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Se l’orso marsicano muore invano

Abbiamo chiesto a tre esperti cosa è possibile sapere con certezza quando un orso muore e cosa dovrebbe conseguire dai dati che emergono grazie alle analisi in temini di azione concrete

Scritto da Federica di Leonardo il 20.06.2013

Cosa succede quando un orso marsicano muore? Attraverso analisi di laboratorio si cerca di identificare le cause di morte. In teoria i risultati dovrebbero orientare le strategie di conservazione, ma questo non sempre accade. Il caso dell’orso marsicano morto nel 2008 nella Riserva dei Monti della Duchessa è tornato alla ribalta grazie ad una discussione nata in seno al primo incontro sul monitoraggio dell’areale periferico dell’orso marsicano che si è svolto il 9 giugno a Pettorano sul Gizio, in provincia di L’Aquila.

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L’orso marsicano morto nel 2008 nella Riserva dei Monti della Duchessa era stato monitorato a lungo dal personale dell’area protetta. Fu trovato moribondo nel territorio della Riserva a poche centinaia di metri dall’autostrada A24. Alle nostre prime indagini le cause di morte risultarono sempre poco chiare. Per capire meglio, abbiamo raggiunto il dottor Rosario Fico, che ha condotto le analisi per l’Istituto Zooprifilattico di Lazio e Toscana, il dottor Vittorio Guberti, ricercatore dell’ISPRA, e il dottor Massimo Fenati, epidemiologo con incarico alla Regione Abruzzo per lavorare nell’ambito del progetto europeo Life Arctos sugli aspetti sanitari della conservazione dell’orso marsicano.

Ciò che accomuna il parere dei tre esperti è che le analisi non possono essere fine a se stesse, ma devono condurre a delle azioni in termini di conservazione, altrimenti ogni orso sarà morto invano, e nulla cambierà per quegli individui che torneranno di nuovo a frequentare l’areale periferico, che resterà tale fino a quando continuerà a rappresentare la possibilità per l’orso di cadere in trappole mortali.

Il dottor Rosario Fico, che ha svolto le analisi sull’orso morto nel 2008 ha spiegato che con certezza si può escludere l’ipotesi dell’avvelenamento. “L’orso è morto a causa di un’infezione batterica polmonare causata da un batterio comune al bestiame domestico, lo Streptococcus equi zooepidemicus“, ha detto Fico. “Noi abbiamo fatto un’indagine estremamente accurata, trattandosi di un caso molto importante essendo un individuo di orso marsicano, abbiamo cercato tutti i pesticidi possibili, anche il sale antigelo che si usa per evitare la formazione del ghiaccio sul manto stradale, visto che l’orso è stato ritrovato vicino all’autostrada. Tutto è risultato negativo. Abbiamo isolato esclusivamente questo batterio”. E ha continuato: “Abbiamo condotto tutti gli esami necessari e l’unica cosa significativa che è emersa è stata questa. La questione ora sarebbe di cercare di capire come vada gestito il bestiame domestico in quella zona, ma questo è un altro ordine di problemi”.

Il Dottor Vittorio Guberti, ricercatore dell’ISPRA, circa la morte dell’orso ha dichiarato: “La polmonite sicuramente c’era, piuttosto credo che sia difficile stabilire univocamente quale agente eziologico abbia sicuramente provocato il decesso. Spesso le polmoniti iniziano con un’invasione virale del polmone cui segue un’irruzione secondaria di origine batterica. Anche nel caso specifico non si può escludere a priori la presenza di un virus, magari tipico di altre specie.

“Diciamo che sicuramente la polmonite c’è stata, ma siamo lontani dalla definizione univoca dell’agente eziologico che l’ha provocata. Si tratta comunque di ipotesi di lavoro anche supportate dalle poche indagini sierologiche condotte sulla specie,” ha spiegato Guberti.

Ma le analisi potevano essere svolte in un altro modo? Secondo il dottor Guberti no. “Tuttavia”, ha spiegato, “credo sia importante sottolineare come il futuro dell’orso non possa dipendere esclusivamente dalla corretta individuazione delle sue cause di mortalità, certo cosa importante, ma non risolutoria.”

Il dottor Massimo Fenati, ha concordato con l’opinione del dottor Guberti, definendo i patogeni “opportunisti”, questo significa che non è detto che siano i patogeni stessi le cause che hanno cominciato a debilitare l’orso.

Il clostridium è un pericolo per l’orso? Dalle analisi condotte dal dottor Fico sull’orso morto nella Riserva dei Monti della Duchessa risulta anche la presenza di un’infezione da Clostridium, e abbiamo perciò chiesto al dottor Fenati quanto questo dato sia importante e se ci sono rischi per l’orso, alla luce dei casi di clostridiosi recentemente riscontrati nelle vacche nel Parco Nazionale d’Abruzzo.

Fenati ha spiegato che “il rischio c’è, quindi un problema ci può essere, ma stiamo parlando sempre di ipotesi, perché i dati sono troppo frammentati per saperlo. Sicuramente bisogna tenere il dato in grande considerazione”.

“Tutti i referti sono utili”, ha spiegato Fenati, che sta raccogliendo, nell’ambito del suo incarico presso la Regione Abruzzo,  tutti i referti di morte degli ultimi 10 anni.  “E la presenza  dello streptococco e del clostridium è un dato da mettere in evidenza e da tenere in considerazione, tanto più che recentemente sono state pubblicate ricerche sull’argomento in cui infezioni da clostridium sull’orso hanno portato a patologie acute e anche letali per l’animale.

“Credo quindi che sarebbe stato necessario”, ha aggiunto Fenati, “che dei dati del genere innescassero una reazione in chi gestiva la situazione di allora; sarebbe stato importante che si fossero prese in considerazione delle misure, anche se in un secondo tempo si fossero rivelate inutili: con l’orso marsicano è necessario ragionare in questi termini. E’ una popolazione soltanto di circa 49 individui ed è quindi troppo a rischio”

Come procedere allora?

Il dottor Guberti ha dichiarato: “E’ il momento di far evolvere l’approccio ed in particolare di verificare quali sono le infezioni che possono determinare perturbazioni nella dinamica di popolazione della specie, quali di queste infezioni siano presenti nell’areale di distribuzione dell’orso marsicano e quindi organizzare un piano di prevenzione delle stesse; le istituzioni che hanno il compito di proteggere l’orso dovrebbero impegnarsi direttamente e per il medio-lungo periodo.

“Garantire la protezione di una specie – per non parlare della biodiversità – “, ha concluso Guberti,  “richiede azioni complesse che necessitano un coordinamento continuo e tecnicamente appropriato. Non è possibile lasciare il destino dell’orso nelle mani di un progetto di ricerca o di gestione la cui sostenibilità nel tempo è spesso minima. Di quanti progetti e quanti denari ha già usufruito la specie e con quali ricadute dal punto di vista della sua conservazione?”.

Dopo cinque anni dalla morte dell’esemplare di orso marsicano del 2008 appuriamo quindi che molte azioni sarebbero dovute scaturire nella Riserva dei Monti della Duchessa, ma niente è successo di fatto.

Nel gennaio del 2012 un altro orso è morto non a causa di avvelenamento, ma per cause anch’esse non note all’opinione pubblica, questa volta nel territorio del Parco Regionale Sirente Velino, compreso nell’areale periferico dell’orso. Una storia diversa o sempre la stessa storia?

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