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Tutelare la natura: una questione politica?

La tutela della natura in Italia passa anche per le aree protette. Oggi una legge vorrebbe che i direttori delle aree protette fossero nominati dai politici

Scritto da Federica di Leonardo il 30.01.2013

Si è tenuto pochi giorni fa, lo scorso 25 gennaio, a Roma, il convegno nazionale dell’associazione dei direttori e dei funzionari dei parchi (AIDAP). Al centro del convegno, moderato dal giornalista Antonio Cianciullo di Repubblica, la figura del direttore di Parco.

Foto: Maria di Gregorio

Foto: Maria di Gregorio

I parchi nazionali in Italia sono 23 e 23 sono i direttori di parco, senza considerare i parchi regionali che sono più di 100.

Il dibattito del convegno intitolato, “Il Direttore di Parco: ruolo, funzioni e prospettive”, al quale hanno partecipato anche le associazioni ambientaliste, WWF,  Legambiente, Lipu, Federculture, Federparchi e l’Associazione del personale dei Parchi, 394,  ha ruotato attorno ad alcuni temi fondamentali fra cui la formazione e la preparazione dei direttori e la modalità con cui vengono scelti.

Antonio Ciaciullo ha sintetizzato il problema in una domanda: “Fareste dirigere un wine bar da un astemio?”

Un direttore, ci ha spiegato Antonino Miccio, presidente di AIDAP “garantisce la gestione ordinaria e straordinaria dell’ente per tutto quello che afferisce alla sfera amministrativa (costi, bilanci, personale, etc.), ma anche per quello che afferisce alla sfera scientifica e di tutela ambientale. Senza dimenticare i rapporti con gli stake holder e la promozione del territorio e del turismo sostenibile.  Ed il tutto senza l’ausilio di figure dirigenziali essendo il direttore l’unico dirigente dell’ente.” Competenze molteplici e specifiche sono dunque richieste ad un direttore di un parco.   

Attualmente, ha spiegato Miccio, ” i direttori vengono scelti, ai sensi della legge quadro 394/91, tra gli iscritti al ruolo degli idonei a svolgere tale funzione. Da tale albo il Consiglio direttivo del Parco individua una terna che viene sottoposta per la nomina al Ministro dell’Ambiente. Il concorso per l’iscrizione a tale ruolo non viene indetto da tanto, per tale ragione forse oggi l’elenco è un po’ obsoleto.”

Stanti così le cose, i direttori dei parchi vengono scelti fra uno stesso gruppo di persone, senza che ci sia ricambio e limitando necessariamente la possibilità di scelta. Si tratta di 273 persone di cui la stragrande maggioranza inserita nell’albo entro il 2004 (solo 8 successivamente) di cui solo 44, cioè il 16,8% sono donne.

Abbiamo chiesto inoltre a Antonino Miccio quali sono i criteri con i quali viene valutato l’operato di un direttore di Parco. Il presidente ha spiegato che “esiste un organismo indipendente di valutazione che viene nominato dalla componente politica”, e che “per quanto riguarda l’efficienza esistono molti parametri, ma non sono necessariamente codificati ed omogenei per tutti.”

In questa situazione piuttosto stagnante una proposta di legge vorrebbe che il direttore venisse nominato direttamente dal presidente del parco – che è nominato politicamente – facendo quindi diventare anche la nomina del direttore solo una nomina politica. (ora invece la nomina, pure avendo una componente politica lascia più margine alla valutazione delle capacità dei direttori).

AIDAP, attraverso il suo presidente, su questo ha una posizione chiara: “Nell’interesse della natura che tuteliamo, riteniamo che il direttore debba poter lavorare senza subire condizionamenti e che tutte quelle modifiche che aumentano il peso della politica nell’individuazione del direttore o che abbassino il livello di professionalità necessario alla selezione siano deleterie.”

La situazione sembra delinearsi dunque in un mancato affinamento di criteri e meccanismi di selezione dei candidati e di valutazione dei risultati che i direttori producono.

Oggi, forse sotto la spinta della crisi economica, dei tagli, della corsa alla green economy come panacea per il rilancio economico, si spinge perchè l’operato di quelli che dovrebbero essere dei tecnici, possa essere influenzato dalle necessità politiche.

L’Associazione 394 del personale dei parchi, preparandosi agli Stati Generali delle Aree protette scrive: “Ma poi, perché c’è bisogno di modifiche sostanziali a prescindere?  Quali sono le vere ragioni? A chi giova?  Qualche esempio. Se le finalità delle aree protette non si vuole più che siano quelle dei primi articoli della Legge, perché non lo si dice chiaramente e si propone la modifica dell’art. 1? Si vuole che i parchi privilegino soprattutto l’ “economia”? Lo si dica, perché oggi non è così, le attività economiche sono subordinate alla conservazione di ambiti speciali. Vogliamo che i parchi si auto-finanzino con le royalty sugli impianti impattanti? Si ammetta l’evidenza, e non si dica che lo Stato non ha qualche spicciolo per i parchi, non è questo il motivo. Nemmeno la cultura si autofinanzia ma, come le aree protette, moltiplica gli investimenti e favorisce la crescita dei cittadini, e dà reddito.”

Diverse dunque le visioni per le aree protette e diverse le necessità che le muovono. “Fareste dirigere un wine bar da un astemio?”, è una metafora per fare capire che la conservazione degli ecosistemi ha bisogno di specialisti, ma non solo. 

Potrebbe una nomina politica influire sulla capacità di un dirigente? Sicuramente questo ha più possibilità di accadere se continueranno a mancare metodi di valutazione oggettivi dei risultati prodotti.

Ma il problema diventa più complesso se le finalità non sono chiare. Perchè esistono le aree protette? Se esistono per salvaguardare foreste in un paese ad altissimo rischio idrogeologico e con altissimi tassi di inquinamento in molte città, se esistono per salvaguardare fonti d’acqua dall’inquinamento, se esistono per preservare la biodiversità, allora stiamo parlando di preservare la nostra salute, l’aria che respiriamo e l’acqua che beviamo, stiamo parlando di beni comuni e in ultimo, di preservare la vita umana. Stiamo parlando di beni e servizi ecosisitemici prima che si trasformino in una non ben definita “green economy”. Se i direttori dei parchi servono a questo, se un’area protetta serve a questo, allora forse la domanda più corretta sarebbe: “Se aveste un tumore aggressivo, vi fareste curare da un medico di cui non potete valutare le competenze?”.

 

Ultima modifica: 15,57 del 30 gennaio 2013

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