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Pensieri profani sulla crisi economica

Scritto da Maria Rosa Pantè il 18.07.2011

La moneta nasce come strumento di scambio. La moneta nasce come strumento. E presto però diventa fine, scopo, meta.
Il denaro mi serve a: mangiare, far studiare i miei figli, divertirmi, avere una casa, comprare le medicine, pagare l’affitto, il televisore, l’auto … le tasse.
Il denaro mi serve in dosi maggiori, come una droga, un’assuefazione perniciosa, ad avere potere, a comprare tante case, a comprare le persone, l’affetto, la stima, a comprare il potere…
Soldi, tanti, infiniti soldi, li amo come parti di me, come pezzi della mia famiglia, come la vita, la mia vita e quella degli altri. I soldi sono la mia vita, i soldi mi servono per fare altri soldi, e fare i soldi mi serve per essere vivo. Vivo per sempre. Coi soldi compro l’immortalità.

Tutto comincia non da chi si compra la immortalità, ma da chi vuole una casa, anche una piccola casa. Oppure vuole un televisore, un grande televisore. O anche vuole una vacanza, un vestito costoso, la lavastoviglie ultimo modello. La storia comincia dal basso. Con un mutuo.
Il piccolo uomo, la piccola donna vanno nella grande banca. Sono vestiti in modo quasi dimesso e vengono accolti come principi.
Spiazzati, sono spiazzati.
Quando li cacceranno?
I due, un po’ timidi, si siedono davanti alla grande scrivania d’un uomo o una donna belli, alti, eleganti e gentili. Troppo gentili.
Vogliamo una casa, dicono il piccolo uomo e la piccola donna. Vogliamo una casa piccola come noi.
Appena dicono queste parole sentono che verranno cacciati, invece no. L’uomo/la donna eleganti e profumati quasi li abbracciano di parole e promesse. Perché limitarsi a una piccola casa. Ce ne sono di grandi, belle, sono lì a disposizione anche di un uomo e una donna piccoli come loro.
“senza garanzie?” chiedono i due…
“Senza” sentenzia l’uomo della banca.
“Non abbiamo di che pagare se non per poco tempo”
“Che importa pagherete con calma quando avrete i soldi. Ora ecco invece di soldi si usano carte di credito…pezzi di carta. Non sono d’oro, non pesano, non ingombrano, sembrano non finire mai.
Ci stanno tutti in una tessera magnetizzata, in un foglio di carta.
Il piccolo uomo, la piccola donna escono dalla temibile banca felici. Ora anche loro, indigenti, hanno una casa e non piccola, una casa grande da pagare in migliaia di comode rate.

Quanti piccoli uomini e piccole donne sono andati a comprare una casa senza i soldi non si sa. Ma da loro, vittime sacrificali, tutto è cominciato.

Tutti sono entrati in una grande bolla. Una bolla di natale, con la neve che cade se la scuoti, ma solo se la scuoti.
Tutti fermi nella bolla, in case non pagate, con carte di credito consumate e finanziamenti gonfiati gonfiati come fragili palloncini pronti a scoppiare.
Eccoli nella bolla: le case, le carte di credito, la finanza, la grande finanza, le banche…
Poi qualcuno scuote un poco la bolla e piovono cominciano a piovere soldi, denari, monete, senza valore.
Perché i soldi non sono di chi deve pagare le piccole case, i soldi non sono la pioggia che cade sui giusti e sugli ingiusti.
La bolla si gonfia, soldi per fabbricare soldi, questo è il capitalismo secondo Marx, il defunto e sotterrato Marx. Soldi per fabbricare soldi, ma ora non ci sono nemmeno i soldi, ci sono gli investimenti, i pagherò, i debiti, i subprime.
La bolla scoppia, la bolla economica, la crisi economica del 2008.
La bolla economica è una pustola.
Come la pestilenza ha i suoi bubboni, i suoi malati e qualcuno che resta sano e invoca giustizia e guarigione.
Come la pestilenza la bolla economica arriva a ondate, colpisce dove il mucchio è folto.
Come la peste ha i suoi untori: i debiti non pagati sono diventati subprime che, in complessi pacchetti azionari, sono stati immessi nella finanza mondiale. Dalli all’untore! Intanto tutto s’è infettato.
Come la peste la bolla speculativa quando scoppia uccide. La catastrofe è anche questo: disoccupazione, miseria, i senza tetto, senza televisione, senza carte di credito. Scoppiano le banche nella bolla, i soldi sono pezzi di carta da pulirsi il culo.
Sono volgare come volgare è la ricchezza. Ubris, tracotante arroganza della ricchezza.
Si può fare di tutto per la ricchezza:
vendere medicinali scaduti ai bambini;
non vendere medicinali a basso costo;
lasciare morire un oceano intasato dal petrolio;
lasciar morire popolazioni di fame;
lasciar morire popoli sotto armi convenzionali e non;
lasciar perire una terra, forse La Terra, assediata dalla nube radioattiva; affamata dalla radioattività che si semina nei campi coi pomodori; assetata dalla radioattività che finisce nell’acqua. Ne bevono i pesci, ne bevono le persone. Ma che importa: guadagnare è il nuovo imperativo categorico.

Guadagnare fino a quando? Fino a che limite? Oltre quale limite?
Un limite c’è… ed è stato superato, cosa ci resta allora? “Dovremo adattarci ad avere meno risorse. Meno soldi in tasca. Essere più poveri. Ecco la parola maledetta: povertà. Ma dovremo farci l’abitudine. Se il mondo occidentale andrà più piano, anche tutti noi dovremo rallentare. (…) Occorre accingersi a costruire una cultura della minore ricchezza” (Berselli)

Nonostante questo però tu accusi anche un innocente per i soldi. Tu vendi tuo figlio perché vuoi mangiare, ma tu lo vendi anche perché vuoi più soldi. Sterco del demonio disse S. Francesco e infatti sposò madonna povertà: e vissero felici e contenti.

S. Francesco era un santo e un folle. Il denaro serve è ovvio, ma tu cosa faresti per averne di più? E tu cosa ne faresti se ne avessi di più?
Pensiamoci…

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