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Prima puntata: orso bruno marsicano a grave rischio di estinzione

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 26.05.2011

Orso marsicanoL’orso Marsicano vive principalmente nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise ed attualmente la popolazione si attesta nettamente al di sotto delle 100 unità. Per questo è a grave rischio di estinzione. Negli ultimi due mesi la popolazione è stata ulteriormente ridotta dalla perdita di due esemplari: uno è stato ritrovato seppellito e ricoperto di calce il 21 aprile scorso; l’altro, una femmina con tre cuccioli, è stata investito il 3 maggio scorso.

Per capire meglio i termini della questione, abbiamo intervistato il professor Luigi Boitani, dell’Università La Sapienza di Roma, il dottor Giorgio Boscagli direttore del Parco delle Foreste Casentinesi, il dottor Franco Zunino segretario nazionale di Wilderness Italia, il dottor Giuseppe Rossi presidente del PNALM e il dottor Dario Febbo direttore del PNALM. Le interviste saranno pubblicate a cadenza settimanale e potranno essere ascoltate in formato mp3.

Oggi invece apriamo l’Osservatorio sull’Orso Marsicano con un intervento scritto dal dottor Daniele Valfrè, naturalista dell’associazione ALTURA. L’intervento è stato scritto a seguito dell’uccisione dell’orsa il 3 maggio scorso.

Lettera di Daniele Valfrè

E’ l’ennesimo orso che finisce ucciso, questa volta per investimento, ma non importa più per cosa: incuria, bracconaggio, cause naturali, competizione intraspecifica, avvelenamento…

Il dato è che un altro orso marsicano, la specia più minacciata di estinzione in Italia, è morto.

E per di più un esemplare femmina. Sappiamo che su una popolazione stimata di soli 40 -50 individui, le femmine adulte non sono più di una quindicina. Meno una. Anzi meno quattro, forse cinque se consideriamo le morti a partire dal 2007. Poi dobbiamo aggiungere i cuccioli morti (di cui diverse femmine), o quelli che probabilmente lo saranno come in quest’ultimo caso, in quanto l’orsa investita ieri aveva tre cuccioli ancora da svezzare completamente.

Di questo passo tra qualche anno gli speculatori, sindaci senza scrupoli propositori di strade inutili, lottizatori di recidence che rimarranno vuoti, imprenditori delle “energie verdi” mangia territorio, imprenditori del circo bianco di dove la neve non c’è, giocatori di golf, non avranno più problemi a dover competere con le poche misure di tutela già blandamente erette a tutela dell’orso marsicano da Regioni ed Enti Parco che di giorno annunciano fastose strategie di ricerca e conservazione e di notte dimenticano come la rigorosa tutela del territorio di frequentazione dell’orso sia la prima misura di protezione da intraprendere.

Enti imbarazzati che non sanno dire di NO al “progresso” e allo “sviluppo economico” proposto da chicchessia, ma che poi si dichiarano preoccupati delle sorti del plantigrado.

Probabilmente quando il PATOM, il Piano di Azione per la Tutela per l’Orso Marsicano in cui convergono 3 regioni, 6 provincie, Ministero dell’Ambiente, Corpo Forestale dello Stato, Università di Roma, una decina tra altri Enti e Aree Protette avrà partorito qualche cosa di concreto per la salvezza dell’orso, gli unici esemplari rimasti saranno confinati nelle aree faunistiche del PNALM.

Devo però riconoscere che in ambito PATOM la regione che si è più data da fare è stata, negli scorsi anni, il Lazio. Ma ora in Regione il vento è cambiato e chissa che non si rimetta in pari … la strada del Fosso Fioio sembra un buon inizio !!

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  • indio scrive:

    Anche per me la proposta dell’Osservatorio mi sembra ottima. Ho letto l’intervento di Valfrè che pone alcune problematiche importanti sulla situazione dell’orso marsicano. Anche a mio avviso resta prioritaria la salvaguardia dei territori originari dell’orso bruno marsicano. Se l’orso abbandona i suoi territori originari c’è un problema. Se sotto l’egida dell’Ente Parco la popolazione continua a diminuire invece che ad aumentare c’è un problema. Penso (ovviamente parlando non da esperto ma da ambientalista che segue da un po’ di tempo queste vicende), che le priorità siano da una parte la salvaguardia del territorio dell’orso: questo sta a significare, ad esempio, chiusura completa della pratica del “bearwatching”, che porta spesso molti escursionisti, magari in buona fede, a invadere il suo habitat e ad arrecare disturbo alla specie. Quando la popolazione aumenterà di centinaia di esemplari allora magari si potrà pensare al turismo. Come afferma Franco Zunino, naturalista di cui ho letto molti articoli interessanti sulla situazione dell’orso bruno, primo studioso dell’orso bruno marsicano, è vero che l’orso è anche una risorsa (anche se è sempre brutto dirlo) per l’Abruzzo e il turismo: ma ciò non significa trasformarlo in un animale da baraccone che tutti debbano poter vedere. Bisogna cioè essere capaci di amare l’orso pur senza vederlo, soddisfatti comunque della sua presenza come animale che vive libero e indisturbato nei suoi territori. E questa impostazione è davvero educativa e ci porta a concepire la natura e l’orso non come un bene da sfruttare per le stravaganze di qualche turista cittadino, ma come valore in sè, come aspetto prioritario che dà senso all’idea di un parco nazionale. Questo non vuol dire ignorare i bisogni e le esigenze di una comunità locale: appunto l’Ente Parco è chiamato a porsi come l’istituzione preposta a mediare tra queste diverse esigenze e coinvolgere gli attori (economici)interessati per la risoluzione del problema, mediando tra le parti ricorrendo, faccio un esempio che potrebbe plausibile, a strumenti come incentivi e indennizzi(sia passivi che attivi). Salvaguardia dell’habitat significa anche, come diceva l’esponente di Altura, opposizione ai progetti urbanistici che minacciano il Parco: strade, impianti eolici, strutture turistiche. La maggior parte dei problemi che riguardano i parchi derivano dall’adesione, in alcuni casi, a linee di Sviluppo che mal si conciliano con la conservazione della natura.E il fine prioritario di un Ente Parco non può che essere questo. Lo sviluppo socio-economico è un’esigenza fondamentale delle popolazioni montane, ma non può assumere la fisionomia di uno sviluppo urbano-industriale che, oltre a danneggiare la natura, minaccia la stessa identità dei paesi di montagna. Conservare la natura significa quindi conservare anche l’economia rurale e l’identità contadina delle valli, ovviamente adattandola alla modernità e al turismo sostenibile (termine, quest’ultimo, che significa tutto e niente se non si specifica davvero “cosa è” e “cosa non è” sostenibile). C’è una bella intervista di Messner in cui il grande alpinista dice giustamente di valorizzare il turismo nelle valli, nei paesini (agriturismo per esempio), di aiutare l’agricoltura alpina… e contemporaneamente di lasciare selvaggia la montagna evitando qualsiasi forma di elemento urbanistico e di turismo di massa. Mi sembra questo il modello da seguire: quello di una conservazione che ha appunto una duplice valenza. Del resto i parchi erano nati anche per difendere la montagna dai progetti di sviluppo urbanistico che la minacciavano. Ciò non significa essere reazionari, perchè uno sviluppo conservativo e rurale è quanto più di moderno si possa desiderare…ovviamente non si realizzerà mai se la politica non intenderà investirvi! Ho parlato di economia rurale e con ciò entro nel merito di un altro argomento: l’orso è convissuto da sempre con agricoltura e pastorizia ed oggi si deve trovare il modo di piegarle a suo favore, di farle diventare un vantaggio, più che un problema per l’orso. Mi sembrano per esempio giuste proposte come quelle di Zunino su terreni coltivati da destinare all’orso o su “greggi pubblici” (senza cani!) da destinarsi a fonti alimentare (“carnai vivi” in qualche maniera). Giusta anche la politica di indennizzi ai pastori e agricoltori sui danni che l’orso eventualmente potrà arrecare. Giusta anche la critica alla ricerca invasiva, fatta, da quello che ho potuto leggere, non solo da Zunino ma anche da uno storico esponente del Parco d’Abruzzo come Franco Tassi. E’ inutile spendere milioni di euro in ricerche quando la priorità oggi riguarda programmi nettamente operativi che intervengano a mitigare il rischio di morte per gli esemplari di questa specie. Se vogliamo salvare questa specie ci vuole un confronto a tutto campo e i risultati si potranno raggiungere anche se le proposte positive e propositive che provengono dalla società civile (come quelle di Zunino per esempio) non vengano ignorate, ma se venga dato loro spazio e attenzione. Arroccarsi sulle proprie tesi quando è stata ormai sperimentato il fallimento di certi progetti è inutile e dannoso. Le politiche pubbliche in questo senso devono ascoltare la voce degli studiosi dell’orso, come degli appassionati e dei semplici cittadini preoccupati della sorte dell’orso. Procedere da parte delle autorità secondo gli schemi consolidati non potrà che portare ad ulteriori fallimenti e ad un conseguente inasprimento del dibattito interno. Concludendo pongo l’esigenza di rinnovare i modelli gestionali attuali adattandoli ala situazione di rischio che si è creata… non è in gioco la reputazione di questa o quella tesi, ma la sopravvivenza stessa dell’orso bruno marsicano…

  • Stefano Orlandini scrive:

    Mi sembra un’ottima idea quella di Gaianews….un osservatorio sulla piu’ significativa specie italiana in grave pericolo di estinzione. Rappresento un gruppo di persone (appassionati, naturalisti, biologi, forestali.) che non vogliono arrendersi all’eventualita’ di un’estinzione di questo magnifico grande animale simbolo abruzzese e di tutto l’Appennino Centrale, presenza che rende magiche le foreste e le praterie di quota delle nostre montagne. Leggeremo con attenzione gli interventi che avete annunciato e magari faremo anche noi qualche modesta proposta.
    Cordialissimi saluti !
    Stefano Orlandini