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Il convegno di Federparchi del 29 al 2 giugno: “Parchi, beni e risorse per l’Italia”

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 24.05.2012


Dal 29 maggio al 2 giugno al Parco Regionale della Maremma si svolgerà il Congresso Nazionale di Federparchi.
Il programma è ricco di interventi:il ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Corrado Clini, Thomas Hanson, presidente di Europarc Federation, il prefetto Franco Gabrielli, capo dipartimento della Protezione Civile e Cesare Patrone, capo del Corpo forestale dello Stato.
Interverranno, inoltre, Antonio D’Alì, presidente della Commissione Ambiente al Senato, e i membri della Commissione Ambiente al Senato, i senatori Roberto Della Seta e Francesco Ferrante. Il senatore Altero Matteoli membro della Commissione Lavori pubblici e Comunicazioni al Senato, e l’onorevole Ermete Realacci, membro della Commissione Ambiente alla Camera dei Deputati saranno invece intervistati sul ruolo dei parchi come risorsa per il Paese da Margherita De Bac, giornalista del Corriere della Sera, e Giovanni Valentini, giornalista de La Repubblica.

Il convegno ha il titolo: “Parchi, beni e risorse per l’Italia. Tutelare la natura, promuovere la Green economy”.

Il documento programmatico congressuale è teso a dimostrare che i Parchi possono contribuire ad affrontare la crisi economica del Paese. Questa crisi secondo Federparchi “è una crisi strutturale di lunga durata e che ha le sue origini più profonde nella logica che ha presieduto alla crescita dell’occidente (tuttora copiata e praticata anche dalle nuove potenze emergenti) la quale finora non ha considerato i costi ambientali e il senso del limite nell’uso delle risorse naturali del pianeta. Questa crisi, però, si presenta ed è il riflesso di una grave crisi ambientale. In sostanza, la natura ci sta “chiedendo il conto”. E continua “Purtroppo manca quasi del tutto, in buona parte del corpo sociale, la percezione dei riflessi prodotti dal- la crisi ambientale sull’economia e sulla qualità del- la vita. E tutto ciò avviene nonostante già da tempo siano chiare le cause della crisi ambientale in atto e le relative responsabilità, oltreché gli effetti negativi prodotti sulle risorse naturali. Infatti, sul piano scientifico, in questi ultimi anni sono stati messi a punto dei modelli molto precisi capaci di contabilizzare i valori anche economici dei servizi ecosistemici resi dalla natura ed i danni, anche finanziari, che la loro perdita, o la diminuzione della loro efficienza, indu- ce sui sistemi economici e sociali. Solo riconoscendo il reale valore della natura sarà possibile ampliare il concetto di “capitale” per includervi anche quello sociale, umano e naturale.”

Per affrontare i tagli, Federparchi auspica che sia possibile l’autofinanziamento delle aree protette. Questo argomento è stato molto discusso perchè è molto labile il confine fra ciò che si ritiene un’attività “sostenibile” in un’area protetta e ciò che invece è inccettabile perchè contraria alla mission della conservazione della natura. Dice Federparchi che l’autofinanziamento può essere pensato “come forma di integrazione alle risorse pubbliche che devono essere sempre garantite per il funzionamento delle aree protette. In altre parole, la nuova fase che si è aperta costringe le aree protette ad una profonda riflessione per cambiare, anche radicalmente, il modo di essere e di lavorare, senza per questo perdere di vista le tante cose buone fin qui realizzate.”

L’autofinanziamento era argomento nato in seno alla discussione sulla modifica alla legge quadro sui parchi, la 394/91. Nel documento del congresso Federparchi conferma la propria volontà di modificare la legge per renderla più adatta e aderente alle necessità dei tempi attuali.

Nell’affrontare la crisi economica del Paese non vanno sottovalutate risorse quali il paesaggio, i beni culturali, l’ambiente: in questo senso le aree protette, nelle quali, oltre a grandi patrimoni ambientali si trovano moonumeti storici e artistici di grande pregio, devono avere un ruolo determinante.

Già tanto lavoro è stato fatto, secondo Federparchi, per la conservazione della biodiversità, e cita “Progetti di reintroduzioni ben realizzati, e portati avanti su una solida base scientifica, hanno consentito la ricomparsa in molti territori di specie localmente estinte nel secolo scorso: Gipeto, Orso bruno e Stambecco sulle Alpi, Pollo sultano in Sicilia, Grifone in Sicilia e nell’Appennino, Falco pescatore in Maremma, Camoscio appenninico in Ita- lia centrale. Questi progetti ben riusciti hanno avuto sempre come protagoniste le aree protette italiane, spesso accompagnate dalle associazioni ambientaliste e da altre istituzioni, e sempre con il supporto decisivo del mondo scientifico.

Inolte i parchi hanno funzione di protezione e gestione dell’acqua per le aree urbane e della cattura di CO2 attraverso le foreste e non ultimo di tutela della biodiversità. Secondo Federparchi in quest’ambito c’è ancora molto da fare perchè nonostante la presenza delle aree protette nel nostro paese “continua l’erosione della biodiversità dovuta essenzialmente a cause antropiche quali la frammentazione degli habitat, il peggioramento della qualità delle acque, l’incremento delle specie alloctone, la diminuzione dei suoli coltivati e di quelli ancora naturali, a seguito della progressiva urbanizzazione, ma soprattutto a causa dei cambiamenti climatici in atto.”

Dopo l’approvazione della legge quadro 394 del ’91 secondo Federparchi “dall’inizio dei primi anni del 2000 invece è progressivamente iniziato un vero e proprio appannamento dell’attenzione delle istituzioni statali e regionali verso le aree protette; istituzioni che hanno via via ridotto le risorse e gli impegni a favore del sostegno delle politiche per la valorizzazione del nostro patrimonio naturale. In questi ultimi anni addirittura, attraverso la riduzione drastica dei finanziamenti pubblici, è stato messo a rischio lo stesso funzionamento ordinario delle aree protette, in generale, e con particolare drammaticità di quelle marine. Ha preso poi corpo a partire dal 2000, da parte di autorevoli livelli istituzionali, una logora e culturalmente banale campagna sulla natura vista unicamente come business economico, da cui si è fatta derivare l’illusoria possibilità di potere sostenere le spese per le aree protette attraverso, principalmente, il loro autofinanziamento, giustificando così una sorta di disimpegno dello Stato dai propri obblighi più elementari.

Eclatante il caso delle aree marine protette, oggetto anch’esse della discussione sula modifica della 394 e attualmente in gravi difficoltà finanziarie a causa dei tagli: Anche su questo Federparchi si esprime chiaramente: “Lo stesso impegno finanziario teso prevalentemente alle azioni di conservazione che viene profuso per le aree naturali terrestri deve diventare una priorità anche per le aree marine. Non può essere la differenza dello strumento gestionale per le aree marine, la motivazione di questo diverso atteggiamento da parte del Governo centrale in quanto la finalità della conservazione della natura è comune ad entrambi. Per questo occorre risolvere, con estrema urgenza, le problematiche relative al reperimento di finanziamenti adeguati a garantire un flusso minimo vitale per le aree marine protette che oggi non sono in condizione di garantire neanche le essenziali funzioni previste dai decreti istitutivi.

Alla situazione di difficoltà Federparchi chiede alle aree protette di reagire con un’apertura: nei confronti dei più alti livelli istituzionali, nei confronti degli enti locali e delle persone che nei parchi ci vivono. La speranza è quella di creare un gestione coordinata e integrata che non consideri un parco come avulso dal suo contesto territoriale.
“Ampliare la partecipazione è un dovere innanzitutto verso gli operatori dell’agricoltura e della pesca che nelle aree protette vivono, traggono la loro fonte di sostentamento e spesso sono anche proprietari del territorio. A questi cittadini occorre riconoscere dei diritti in più e occor- re dare risposte precise alle domande, spesso legittime, che essi pongono e che troppo spesso rimangono senza risposte adeguate.
“Per questa la loro ipotetica presenza negli organismi di gestione costituisce oramai un’esigenza imprescindibile per dare corpo ad una prassi gestionale davvero inclusiva e partecipata.”

Federpachi ricorda inoltre l’importanza della Rete 2000 “Dopo avere accumulato gravi ritardi, finalmente molte delle Regioni del nostro Paese stanno ora predisponendo gli strumenti di gestione dei siti della rete Natura 2000 (misure di conservazione sito spe- cifiche e piani di gestione) insieme alla designazio- ne delle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e alla impostazione, sulla base delle linee guida nazionali che saranno emanate dal Ministero con l’apporto di ISPRA, del sistema di monitoraggio della biodiversi- tà, così come ha previsto la Direttiva Habitat.

Circa la metà della superficie di Rete Natura è ricompressa all’interno delle aree protette. Questo dato da solo dimostra l’importanza che rivestono le aree protette per la gestione di Rete Natura e la ra- gione per la quale le aree protette debbano sentirsi pienamente impegnate nella coerente attuazio- ne delle direttive comunitarie “Uccelli e Habitat” e quindi della Rete.”

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