questa più di tutte.
    So che è una banalità ma volevo dirlo. Lucilla