La musica e i gatti sono un ottimo rifugio dalle miserie della vita.
(Albert Schweitzer)
Il guaito di un cucciolo preso a calci per malvagità è molto diverso dal pianto di un bambino?
(Dino Buzzati)
Da qualche anno sono iscritta a gruppi animalisti, pertanto mi arrivano sulla posta elettronica messaggi con petizioni, proteste e notizie sul mondo degli animali.
Allarmante è il numero, l’enorme quantità di messaggi, pare che gli esseri umani non sappiano fare altro che inventare nuove forme di dileggio, di maltrattamento, di sfruttamento degli animali.
Quanti cani, gatti ecc. torturati o per puro sadico divertimento, o per noia, o per ignoranza, o per affari (loschi).
Ogni giorno segnalazioni di abbandoni con le fotografie di cani dal volto triste, tristissimo, o gatti dagli occhi spaventati.
Parlo di cani e gatti, ma gli animali abbandonati, sfruttati sono un po’ tutti.
Son cose che si sanno, ma forse, se non si è un po’ inseriti in questi gruppi, quello che sfugge è la quantità di animali maltrattati o abbandonati.
L’altra faccia della medaglia è la presenza degli animalisti, soprattutto donne, che si battono contro queste varie violenze. Queste persone spesso accolgono numerosissimi animali e spendono i loro soldi, occupano il loro tempo quasi annullandosi per questi amici.
E, anche se gli amici animali, ti sanno ripagare in modo speciale, direi “non umano” in senso positivo, spesso gli animalisti vivono male, sono minacciati e soprattutto soffrono perché per un animale salvato molti si perdono.
A leggere queste vicende viene da vergognarsi di appartenere alla specie umana, che poi è pur sempre una specie animale, solo più feroce e superba.
In particolare vorrei soffermarmi su un aspetto che mi tocca anche da vicino.
Molti appelli riguardano piccoli animali che non possono più stare coi loro umani perché questi sono anziani o malati e vengono ricoverati in strutture come le case di riposo.
In questi casi la sofferenza si eleva al quadrato perché soffre l’animale e soffre l’umano.
Faccio un esempio. Mia madre, che ora è morta e la sua gatta vive con noi (io, mio marito e altri due gatti), fu ricoverata per un po’ di tempo in ospedale. Era piuttosto depressa, ricordo che la rese felice vedere in fotografia la sua micia. Mia madre era vedova e la gatta era la sua famiglia, la sua compagnia, la sua gioia. Se mia madre fosse sopravvissuta, invecchiata e magari ricoverata in una casa di riposo come avrebbe vissuto il distacco da una parte così importante della sua affettività?
E dunque la mia proposta, che tutti dovremmo accogliere e diffondere il più possibile, è permettere a chi vuole di tenere anche durante i ricoveri il proprio animale. Nella città di Torino (http://www.comune.torino.it/regolamenti/320/320.htm) ciò è contemplato, l’ideale sarebbe diffondere questa cultura dovunque. S’intende senza sacrificare l’animale al malato o all’anziano, badando cioè anche alla salute dell’animale. Sembra un compito difficile quasi impossibile, ma credo che, come per tutte le cose complesse e importanti, quel che conta sia superare il primo gradino.
Una volta recepito questo bisogno, si sarebbe compiuto un ulteriore passo in avanti verso un vivere autenticamente civile.