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La legge morale dentro di me… e basta?

Scritto da Maria Rosa Pantè il 15.11.2010

GattoHo letto su www.lazampa.it l’intervista al professor Marc Bekoff, etologo, che ha scritto un libro (che acquisterò senz’altro) GIUSTIZIA SELVAGGIA. LA VITA MORALE DEGLI ANIMALI, Dalai Editore.

Oltre ai molti studi che dimostrano quanto gli animali siano intelligenti (vedi il libro di Mainardi “La bella zoologia” per esempio), ora l’etologo statunitense viene addirittura a dirci che gli animali hanno un codice morale, un senso della giustizia…
Agghiacciante! Questo rende ancora più agghiacciante il comportamento tenuto nei confronti dei loro stretti parenti animali dall’uomo (lui stesso comunque animale).

Dell’intervista mi ha colpito tutto, ma c’è una parte sul gioco ch’io ho potuto constatare di persona. Ecco il passo.

L’intervistatore chiede: “ma esiste un comportamento generico che, secondo lei, rappresenti al meglio il suo concetto di moralità animale?”

Risposta: “Uno degli esempi che preferisco è quello del gioco. Quando gli animali giocano, cercano di capire e rispettare le regole, tentando di comunicare nel modo più leale le proprie intenzioni. Nel gioco onesto ci sono 4 regole fondamentali: chiedi se il tuo compagno vuole giocare, sii onesto, segui le regole e, se sbagli, ammetti l’errore. Quando i lupi giocano, si mordono, si montano, si spintonano, usano comportamenti che sono usati anche durante lotte e accoppiamenti. Perciò, visto che queste azioni possono essere mal interpretate, è fondamentale che gli animali siano chiari su cosa vogliono e cosa si aspettano”.

Io vivo in casa tre gatti: due femmine e un maschio. L’ultima arrivata è una gattona timida, cicciona, abituata a vivere con una persona anziana. Quando è arrivata da me, si è trovata catapultata nel già delicato equilibrio di due umani e due gatti. La gattona ha capito subito che, con gli altri gatti, in particolare l’altra femmina molto gelosa di me, lei non poteva competere e quindi quando incrociava uno dei due si distendeva in posizione non di sottomissione (un gatto non si sottomette), ma di fiducia. Ti mostro il mio ventre, le mie parti più delicate, mi fido. In questo modo si smontava ogni velleità aggressiva degli altri. Insomma faceva simpatia!

Ora che la gattona si è ambientata, i gatti giocano fra di loro. Difficilmente tutti e tre: di solito a due a due. E l’atteggiamento del “mi fido” viene assunto da tutti alternativamente ed è ora un preludio al gioco. Uno si avvicina e attacca l’altro, se l’altro ci sta cominciano epici inseguimenti, se no nulla, tutto si smorza, magari con qualche soffio innocuo e basta. Se però io ci sto allora il gioco si fa duro, ma mai cruento. È un miracolo di equilibrio il loro mordersi reciproco, il loro inseguirsi, il loro lottare: si tenga presente che spesso lottano la gattona di 7 chili e l’altra gatta che ne pesa la metà. Eppure quando io penso con terrore “adesso la schiaccia” tutto si ferma, le due giocherellone si sfidano a suon di… sguardi e si ricomincia…

Anche il gatto maschio, più forte, non infierisce mai. Quando uno dei gatti è arrabbiato gli altri gli stanno alla larga. Quando si vuol giocare ci si mette a pancia all’aria e si stuzzica l’altro con la zampina… tutto qui.
E si dice che i gatti siano animali poco sociali, poco capaci di comunicare e senza vere gerarchie (cosa questa che a me piace molto, in verità).

Se, come dice lo studioso, il senso morale viene anche dal senso sociale immagino come in altri animali sia sviluppato. Certo non puoi fare una carezza a uno dei tre gatti e poi non accarezzare gli altri, la percezione dell’ingiustizia si legge nel loro sguardo. Quando quest’estate abbiamo preparato per le vacanze le due femmine, il maschio, che sarebbe rimasto a casa perché meno gestibile al chiuso, ha guardato le due nelle gabbiette, poi ha guardato me e invece di andare alla porta per uscire come di consueto ha salito le scale, sconsolato, perché avendo già vissuto la cosa una volta ha capito che sarebbe stato solo per un po’.
La prossima vacanza verrà anche lui, uno sguardo così non lo reggo di nuovo!

E dunque cosa ci insegnano gli animali quotidianamente? Non parlo dell’affetto che ci danno, né della pet therapy, penso proprio a cosa possono insegnarci, come loro alla fine ammaestrano noi!

Prima di tutto il superamento del nostro antropocentrismo, mentirebbe lo specchio se ci dicesse che siamo i più belli, buoni, intelligenti del reame.

Poi il relativismo, gli animali hanno intelligenze diverse dalle nostre ed esigenze diverse, diversi modi di essere e comunicare… se lo si accetta in un animale magari lo si accetta anche nel vicino umano (anche se io lo trovo talvolta più difficile!);
L’empatia e il superamento della sola comunicazione verbale, quindi una maggiore capacità di comunicare con tutti.
La bellezza e la complessità del mondo, la gioia di farne parte e la sensazione che dividere il proprio viaggio con qualcuno tanto simile e tanto diverso da noi sia una ricchezza infinita.

Anno della biodiversità: che l’uomo si chieda “ma dove andrei senza la compagnia d’un amico animale?”

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