Il FAI sta conducendo una campagna per salvare la cultura dimenticata dai tagli del governo. Due euro con un sms per il recupero del patrimonio artistico e paesaggistico. Si tratta di una coincidenza ovviamente non casuale con il ritorno di fiamma dell’idea di svendere i nostri gioielli di famiglia per far cassa. Un’idea non nuova che conferma -se ce ne fosse ancora bisogno- l’irresponsabilità di chi ci governa.
Se si scorrono i nomi dei luoghi e dei monumenti tra i tanti e noti a cui il FAI fa riferimento si trovano ambienti e monumenti inclusi in parchi ed aree protette anche importanti; dai Colli Euganei alle 5 Terre. Ma anche per loro vige la legge del taglione i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti. I tagli ai parchi e alle aree protette non meno degli altri danno l’ idea di una situazione che rischia davvero di avvitarsi rovinosamente su se stessa.
E qui rifarsela con la congiuntura particolarmente allarmante per il nostro paese non basta, anzi appare chiaramente pretestuoso. Quando poco più d’un anno fa si cominciò a tagliare, il ministro Prestigiacomo si affrettò ad aggiungere che se il presente era poco allegro il futuro prossimo per i parchi sarebbe stato anche peggiore. Dopo queste sconcertanti precisazioni e dato il via ai tagli risultanti in molti casi paralizzanti si è fatto un ulteriore passo avanti nello smantellamento delle nostre aree protette, mettendo sempre più in chiaro che essi non possono illudersi di far conto unicamente o prevalentemente sulle risorse dello Stato e delle Regioni.
E che non fosse soltanto un vago proposito lo si è visto quando nel testo del Senato sulla riforma (affossamento) della legge 394 l’ente parco dovrebbe ingegnarsi a trovarsi soldi attraverso progetti privati da cui il parco dovrebbe trarre una propria parcella. Insomma il parco non deve fare quello che gli compete in base alle sue finalità, ma quello che può portargli soldi anche per riparare l’ambiente che evidentemente risulterebbe danneggiato da interventi incompatibili specie per un’area protetta. Ho letto nell’editoriale di Piemonte Parchi dell’assessore ai parchi William Casoni, che ‘Non è più eticamente sostenibile, infatti, che i Parchi vivano solo di risorse pubbliche e vedano i proprio bilanci integralmente sostenuti (salvo qualche raro caso) delle rimesse regionali’.
Quando il sindaco di New York tra tanti tagli non ne ha previsto alcuno per il Central Park evidentemente ha sbagliato di brutto sul piano etico. E sbagliarono pure quelle Regioni che prima anche della 394 di quei bilanci si fecero carico, non pensando certo di infrangere qualche regola etica che ora vorrebbe che i parchi cercassero soldi più che gestire il territorio. Insomma un parco ‘esattore’ e un po’ ‘accattone’.
Per fortuna capita di leggere anche cose meno allarmanti, ad esempio, su Il Trentino la rivista della provincia autonoma di Trento che dedica un servizio al 30% di aree protette trentine, una ricchezza da aggiungere a foreste a pascoli. Evidentemente Trento non considera i soldi messi in bilancio a sostegno di questo grande patrimonio eticamente scorretta.
Ecco perché lo Stato e le Regioni (e il Senato) devono farsi carico senza ipocrite scuse di un patrimonio nazionale che non può essere messo all’asta e sperperato.
Renzo Moschini