Oggi ci apprestiamo a parlare di una della opere forse più complesse dell’intera galassia filosofica occidentale: La fenomenologia dello Spirito. L’autore, come tutti sappiamo dalla puntata precedente, è il Sig. Hegel.
La difficoltà di tale testo è dovuta principalmente a due motivi. Il primo è la sistematicità quasi nevrotica che è tipica dell’autore. Ciò fa sì che tutto sia collegato e collegabile con qualsiasi altro punto del sistema. Il secondo motivo invece è motivato dalla genesi dell’opera. Essa infatti fu soggetta a varie modifiche e revisioni da parte dell’autore. Tale testo doveva avere come argomento principale la manifestazione dell’Assoluto e la sua discesa nel mondo. Poco alla volta si aggiunsero vari altri nuclei tematici. La Fenomenologia dello spirito diventa infatti anche una descrizione di una coscienza teoretica, politica, etica e morale.
Procediamo con ordine però. La fenomenologia appariva ai contemporanei di Hegel come un “fine romanzo di formazione” come poteva essere per esempio di Candido di Voltaire. Che significa parare della manifestazione dell’Assoluto? La fenomenologia si presenta come narrazione storica delle vicende dello spirito umano e dello spirito in generale che ha percorso un cammino, mutandosì e trasformandosi in qualcosa di diverso. La fenomenologia è il manifesto di questo, per sua stessa natura non è statica, ma è un percorso a tappe che prevede delle figure, vale a dire delle forme cristallizzate nelle quali la cultura, la coscienza del tempo si è fermata ed è divenuta se stessa. In questo viaggio il soggetto è la coscienza che attraversa un percorso ascensivo che ha come tappe: l’autocoscienza, la ragione e lo Spirito. Tale percorso è un cammino che intraprende ciascun coscienza umana ma anche ogni civiltà nel suo insieme. Sono questi due cammini convergenti e reciproci. Analizziamo queste tappe. Che cosa è la coscienza innanzi tutto? La coscienza è il momento in cui inizia la consapevolezza di sé, io incontro oggetti esteri a me e cerco di capirli. L’autocoscienza è la tappa successiva. Qui nasce la consapevolezza che gli oggetti esistono perché dentro di me c’è una loro immagine, sono cioè forme della mia coscienza. L’autocoscienza procede nella storia tramite un percorso conflittuale: tutte le autocoscienze tendono ad affermare se stesse. D a questo conflitto generale se ne esce soltanto con la Ragione, ossia con la consapevolezza di essere ogni di realtà, con certezza e coscienza.
La fenomenologia presenta anche alcune figure che dovrebbero aiutare a capire il processo di progressione della coscienza. Prendiamo ad esempio il rapporto servo-signore. E’ tipica del modo in cui l’autocoscienza si è costituita nel medioevo con il feudalesimo, basato su un vincolo di dipendenza che sottomette il servo ad padrone. Ciò si concretizza nel lavoro: il servo lavora per il padrone. Ma il servo, lavorando, impara e migliora se stesso al contrario del signore che resta fermo nella sua posizione. Più il servo diviene forte, più si accentuerà il conflitto con il padrone fino al rovesciamento del feudalesimo stesso. Questo è l’esatto percorso, secondo Hegel, che la borghesia ha compiuto dal Medioevo in poi.
Altra figura cara ad Hegel è quella della coscienza infelice. Così viene chiamata la coscienza del fedele cristiano, di stampo medievale. Esso dimentica se stesso per “ l’altro divino”, provocando una lacerazione della coscienza. E’ infelice perché nel proiettarsi verso il divino, non ha alcuna possibilità di raffronto. Egli è condannato alla caduta e alla sconfitta. Come se ne esce? Solo passando all’uso della ragione. L’uomo prende atto della sua infelicità e realizza la differenza ontologica fra uomo e dio. La Ragione è Spirito, vale a dire consapevolezza in se stesso e di tutta la realtà. La ragione deve diventare il segno complessivo del reale. Ciò che è reale è lo Spirito, quindi ne consegue che la ragione si deve incontrare con questo Spirito totalizzante ed esplicitarlo.
Questo in breve può essere un compendio dell’opera. Hegel scrive molte altre opere che coscientemente- per restare in tema- non analizzerò.
Mi limito solo a parlarvi del ruolo che secondo il nostro filosofo deve avere la Filosofia.
La filosofia per sua stessa ontologia è figlia del suo tempo. Per questo, per comprendere appieno ogni sua riflessione è necessario distacco. La filosofia viene raffigurata da Hegel come la nottola che sta appollaiata sulla spalla di Minerva. Essa può intervenire ed analizzare con occhio lucido le cose una volta che i fatti si sono già compiuti. Per Hegel quindi la filosofia ha un’unica funzione, vale a dire l’analisi critica dell’esistenza e di fatti storici certo, ma solo una volta avvenuti.
Per concludere, come Hegel delinea la natura? Hegel non considera la Natura in modo positivo, in quanto essa rappresenta l’idea fuori di sé, ossia è pura esteriorità. E’ il regno della contingenza. Vi saranno anche delle leggi che regolano la Natura, sostiene Hegel, ma essa non ne è cosciente, tutt’altro. La Natura agisce meccanicamente, in un modo sempre uguale. Qualsiasi azione dell’uomo sarà sempre superiore alla Natura, in quanto azione voluta coscientemente e in piena libertà.
Inizia qui il discredito della Natura agli occhi dei filosofi. Addio cari romantici…
Il film che vi consiglio questa settimana è Piazza delle cinque lune, di Renzo Martinelli.