A partire da ottobre 2011 si è costituito il Tavolo Tecnico sulla caccia così come previsto dal PATOM ( Piano di Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano). Il Tavolo Tecnico può essere considerato una sorta di prosecuzione del tavolo che si era costituito per stendere la parte relativa alla caccia durante la redazione del PATOM. I tecnici hanno lavorato tenendo in considerazione solo la Zona di Protezione Esterna nella logica del “progetto pilota”. Gli esperti hanno diviso la ZPE in zone chiamate C1 e C2. Alle due categorie corrispondono diverse prescrizioni per la caccia. Se i risultati di questa sperimentazione dovessero essere giudicati positivi, il modello potrebbe essere applicato, con le dovute modifiche, ove necessarie, anche alle altre zone di presenza dell’orso.
Il Tavolo Tecnico riunitosi per la prima volta a ottobre 2011, è formato da tecnici di diversa provenienza. (Università la Sapienza di Roma, Provincia di L’Aquila, Regione Abruzzo, Corpo Forestale dello Stato, ISPRA, Parco Nazionale d’Abruzzo).
Inizialmente, ed è stato un processo che ha richiesto del tempo, i tecnici si sono dotati di un metodo comune e hanno poi redatto un piano di lavoro.
Il dottor Andrea Monaco presente nel Tavolo Tecnico come esperto di gestione del cinghiale, che ha redatto, per l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e il Ministero dell’Ambiente, le linee guida nazionali per la gestione del cinghiale nelle aree protette, ha dichiarato: “Il presupposto principale da cui siamo partiti è che, pragmaticamente, non è pensabile sospendere la caccia in tutte le zone di presenza dell’orso e forse non sarebbe neanche sensato limitarsi alla chiusura della sola caccia, visto che non è possibile dire sia l’attività umana più impattante per l’orso marsicano”.
A proposito dei lavori del Tavolo, il dottor Paolo Ciucci , dell’Università La Sapienza di Roma ha dichiarato: “Lo scopo principale, piuttosto che l’obiettivo specifico, è stato ed è tuttora quello di valutare se esiste la possibilità di promuovere forme di prelievo venatorio che siano, innanzitutto, realmente compatibili con la situazione di rischio in cui versa la popolazione di orso bruno marsicano; ovviamente un’eventuale modifica del regime venatorio ai fini di un’adeguata tutela dell’orso deve poter contare su riforme pienamente condivise con la comunità dei cacciatori ed il pubblico in generale.”
Paolo Ciucci ci tiene a sottolineare che il processo è costituito da due momenti: il primo, “una prima discussione e valutazione di carattere prettamente tecnico (e quindi non politico o sociale), che prenda in esame le varie opzioni ed alternative di gestione venatoria (mezzi e modalità di prelievo, tempi, densità di cacciatori, modalità di controllo e monitoraggio etc. etc.) in relazione allo stato attuale della popolazione di orso bruno marsicano e quanto sappiamo della sua ecologia e conportamento”.
Il secondo momento, è conseguenza del primo, e cioè alle “indicazioni (e alternative) gestionali fornite dal TTR e quindi di carattere tecnico”, deve seguire un “momento di discussione sociale al fine di facilitare la condivisione e quindi l’implementazione sul territorio delle modifiche da attuare al sistema attuale.
“Il TTR si occupa del primo aspetto – continua Ciucci -, mentre il secondo non è di pertinenza esclusivamente tecnica e riguarda essenzialmente le altre parti sociali, come le amministrazioni ed i rappresentanti dei vari gruppi di interesse. Il tentativo è anche quello di cercare di coinvolgere e responsabilizzare il mondo venatorio nelle problematiche di conservazione di questa popolazione di orso ad elevato rischio di estinzione, o perlomeno cercare di farlo più di quanto non lo sia stato fatto nel passato.”
“Siamo convinti – aggiunge Ciucci- che, nonostante gli ovvii problemi, ci deve essere la possibiltà di uscire dalla logica dello scontro continuo e del ricorso e controricorso: questo approccio non fa crescere nessuno e sicuramente non fa bene né all’orso né al raggiungimento di un’adeguata gestione e pianificazione venatoria per tutte le specie di interesse venatorio. Una logica di crescita e di confronto su questi temi può forse dare risultati diversi rispetto a quanto finora osservato; tutto ciò, del resto, oltre ad andare sicuramente oltre il mandato e le possibilà del TTR, è in mano a chi ha la responabilità di coordinare ed amministrare un processo decisionale e di confronto sociale esplosivo ed altamente conflittuale.”
Caccia e orso marsicano: un problema aperto
La caccia al Cinghiale. Secondo Andrea Monaco “la caccia in Abruzzo non è un’attività residuale ma, anzi, ha una notevole importanza.”
“Ciò di cui ci siamo occupati -dice Monaco- è stato costruire un quadro conoscitivo sul contesto, sulle correnti modalità di gestione, sulle norme regionali, sulle modalità di prelievo sul territorio, con un focus su come vengono realizzate le gare cinofile. Ci tengo però a precisare che il lavoro non è ancora terminato e deve essere ancora completato ed affinato”.
Il Tavolo Tecnico ha incentrato il proprio lavoro soprattutto sulla caccia al cinghiale, ma non solo. Andrea Monaco ci ha spiegato perchè: “La caccia al cinghiale è quella più critica per le modalità e per il periodo in cui viene svolta che è comunque delicato per la specie. La legge nazionale dice che può essere praticata per tre mesi tra il 1° ottobre e il 31 gennaio. Proprio in questi mesi l’orso attraversa il periodo dell’iperfagia e quello del letargo. La caccia al cinghiale (detta “braccata”) si svolge normalmente più giorni a settimana, in genere con squadre composte anche da diverse decine di cacciatori che utilizzano contemporaneamente un numero di cani non di rado superiore a 10-15. Nella braccata i cani scovano la preda e lo inducono alla fuga in maniera irruenta, arrivando spesso al conflitto diretto con l’animale.”
“Gli aspetti di disturbo legati alla caccia al cinghiale in braccata sono almeno tre”, ha spiegato Monaco. “Il fatto che le aree vengano fruite da numerose persone, spesso a bordo di fuoristrada, il disturbo legato all’utilizzo di mute di cani, non sempre ben addestrati e quindi soggetti a inseguire anche altre specie di fauna, fino a perdere il contatto con il conduttore. L’ultimo è la possibilità, seppure remota, dell’abbattimento dell’orso per errore, viste le similitudini di colore, forma e taglia con il cinghiale. Ma di questa ultima ipotesi, almeno per il contesto appenninico, non ci sono evidenze di casi reali, nè tantomeno è possibile dire il contrario, cioè non possiamo escludere che sia mai successo.”
“Con il nuovo Calendario Venatorio, nella ZPE abruzzese, viene posto il limite di un singolo cane per la caccia al cinghiale, e viene inserita la pratica della caccia al cinghiale con la “girata”: una tecnica sicuramente meno impattante della braccata, che utilizza un cane detto “limiere”. Nella girata il limiere, è spesso tenuto al guinzaglio ed è addestrato per fare un lavoro specifico, più “soft”, di scovo dell’animale e di disturbo per indurlo alla fuga. Abbiamo sempre insistito molto sul fatto che la qualità dei cani utilizzati nella caccia al cinghiale dovrebbe essere migliorata in Abruzzo, come nel resto del paese, con cani più addestrati e con conseguente meno impatto sulla fauna,” ha continuato Monaco.
Per creare le zone all’interno della ZPE è stato utilizzato un modello al computer che tenesse conto di diversi aspetti. Per cui sono stati utilizzati i dati sulla presenza dell’orso e dati ambientali e antropici.
“Con tutti i limiti di cui i modelli di predizione dell’idoneità ambientale possono soffrire,” ha spiegato Paolo Ciucci, “questo approccio permette di individuare zone eterogenee dal punto di vista della valenza ambientale per una determinata specie, in questo caso l’orso bruno marsicano. La produzione di un simile modello cartografico, oltre ad essere prevista come attività propedeutica dalla specifica azione del PATOM (B1) per la rimodulazione dell’attività venatoria nelle zone di presenza dell’orso, offre un importante punto di partenza per valutare modularità e quindi alternative zonali nella rimodulazione della gestione venatoria.”
Ciucci ha spiegato che proprio grazie ai dati estrapolati dal modello è possibile rendere più elastiche le prescrizioni del Calendario pur rispettando le necessità di tutela dell’orso.
“In altre parole -continua Ciucci- si offre all’amministratore la possibiltà di adottare accorgimenti particolarmente restrittivi nelle zone ad elevata probabilità di presenza dell’orso, mentre interventi meno restrittivi possono essere relegati nelle aree meno critiche per l’orso stesso. In fase di confronto sociale con le parti interessate, il concetto di ‘zonazione’ può essere un approccio valido per trovare soluzioni maggiormente condivise e di compromesso sociale, laddove questo sembra fondamentale.”
Ma, questo però non vuol dire che un computer possa sostituirsi al legislatore e il ricercatore ci tiene a sottolinearlo: “Ovviamente, è bene sottolinearlo fino all’esasperazione, non è il modello cartografico che detta il tipo di interventi o la politica gestionale da adottare nelle diverse zone individuate dal modello stesso: il modello si limita ad individuare zone di maggiore o minore probabilità di presenza, e non sta certo al computer o agli algoritmi statistici utilizzati per sviluppare il modello trovare soluzioni gestionali che siano funzionali per la conservazione dell’orso e, allo stesso tempo, socialmente accetabili da tutte le parti in casua. Questo è il ruolo della politica, che deve amministrare corettamente e coerentemente un percorso decisionale che porti a soluzioni gestionali condivise, magari con il supporto di uno strumento importante quale una cartografia di riferimento”.
Il Tavolo Tecnico dovrà riunirsi a breve, ma sia per il dottor Monaco che per il dottor Ciucci, sarà necessario avviare una riflessione sul lavoro svolto finora.
Paolo Ciucci ha infatti dichiarato: “Il TTR dovrebbe a mio avviso lavorare per il PATOM e non per l’ente che coordina nello specifico l’azione, e questo vale anche per gli altri tavoli tecnici previsti dal PATOM e che mi auguro decollino al più presto nonostante i già gravi ritardi accumulati. Ma a tal fine è essenziale che ci siano adeguati interesse e partecipazione attiva da parte degli altri enti firmatari del PATOM, a partire dal Ministero dell’Ambiente”.
Secondo Monaco, “C’è un programma di lavoro che deve essere portato a termine. Ciò che emerge è che sarà necessario fare un passaggio di riflessione su quello che è successo in questi mesi alla luce di una chiarezza del percorso del Tavolo Tecnico, per verificare la bontà della strada scelta.”
Ultima modifica: 09/10/2012