“Non sono colpevole nel senso dell’atto dell’accusa”
Ieri era la problematica, e scomoda per certi versi, Giornata della memoria. Ho creduto fosse d’obbligo, anche per me, questa settimana fermare il corso naturale di questa rubrica per dedicarmi ad un argomento diverso, più vicino nel tempo, che ci faccia riflettere.
La prima domanda che potreste pormi è: cosa c’entra la natura con ciò che è accaduto? C’entra, c’entra eccome. C’entra perché l’occhio del filosofo, davanti agli abomini della seconda guerra mondiale -e con tale termine non intendo solo i campi di sterminio, i campi di lavoro ma anche la nascita della manipolazione delle masse, dell’opinione pubblica- resta non solo sconvolto e inorridito ma anche fortemente incuriosito. Non fraintendete il termine. La domanda che sempre ci sentiamo porre è: “Come è potuto accadere?” Domanda importante, certo. A questa però va aggiunta anche quest’altra domanda: “La natura umana è capace di questo? La natura umana può arrivare a questo grado di male?” La risposta immediata è sì. L’abbiamo visto tutti.
Da qui volevo iniziare. Per riflettere su questo problema ci concentreremo su un un testo ben preciso, dal titolo ancora più esplicito: La banalità del male.
Hannah Arendt, filosofa e giornalista ebrea si vede incaricata dal New Yorker di seguire il processo avvenuto a Gerusalemme ad Adolf Eichmann fra il 1961-1962. Da questo reportage nasce il testo suddetto.
Chi era Eichmann? Adolf Eichmann si presenta come “un borghese declassato”, entra a far parte del partito nazionalsocialista nel 1932 nel servizio di sicurezza delle SS (RSHA), dopo poco trasferito all’ufficio per le questioni ebraiche. Nel settore era considerato un esperto, in realtà non lo è affatto sottolinea Arendt: impara l’yddisch, è vero, ma aveva letto solo due libelli sulla storia del sionismo. Non aveva mai letto ad esempio il testo fondamentale del partito, il Mein Kampf.
Al tribunale dice di aver a lungo aiutato gli ebrei “a fondare il proprio stato” organizzando logicamente la loro emigrazione forzata. Nella sua ottica realizzava, così facendo, due volontà: quella del Partito e quella del popolo ebraico.
Ciò va spiegato: all’inizio infatti la Germania arriva a fare un patto con i più celebri Sionisti dell’epoca. In tale patto lo stato tedesco si impegnava a fare emigrare il maggior numero possibile di ebrei che sarebbero andare a fondare finalmente il loro stato. Dapprima localizzato nella parte orientale della Polonia e poi in Madagascar. Le cose come sappiamo non andarono affatto così. I costi erano troppo elevati anche solo per pensare di spostare 1/4 degli ebrei presenti nel territorio del Reich. Da esperto in emigrazione, quindi, Eichmann diventa esperto in evacuazioni: era lui ad organizzare i trasporti degli ebrei nei vari campi.
Eichmann dice che l’8 maggio del 1945 fu per lui una data tragica “ Con la sconfitta della Germania, sentivo che la mia vita senza un capo sarebbe stata difficile”. Era conscio del fatto che da una vita mediocre e quasi insignificante era potuto arrivare, grazie al Partito, ad un’altissima carica dello stato, piombando di prepotenza nella storia. Si diceva addirittura dispiaciuto di non esser potuto arrivare ad una carica superiore di quella di tenente colonnello.
Quello che a noi importa maggiormente è che egli si dichiara un idealista: “Se necessario ero pronto a morire per le mie idee, ho fatto tutto ciò che mi hanno ordinato i miei superiori”.
Eichmann va a far visita ad un campo di sterminio ad un suo conoscente, un certo Storfer, ma nelle sue descrizioni, sembra non rendersi conto di dove si trovi, sostiene ancora di aver migliorato la sua condizione. Non si sente in malafede. Inganna se stesso?
Nel capitolo 4, Hannah Arendt coglie la distinzione che è necessario fare: c’è un caso Eichmann e un processo Eichmann. Il processo Eichmann si concluderà con l’impiccagione, il caso Eichmann invece è destinato a restare aperto.
Come aveva funzionato la coscienza di Eichmann? Egli stesso dice che per 4 settimane, dopo l’emanazione delle Leggi di Norimberga si era sentito un po’ male, ma poi il pensiero che era prevalso era stato:”Che cosa devo fare per adempiere ai miei doveri, che gravoso compito vi è sulle mie spalle!”. Egli stesso dice di essersi sentito stupido per aver minimamente pensato di giudicare i propri capi. Chi era lui per poteva permettersi idee proprie? Ecco il punto: Eichamann aveva fatto tacere la sua coscienza perché alla conferenza di Wannasee non vedeva nessuno contrario alla soluzione finale.
Eichmann dice di fondare la propria morale su quella di Kant. Dicedi aver letto la seconda critica (vita pratica), ma fraintendendone completamente il senso. Il suo motto era: “Agisci in modo tale che, se il Furer conoscesse le tue azioni, le approverebbe”.
Quello su cui Arendt ci invita a riflettere è come il Male sia penetrante e molto semplice da accettare dalla società. Il Male aveva perso la proprietà che permette di riconoscerlo: la Tentazione. Era un male legalizzato, normalizzato e catapultato nelle coscienze dei singoli, che di conseguenza venivano annientate.
La colpa di Eichmann veniva dall’ubbidienza, che egli stesso aveva sempre elogiato come virtù.
Possiamo definirlo un mostro? Lui si è sempre dichiarato una persona normale: è questa normalità che secondo Arendt deve farci riflettere e spaventare. Egli non coglie la differenza fra bene e male, è un colpevole non all’altezza del suo crimine.
Tutto ciò è causato dalla mancanza di una riflessione singola: Eichmann non è Iago. E’ solo un uomo privo di idee proprie.
Il film che vi propongo questa settimana è l’Onda di Dennis Gansel. Se è accaduto una volta potrà riaccadere…
Ma che meravigliosa sorpresa trovarci accomunate nello stesso parere circa questo doloroso argomento. Proprio qualche settimana fa avevo seguito un servizio televisivo circa la storia delle deportazioni ed ho visto lo spettacolo di Paolini che mi ha emozionata profondamente. Ecco che ritrovo qui la mia piccola ALBA che firma questo bellissimo articolo, scritto con tale leggerezza, nonostante la serietà delle riflessioni! Brava Brava Bravissima. Come mai sono arrivata a questo sito, ti chiederai: Ebbene, confesso che ho avuto un’imbeccata da …..AGOSTINO….non quello delle CONFESSIONI ma uno in carne ed ossa molto molto piu’celebre nell’ambito della nostra poliedrica famiglia. Baci e grazie per il contributo che darai alla mia formazione filosofica