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Un tema “scottante”: il caldo!

Scritto da Maria Rosa Pantè il 22.08.2011

SoleIo sapevo della bolla da prima. La bolla di calore. La bolla di caldo africano. Lo sapevo da prima. Perché d’estate io passo ore e ore davanti a siti di meteorologia cercando la previsione che mi darà i risultati più rassicuranti, cioè temperature le meno elevate possibile. Io sapevo della bolla e la temevo, perché io odio il caldo.

La bolla nonostante me, incurante di me, è arrivata e ora ci annaspo, imprecando contro il sole che non s’offusca nemmeno un momento e contro l’aria che mi soffoca. Sto nella bolla di caldo aspettando che passi. Quando il caldo è così non vivo, il caldo è una delle mie (tante) malattie…

Il caldo in tutte le stagioni.

La fatica enorme di mettere e togliere giacche e maglioni. Entro in un qualsiasi edificio in inverno e comincio a sudare, mi sento mancare, e l’ultima cosa che voglio è perdere i sensi in una banca. Io odio le banche.

Sono ansiogene nel momento stesso in cui si cerca di entrarvi. Nella mia banca mi attende una sorta di ascensore rotondo, di vetro, che non va da nessuna parte, né scende, né sale, mi ostacola e basta. Forse se avessi un’arma nello zaino suonerebbe qualcosa. Mi piacerebbe provare, ma non ho armi e non posso permettermi l’acquisto di una pistola solo per fare una prova. Finisce che mi tengono nello pseudoascensore a tempo indeterminato: come un pesce in un acquario troppo piccolo. Orrenda visione, anche perché in quella cabina rotante fa già caldo e io tento vanamente di togliere il giaccone. Ogni movimento cozza contro qualche occulto meccanismo e blocca le aperture, il peggio del peggio: chiusi, senz’aria e al caldo. Mi rassegno, sto ferma e buona buona.

Sono ancora buona nell’abitacolo dell’astronave che mi introdurrà nel salone del veicolo, il salone della banca. Dopo un tempo imprecisato, l’abitacolo mi libera, mi sputa, mi espelle come un orrendo eretico e così mi sento nella banca, caldissima. Una vera pernacchia all’ecologia e all’effetto serra: anche perché com’è ormai appurato se si entra nello stesso edificio che d’inverno è caldissimo, si scopre che in estate è freddo: il mondo dell’assurdo è qui, gli alieni sono fra noi a due passi, in qualsiasi edificio pubblico.

La scuola è un altro di questi mondi inesplorati, la grande differenza è che si muore di caldo in estate e in inverno. Ci sono delle fulgide eccezioni, quando si blocca la caldaia. Allora due sono i fatti salienti: il freddo glaciale e lo sciopero istantaneo degli studenti e delle studentesse, che pure sopportano freddi da scoperta dell’Antartide pur di fumare.

Non è raro trovare docenti che penetrano nelle aule per aprire le finestre e chiudere i termosifoni, si muovono guardandosi sospettosi alle spalle, sono cospiratori pronti a procurare raffreddori, bronchiti, polmoniti ai malcapitati studenti e ai loro colleghi. Invece chi ama il caldo in questi duri tempi, gode di maggior favore, la ragione è sua. L’amante del calorifero bollente e sfrigolante chiude le finestre incurante del colore paonazzo che tutti nella stanza assumono, incurante del fatto che per lo più gli abitanti dell’aula siano oramai quasi in costumi adamitici. Il docente infreddolito continua a fare il suo dovere con due giri di sciarpa pesante intorno al collo, emblema della sua appartenenza, del suo status di “homo o mulier gelidus”.

Nella lotta dunque facilmente soccombe chi ha caldo, perché egli o ella, in realtà ha paura del caldo, lo teme come un nemico insidioso che gli abbassi la pressione e lo porti a giramenti di testa spaventosi o addirittura a una inimmaginabile esperienza di svenimento. Il fobico del caldo teme i colpi di calore anche col sole di gennaio e non esce mai, se non in rarissimi casi di letale disattenzione, senza un berretto che copra e protegga la preziosa capa, dai colpi di sole e di calore o anche dall’emicrania, cui ovviamente il fobico da caldo è sempre soggetto.

Anzi egli offre a tutti salvifici copricapo, spesso snobbati e talvolta addirittura derisi.

Il caldo opprime il respiro, le finestre chiuse inducono il fobico a sentire la sua anima prigioniera, l’aria pare allargare i polmoni (e spesso è così): povero fobico, avrebbe dovuto vivere in un’epoca più rigida, più rigorosa anche nel clima. L’effetto serra è l’ossessione del fobico, che la vive sulla sua pelle ogni volta che entra nell’aula bollente o nella banca surriscaldata.

Il fobico vive in maniche di camicia, trascura gli amici e i parenti che vivono in luoghi surriscaldati o che non aprono le finestre. Talvolta il fobico viene abbandonato anche dal partner costretto a dormire a una temperatura vicina allo zero e con la finestra aperta.

Anche perché il fobico non sopporta la tosse che perennemente opprime il partner sottoposto o a sì glaciale trattamento.

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  • Wilson scrive:

    Caldofobico presente! Maledico il caldo dalla mattina alla sera. Tutto l’anno!!