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L’alba del pensiero, puntata 36. Ludwig Feuerbach, un filosofo dalla parte del fuoco

Scritto da Alba Fecchio il 10.06.2011

Alba del pensiero - rubrica settimanale di filosofia e naturaLa settimana scorsa ci siamo concentrati su un filosofo cristiano, Soren Kierkegaard, che pone delle forti critiche alla propria religione, dall’interno.

Oggi invece cercheremo di presentare un altro punto di vista. Sempre una critica alla religione ma scagliata dall’esterno, partendo da posizioni completamente diverse.

Il filosofo di cui oggi dobbiamo parlare è Ludwig Feuerbach. E’ un pensatore spesso dimenticato e, sottolineo, poco studiato nell’ambito accademico.

Feuerbach nasce nel 1804 in Baviera da una famiglia di origine protestante. Iscrittosi alla facoltà di teologia, la abbandona ben presto per dedicarsi alla filosofia, seppur la famiglia non sia assolutamente d’accordo.

Feuerbach deve la sua fortuna principalmente ad un’opera: “ L’essenza del cristianesimo”, pubblicata nel 1841. Tale testo resterà per anni uno dei manifesti degli ideali della sinistra hegeliana. Vediamolo più da vicino.

Il nucleo tematico del testo parte ancora una volta dalla critica al sistema Hegeliano. Hegel, secondo Feuerbach, ha rovesciato completamente i rapporti fra soggetto e oggetto. Per comprendere la realtà bisognerà capovolgere il suo sistema. Esattamente come dirà Marx “ Il mondo di Hegel è al contrario ma crede di essere nel giusto”.

L’idealismo presenterebbe quindi una visione capovolta delle cose, attribuendo l’essere all’idea e non alla realtà concreta. Alla realtà, in questo senso, viene negata la sua sostanzialità. Seguendo Hegel si giunge ad un paradosso che prevede che la realtà concreta, quella che vediamo con i nostri occhi, non esista. Essa non sarebbe vero “Essere”.

Da questa inversione di soggetti, Feurebach inizia a riflettere e si domanda la ragione di questo capovolgimento, se giovi a qualcuno e chi sia stato l’artefice effettivo nella storia dell’uomo.

La risposta che trova il nostro filosofo è semplice: questo capovolgimento di prospettive, delineato così bene dall’Idealismo, serve allo Stato,alla società, all’autorità religiosa. Serva ad assoggettare a volontà private masse, facendo passare questi concetti come naturali, giustificati e razionali.

Inizia qui la critica alla religione del nostro amico Ludwig. La frase che mi sembra giusto usare per sintetizzare il suo pensiero è questa “ non è Dio che ha creato gli uomini, ma gli uomini che hanno creato Dio”. Ecco un altro esempio di quell’inversione che poco prima analizzavamo.

Il Dio della tradizione non sarebbe altro che una proiezione che l’uomo fa della propria essenza, del proprio essere, fuori di sé. L’uomo proietterebbe fuori di sé i propri desideri assoluti di comando e controllo e li oggettiverebbe.

In questo modo nasce l’idea di un Dio simile a noi, ma onnipotente ed eterno. Feurebach non parla di trascendenza, ma soltanto di un atto creativo, umano, che porta alla nascita di una sorta di Idolo, cui tutti devono assoggettarsi.

Tutto ciò causa nell’uomo quel procedimento, che scientificamente, viene chiamato Alienazione. Essa provoca una perdita di qualcosa e una trasposizione di un sentimento o di un’emozione in qualche altro campo. In tal senso, secondo Feuerbach, la religione sarebbe la forma più alta di alienazione: l’uomo qui perde la propria identità e produce qualcos’altro che nella realtà dei fatti è sempre lui stesso, soltanto che trasposto all’esterno. Il prodotto della sua condizione finita e infelice.

Il nostro filosofo sottolinea anche che la religione, nella storia dell’uomo, sia sempre nata prima della filosofia. Questo perché essa riflette un bisogno interno dell’uomo stesso di auto-giustificare la propria esistenza. A ciò si aggiunge il bisogno di protezione dai pericoli esterni e la paura della morte. Dio è una risposta che l’uomo si auto-crea per acquietare l’animo in pena.

E’ doveroso quindi per l’uomo, seguendo il ragionamento del filosofo bavarese, uscire da questa catena di menzogne.

Dalla teologia passare quindi all’antropologia, unica scienza che può dare delle risposte soddisfacenti all’uomo “ moderno”. Tale disciplina ha un unico compito, levare la D alla parola Dio. Ciò che resta è appunto “ Io”, intendendo con esso l’uomo. E’ dentro di noi che dobbiamo cercare la verità, non in qualcosa di esterno. L’ateismo risulta per Feurbach l’unica via percorribile. Esso consiste nell’interiorizzare tutti quei pregi ( di bontà, bellezza, beatitudine) che prima erano i caratteri di Dio, e che ora devono tornare ad essere solo dell’uomo.

La critica di Feuerbach è radicale. Storicamente aprirà la strada a molte discipline che stavano nascendo, come la sociologia e quella antropologia da lui tanto predicata.

Il pensiero di Feurbach può essere più o meno condivisibile, ma credo che la sua conoscenza sia di fondamentale importanza,soprattutto perché influenzerà autori di enorme portata storico- filosofica come C. Marx e F. Nietzsche.

Il film che vi consiglio questa settimana è Vincere di Marco Bellocchio.

 

 

 

 

 

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